Il contegno di chi riveste funzioni pubbliche

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Ha suscitato clamore quanto avvenuto alla Camera dei Deputati il 12 giugno in sede di discussione del DDL 615 sull’Autonomia Differenziata

di Umberto Berardo

24 giugno 2024

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Ha suscitato clamore quanto avvenuto alla Camera dei Deputati il 12 giugno in sede di discussione del DDL 615 sull’Autonomia Differenziata.
Il pentastellato Leonardo Donno si alza dal suo posto nell’Aula per portare la bandiera italiana a Calderoli che staziona al centro dell’emiciclo davanti ai banchi del Governo.
I commessi intervengono a fermarlo, ma diversi esponenti della maggioranza si scatenano in una violenta aggressione verso Donno che viene poi colpito allo sterno e costretto a un ricovero ospedaliero.
Il primo gesto, comunque simbolico e pacifico, può non rientrare nei compiti di un parlamentare, ma la violenza facinorosa che ne è seguita è davvero esecrabile in sé anche per il luogo in cui è avvenuta.
Le polemiche in Aula sono continuate con i canti di “Bella ciao” e le dichiarazioni assai scomposte di taluni deputati.
Nei giorni successivi abbiamo assistito anche alla profanazione delle tombe di Giacomo Matteotti ed Enrico Berlinguer.
Tra gli episodi disdicevoli avvenuti in Parlamento ricorderò in proposito quelli che più sono rimasti nella memoria.
Nel 1949, durante il voto per l’adesione alla Nato, Giuliano Pajetta aggredisce un avversario.
Nel 1953 viene ferito il ministro Pacciardi durante l’approvazione della cosiddetta “Legge Truffa”.
 Il 16 marzo 1993 nell’aula di Montecitorio il deputato della Lega Nord Luca Leoni Orsenigo sventola un cappio.
Il 2008, nel giorno della caduta del Governo Prodi, il senatore di Allenza Nazionale Domenico Gramazio stappa spumante e mangia mortadella in aula.
Nel 2010 Franco Barbato dell’Italia dei Valori sviene perché colpito da un pugno.
Il messaggio che alcuni parlamentari hanno trasmesso al Paese è davvero gravissimo!
Probabilmente nessuno degli autori di simili gesti detestabili ha mai letto con attenzione e senso di responsabilità quanto la Costituzione Italiana stabilisce nell’articolo 54 “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.”
Dopo l’ultimo episodio il presidente della Camera Lorenzo Fontana stabilisce sanzioni per diversi parlamentari.
15 giorni di sospensione dai lavori del Parlamento vengono comminati a Igor Iezzi della Lega, 7 a Federico Mollicone, Gerolamo Cangiano e Enzo Amich di Fratelli d’Italia, al leghista Domenico Furgiuele e al deputato del Pd Nico Stumpo, 4 al pentastellato Leonardo Donno, 3 a Vincenzo Amendola del Pd e a Stefano Candiani della Lega, 2 ad Arturo Scotto e Claudio Stefanazzi sempre del Pd.
Intanto mi piacerebbe che si riflettesse sulla risibilità delle sanzioni previste e decretate per atti di violenza così gravi, ma anche sull’uniformità di specie delle misure disciplinari nei riguardi di chi dimostra dissenso su un provvedimento e di quanti invece ricorrono a gesti di aggressione.
Nessuna decurtazione dell’indennità parlamentare pari a circa 5.300 euro netti al mese e solo in minima parte una possibile riduzione della diaria che ammonta complessivamente a 3.500 euro mensili.
La sospensione dai lavori dell’Aula e da quelli delle Commissioni Parlamentari stabilisce che le assenze siano contate solo nei giorni di votazione e unicamente per questi allora il regolamento prevede la riduzione del rimborso delle spese di soggiorno a Roma per circa duecento euro per ogni assenza.
Se la politica è un servizio al Paese per il bene dei cittadini e non la ricerca del potere fine a se stesso, chi la pratica deve avere un contegno fondato sull’onestà e il rispetto  degli altri e come suo obiettivo la soluzione ottimale dei problemi della popolazione superando ogni forma di egoismo individuale e di gruppo.
Soggetti che ricorrono alla violenza non sono degni di sedere in Parlamento e dunque per creare deterrenza e bloccare simili comportamenti ci vuole davvero altro rispetto ai pochi giorni di sospensione dai lavori parlamentari che sicuramente non raffigurano alcuna forma di punizione per atti che rappresentano veri e propri reati che mi auguro siano puniti anche in sede penale dopo la denuncia da parte di chi è stato aggredito.
Credo si debba esprimere una condanna politica seria ed estremamente chiara nei confronti di chi ha fatto uso della violenza.
Poiché, come abbiamo scritto sopra, le forme di aggressività si sono ripetute in Parlamento più di una volta, la prima decisione da assumere è una revisione del Regolamento della Camera e del Senato che non può limitarsi all’attuale censura di esclusione temporanea dai lavori, ma deve prevedere una reale deterrenza per bloccare simili comportamenti che rendono ridicole le nostre istituzioni di fronte all’opinione pubblica mondiale.
Penso che occorra altresì far capire a chi ricorre a gesti plateali di dissenso che l’opposizione a provvedimenti davvero gravi dell’attuale Governo contrari al bene comune vada costruita non certo con la teatralità, ma con la realizzazione di un confronto tra i cittadini del Paese che devono essere mobilitati in una lotta decisa contro Disegni di Legge come quello sull’Autonomia Differenziata, sul Premierato e sulla Riforma della Giustizia.
