Riforma Costituzionale

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Il Senato delle autonomie fuori dalle decisioni di finanza pubblica

di Pelino Santoro (Pres. On. C. Conti)

03 novembre 2016

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1 - Il fiore all’occhiello della Riforma della Costituzione (titolo V, parte II)  nel testo definitivo, approvato in duplice lettura, a maggioranza semplice, dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016, sarebbe, a detta di molti, il superamento del bicameralismo perfetto e paritario, mediante la ridefinizione delle competenze e della posizione del Senato della Repubblica trasformato in Senato delle autonomie.

Secondo il nuovo art. 55 Cost. il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabilite dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori. Concorre a esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato. 

I motivi del superamento del bicameralismo paritario sarebbero due: il primo è quello di portare un favor alla governabilità e, quindi, alla stabilità di Governo con una maggioranza politica certa nella sola Camera dei deputati; l’altro è quello di completare il processo di federalismo, avviato nel 2001, con la trasformazione del Senato in una Camera rappresentativa delle autonomie territoriali.

Il Senato dovrebbe diventare il luogo di eccellenza per un confronto ravvicinato tra Stato e Regioni, senza partecipare a dare la fiducia al Governo e con funzioni legislative, politiche e di controllo che solo in parte vadano condivise con quelle della Camera dei Deputati.

1.1 -Le ragioni del sì 

Secondo i fautori del “si” al referendum confermativo dal superamento del bicameralismo, che diventerà asimmetrico, trarrà sicuramente vantaggio, in termini di snellezza e semplificazione, il rapporto fiduciario fra Governo e Parlamento che rimarrà in capo alla sola Camera dei deputati, superando così i problemi derivanti da sistemi elettorali. Dopo una prima inevitabile fase di assestamento ne trarrebbe vantaggio anche l’iter di approvazione delle leggi, che nel nuovo testo richiede una delibera conforme delle due Camere in alcuni casi puntualmente indicati, prevede in generale una prevalenza della Camera politica e permette al Senato la possibilità di richiamare tutte le leggi, impedendo eventuali colpi di mano della maggioranza.

Pregio principale della riforma sarebbe che il nuovo Senato delinea un modello di rappresentanza al centro delle istituzioni locali, giustificando in tal modo la sua permanenze. 

Il nuovo Senato partecipa paritariamente in ragione della sua funzione di rappresentanza delle istituzioni territoriali, in altri casi partecipa in quanto Camera di riflessione. 

L’importanza dell’elenco delle leggi alla cui approvazione il Senato partecipa collettivamente, smentirebbe la tesi della scarsa incidenza del Senato. 

Per quanto riguarda le leggi che intervengono in materie regionali a tutela di interessi unitari nazionali, il ruolo del Senato sarebbe  più forte, giacché le sue proposte di modifica possono essere superate solo da un voto a maggioranza assoluta della Camera

Eliminato il rapporto fiduciario tra Senato e Governo, l’istituzione si deve trasformare, vedendo ridotta la propria presenza all’interno della dinamica del rapporto tra le istituzioni, proprio perché non dialoga più con il Governo e non puntella più il Governo, proprio perché non gli può dare o sottrarre la fiducia.

1.2 - Le ragioni del no

Dal fronte opposto, fautore del “No” al referendum, si sottolinea che una Camera che non dà la fiducia al Governo vede naturalmente depotenziati gli stessi strumenti di controllo politico finendo per risultare un inutile doppione della Camera politica

Si sarebbe configurato un Senato estremamente indebolito, privo delle funzioni essenziali per realizzare un vero federalismo regionali cooperativo: esso non avrebbe infatti poteri effettivi nell’approvazione di molte delle leggi più rilevanti per l’assetto regionalistico, né funzioni che ne facciano un valido strumento di concertazione fra Stato e Regioni, dal momento che  in esso non si esprimerebbero le Regioni in quanto tali, ma rappresentanze locali inevitabilmente articolate in base ad appartenenze politico-partitiche.  

