Lo sviluppo del biologico nell’olivicoltura

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Dalla Spagna arriva nel Molise la moda del super intensivo,  cioè l’attacco alla biodiversità olivicola

di Pasquale Di Lena

16 gennaio 2018

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Il governo della regione autonoma spagnola, Castiglia-La Mancia, con Toledo capitale, dà una grande importanza alla sostenibilità con lo sviluppo del biologico nel comparto più importante della sua agricoltura, l’olivicoltura. Una realtà estesa per 316.700 ettari, di cui ben 57.000 sono già coltivati con metodo biologico. Come dire che un ettaro su cinque di olivi sono coltivati a biologico.

La partecipazione ai progetti europei, sia per sostenere i frantoi, in particolare per vedere come risparmiare l’acqua necessaria per la molitura, proprio nella Regione che dagli arabi è stata chiamata “Mancha” a significare “terra senz’acqua”; sia per salvaguardare e sostenere (programma Life Food Standards) la biodiversità. 

Sostegni al reddito dei produttori con aiuti alla promozione e valorizzazione dell’olio sui mercati; il mantenimento se non crescita della fertilità del suolo; la diffusione di alveari per una maggiore impollinazione e la copertura delle vegetazioni.

Che strano! Mentre in Spagna si pensa in positivo e al futuro dell’olivicoltura e dei suoi protagonisti, dalla Spagna arriva in Italia e, anche, nel Molise, la moda del super intensivo,  cioè l’attacco alla biodiversità olivicola, alla fertilità dei nostri suoli e uno spreco ulteriore di acqua, nel momento in cui essa diventa sempre più rara e più preziosa.

Succede quando la stupidità e la disonestà prevalgono sulla ragione e il buon senso

di Pasquale Di Lena

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