Un’opposizione efficiente a tali politiche scellerate non c’è stata fin qui nelle Commissioni e neppure nelle due Aule; è mancata poi una relazioni tra i parlamentari e i loro elettori perché i primi hanno dimenticato che non possono avere autoreferenzialità, ma durante il loro mandato di rappresentanza devono sempre e comunque rapportarsi con quel popolo che per la Costituzione Italiana ha la sovranità in un sistema democratico come quello disegnato dai padri Costituenti che hanno pensato alla divisione dei poteri come al controllo degli stessi privilegiando un sistema elettorale democratico e non certo forme di plebiscitarismo come quelle che prova a disegnare l’attuale Governo.
Vorrei ricordare che le uniche grandi manifestazioni organizzate fin qui contro l’Autonomia Differenziata, il Premierato o la Riforma della Giustizia hanno avuto luogo per iniziativa spontanea dei sindaci, di qualche presidente di regione, dei sindacati, dei magistrati e dei comitati spontanei.
Le forze politiche di opposizione su tali temi sono rimaste in afasia per qualche anno dal momento in cui il Governo le ha presentate come ipotesi nel suo programma elettorale e si svegliano solo ora quando tali provvedimenti sono già stati varati come l’Autonomia Differenziata o stanno per essere approvati dai due rami del Parlamento come quello sul Premierato o sulla Riforma della Giustizia.
La manifestazione organizzata allora il 18 giugno a Roma è sembrata davvero tardiva e di conseguenza con scarsa efficacia come spinta al contrasto su tali provvedimenti in Parlamento.
Le bandiere regionali sventolate dai leghisti alla Camera dopo l’approvazione del DDL 615 sono la dimostrazione chiara di una miope e sciagurata idea secessionista che resiste tra gran parte della borghesia e si oppone a ogni forma di solidarietà nazionale.
Siamo davanti a una riforma al buio senza copertura di bilancio e dunque dagli esisti imprevedibili.
In merito la Fondazione Gimbe ha dichiarato che il provvedimento sull’Autonomia Differenziata porterà al collasso la sanità in particolare nelle regioni del Mezzogiorno.
Il cardinale Zuppi torna a sottolineare la necessità che le riforme di ordine costituzionale avvengano con spirito unitario e non certo su decisioni polarizzate della maggioranza parlamentare che oltretutto è minoritaria in un Paese dove non si reca alle urne metà degli aventi diritto.
Che l’intero Governo stia sostenendo un tale modello di società è assai grave.
Il presidente della Calabria Roberto Occhiuto di Forza Italia ha fatto rilevare che i deputati calabresi del partito e forse altri diciannove forzisti non hanno votato il Disegno di Legge di Calderoli perché a loro parere su di esso andava ancora approfondita la discussione.
Si domandino ora gli elettori delle altre regioni del Sud quale comportamento hanno tenuto al riguardo i deputati e i senatori da loro scelti e si mobilitino finalmente per contrastare provvedimenti che aggravano le sperequazioni tra la popolazione e riducono pesantemente i poteri del Parlamento in un momento delicatissimo per i conti pubblici dell’Italia per i quali la Commissione Europea ha aperto una procedura per deficit eccessivo.
L’affermazione della destra in molti Paesi europei e gli accordi economici e politici tra dittatori che proprio in questi giorni provano a imporre un ordine mondiale senza pace ed equità non può lasciarci tranquilli e indifferenti.
Quello che si chiede allora in questo momento a quanti continuano talora farisaicamente a dichiararsi democratici e progressisti è di manifestare coerenza nei comportamenti, tornare a occuparsi realmente dei problemi molto seri che vivono soprattutto i cittadini più poveri e operare per difendere la Costituzione, la democrazia, la libertà e l’eguaglianza da forze politiche che cercano di scardinarne le basi su dettato delle tecnocrazie liberiste e autoritarie anche con l’ausilio di movimenti demagogici e parafascisti portandoci alle cosiddette democrature.
Lavorare per difendere le istituzioni democratiche significa sul piano politico concreto porre in essere operazioni strettamente urgenti e indispensabili: ridefinire leggi elettorali di tipo proporzionale per superare l’astensionismo e la crisi della rappresentanza, lavorare da subito per l’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale e in ultima istanza chiedere che vengano sottoposti a referendum i disegni di legge come quelli sull’Autonomia Differenziata, sul Premierato, sulla Riforma della Giustizia, ma anche provvedimenti come il Job Act che hanno affossato lo Statuto dei Lavoratori creando precariato e disegnando una società sempre meno solidale ed egalitaria.
Come ha sostenuto alla recente manifestazione di Roma Paolo Notarnicola, un giovane della Rete degli studenti medi, la garanzia dei diritti civili, giuridici e sociali può essere il solo antidoto all’affermazione delle destre.
Questa è la direzione dell’impegno di quella sinistra che purtroppo ha perso la direzione e le strategie per costruire un programma politico riconoscibile e in grado di portare a compimento la giustizia sociale e il processo democratico. 

di Umberto Berardo

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