Olivicoltura superintesiva

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Per l’agronomo Pardo Di Paolo “l’olivicoltura superintensiva in Molise non e’ la soluzione economica per le aziende olivicole”

di michelemignogna.it

20 ottobre 2016

Tra le manifestazioni che avrebbero dovuto dare un senso alla 274esima edizione della Fiera d’Ottobre si è svolto un convegno, l’8.10.2016, dal tema “olivicoltura superintesiva”. I promotori sono stati un frantoiano, un vivaista, varie categorie di tecnici agricoli ed un potatore. Tutte categoria esprimenti, nella fase attuale, inconciliabili interessi egoistici nei confronti degli agricoltori ai quali il convegno chiedeva di coltivare Olivi secondo il metodo Superintensivo, se si vuole ricavare un reddito positivo da questo settore agricolo.

La positività del reddito da un oliveto superintensivo dovrebbe scaturire, secondo gli organizzatori, tutto dalla meccanizzazione totale della raccolta delle olive. Nessuno ha detto agli agricoltori presenti di quanto aumenti il costo di impianto per ettaro di un oliveto superintensivo rispetto ad uno semplicemente intensivo, dato che il numero di piante per ettaro deve essere aumentato da 400 ad un minimo di 1600. Né tantomeno qualcuno ha detto che per impiegare le macchine raccoglitrici, data la dimensione delle stesse, i terreni dovranno essere solo pianeggianti o con leggerissima pendenza. Quindi, tutti gli oliveti che inverdiscono le nostre accidentate colline dovranno essere abbandonati con conseguente aggravamento dei danni al territorio e di conseguenza alla società. Come nessuno degli oratori ha detto che l’oliveto superintensivo ha obbligatoriamente bisogno dell’irrigazione, perché dato il numero di piante per ettaro e la povertà di legno del fusto e delle branche primarie, l’acqua piovana sarà tragicamente insufficiente a sostenere le non meglio specificate “Alte Produzioni” paventate dagli oratori. Agli agricoltori presenti non è stato nemmeno accennato quale sarà la durata economica di un oliveto del tipo proposto, mentre quella degli oliveti già presenti si può considerare infinita. Infine pochissime delle varietà locali, produttrici dell’olio dalle eccezionali qualità organolettiche tanto apprezzate dai consumatori, hanno un abito vegetativo adatto alla raccolta meccanica. Per cui gli oliveti superintesivi saranno realizzati con varietà incapaci di dare olio con alte caratteristiche organolettiche, il che comporterà un ulteriore calo del prezzo dell’olio e delle olive nel futuro orizzonte dell’olivicultura superintensiva, mentre la dinamica dei costi di produzione sarà continuamente in aumento. Praticamente gli organizzatori del convegno sull’olivicultura superintensiva hanno voluto fare solo un’operazione pubblicitaria nel tentativo di acquisire clienti. Non avevano minimamente l’obiettivo di fare un evento di divulgazione tecnica che li avrebbe obbligati ad una completezza dell’informazione, la quale non ammette che si taccia, nel caso specifico, sull’aumento dei costi di impianto e di gestione, sulla riduzione delle superfici olivetate, sulla riduzione della durata economica dell’oliveto, sulla riduzione della biodiversità a causa della non idoneità delle varietà locali con conseguente omologazione varietale e perdita della qualità dell’olio e commercio dello stesso, al prezzo, in ribasso, delle borse mondiali. Tutte queste cause dovrebbero aumentare il reddito agli agricoltori, tutelare il territorio, sviluppare la società, secondo gli organizzatori. 

di michelemignogna.it