La riforma che si era proposta «l'obiettivo di semplificare il procedimento di formazione delle leggi, ritenuto, non a torto, troppo farraginoso nel sistema attuale di bicameralismo perfetto», è invece riuscita nel capolavoro di passare da uno a otto distinti iter . col rischio, secondo la maggioranza degli studiosi, di non infrequenti conflitti procedurali, che potrebbero addirittura configurare vizi di costituzionalità, di natura procedimentale o formale, di competenza della Corte costituzionale.

Il bicameralismo permane e se la seconda camera non si arenerà su un binario morto i suoi rapporti con l’altra daranno luogo a numerosi conflitti. 

1.3 - Il popolo sovrano

Non manca chi, azzardando una critica di sistema, sostiene che, al di là delle opposte posizioni tendenti l’una a perseguire una democrazia di investitura verso la realizzazione di una forma di premierato assoluto e l’altra a preservare una democrazia di tipo rappresentativo con un una  forma di governo di tipo parlamentare, il vero problema sarebbe la debolezza dell’organo costituzionale Popolo, a causa dell’espropriazione di potere consumata a suo danno da ristrette oligarchie, sia quando esse siano “elette” in regime di democrazia di investitura sia quando esse siano “elette” in regime di democrazia  rappresentativa.

Lo scippo esiste ed è molto più grave, semplicemente perché, con il sistema elettorale della legislatura in atto, il popolo si è limitato a dare il consenso all’ordine di lista, ma ha eletto direttamente nessuno (C. cost. n. 1/2014) e tutti i deputati siedono in parlamento in quanto designati ma a zero voti, tanto che ne è  incisa la stessa libertà del voto. 

Questo dimostra come la riforma costituzionale varata non può essere letta disgiuntamente dal sistema elettorale che non dovrebbe mai essere percepito come l’“oscuro oggetto del desiderio” della maggioranza del momento.

Ma questo è un discorso che tocca l’etica della politica e travalica l’intento di questo scritto.  

 

2 - La competenza legislativa in materia di bilancio

Il nuovo art. 70, comma 1, relativa alla competenza collettiva del Senato quando fa riferimento  alla “la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione  europea”, esprime una formula vaga e sfuggente che apparentemente potrebbe riguardare la sola legge annuale per il recepimento del diritto comunitario, ma, letta in un contesto dinamico, potrebbe andare oltre il mero recepimento estendendosi alla “partecipazione” ed all’”attuazione” non solo della normativa di riferimento ma anche delle “politiche dell’Unione europea”.  

La formula, infatti, si sarebbe dovuta leggere coerentemente alle altre disposizioni contenute nel testo della Riforma e in particolare dell’art. 55, che stabilisce il principio di partecipazione del nuovo Senato alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. 

 Il testo proposto si preoccupa, coerentemente, di emendare le disposizioni vigenti della Carta costituzionale eliminando il riferimento al Senato quando risulti superato l’abbinamento alla Camera o distinguendo il ruolo del Senato. 

A prima lettura sembrava che tra le attribuzione future del nuovo Senato rimanesse la prerogativa di approvare il documento fondamentale della gestione finanziaria dello Stato, il cui contenuto è stato definito dall’art. 15 della legge rafforzata, attuativa del principio del pareggio. 24 dicembre  2012 n. 443, la quale ha, tra l’altro, determinato il superamento della legge di stabilità che viene incorporata nella legge di bilancio.

Ogni dubbio sulla negata competenza del Senato, in materia di bilancio dello Stato e provvedimenti collegati però è chiarito dalla successivo art 38 contenente le Disposizioni consequenziali e di coordinamento della nuova legge costituzionale che emenda in più punti l’art. 81 Cost. cancellando ogni riferimento al Senato, sia per l’approvazione della legge di bilancio e del rendiconto (comma 4), sia per la legge che determina i contenuti del bilancio, norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito (comma VI).

La competenza del Senato delle autonomie è relegata a un esame propositivo da deliberare entro termini ristrettissimi. 

La proposta emendativa è tuttavia debole e solo eventualmente partecipativa poiché non è assistita dalla medesima garanzia conformativa prevista dall’art. 70, comma quarto, per le altre proposte di legge riguardanti l’attuazione dell’art. 17, comma quarto, Cost. (vale a dire le leggi di intervento su materie riservate alle Regioni in virtù della c.d. clausola di supremazia), le quali sono semivincolanti per la Camera. 

Nel complesso vi sarebbe una sorta di contraddizione di fondo tra la previsione di un ramo del parlamento che dovrebbe valorizzare la voce delle autonomie al centro e il ruolo in larga misura  subordinato, che verrebbe riconosciuto al senato in decisioni legislative a vario titolo rilevanti per le istituzioni autonomistiche

2.1 - L’iniziativa legislativa 

Il vigente art. 71 Cost. prevede, al primo comma, che l’iniziativa legislativa appartiene a ciascun membro delle Camere.

L’art. 13 della riforma costituzionale, con l’aggiunta del comma 1-bis,  trasforma l’iniziativa legislativa da individuale in collettiva prevedendo che Il Senato della Repubblica può, con  deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all'esame di un disegno di legge. 

L’iniziativa legislativa individuale, tuttavia, è mantenuta per le materie in cui la funzione legislativa è esercitata collettivamente 

3- Il deficit partecipativo nelle scelte di politica economico-finanziaria 

Nell’assetto costituzionale vigente, dopo la riforma del 2012, le Regioni e gli enti locali sono chiamati a contribuire e tutte le pubbliche amministrazioni, in base alla premessa dell’art. 94 Cost. inserita dalla L. cost. 20 aprile 2012 n. 1; devono assicurare, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, l’equilibrio dei  bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.  

Il nuovo testo proposto dell’art. 119 Cost., confermando il primo comma del vigente testo, prevede che gli enti territoriali hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’unione europea.  

La legge rafforzata 24 dicembre 2012 n. 243 attuativa del principio di equilbrio, recentemente modificata dalla Legge 12 agosto 2016 n. 164, per la parte riguardante i bilanci delle autonomie territoriali, dispone (art. 12 comma 1) che le regioni, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilità del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche, secondo modalità definite con legge dello  Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge». 

Tale legge statale, pur essendo cruciale per la gestione finanziaria in equilibrio delle autonomie locali non è menzionata tra quelle per le quali è previsto un potere partecipativo effettivo del nuovo Senato, alla stregua di quanto avviene per il bilancio e per le sue regole di stabilità annualmente definite con proiezione pluriennale. 

Pur essendo stato ridefinito e semplificato il criterio presuntivo del conseguimento dell’equilibrio di accertamento del saldo, in modo da rendere quasi automatica la verifica del conseguimento dell’obbiettivo, l’estromissione di fatto del nuovo Senato dal circuito decisionale parlamentare sembra costituire un vulnus al principio di leale collaborazione, che resta operativo per le leggi che toccano le competenze regionali, ma viene sterilizzato per la legislazione statale  che tocca la gestione economica finanziaria degli enti che spesso rappresenta una sostanziale attuazione dei vincoli comunitari. 

Giova in  proposito ricordare che con il c.d. patto del Fiscal compact (ratificato con L. 1 23 luglio 2012 n. 114) lo Stato italiano si è impegnato a “rafforzare il pilastro economico dell'unione economica e monetaria adottando una serie di regole intese a rinsaldare la disciplina di bilancio  attraverso un patto di bilancio, a potenziare il coordinamento delle loro politiche economiche e a migliorare la governance della zona euro, sostenendo in tal modo il conseguimento degli obiettivi dell'Unione europea in materia di crescita sostenibile, occupazione, competitività e coesione sociale”. 

I documenti fondamentali di finanza pubblica, devono conseguire l’assenso della Commissione U.E., per la verifica preventiva dei vincoli sui “disavanzi eccessivi” (parametri di Mastricht) e degli obiettivi di equilibrio di bilancio e di indebitamento (Trattati c.d. del Fiscal compact e  Regolamenti del Six pack), e i conti nazionali sono sottoposti al costante monitoraggio delle Istituzioni U.E. 

Da qui la contraddizione della nuova Costituzione che, da un lato assicura una competenza legislativa paritaria in materia di leggi di “attuazione della normativa e delle politiche comunitarie” e, dall’altro, esclude dal procedimento di approvazione delle leggi nazionali che definiscono la politica di bilancio il nuovo Senato, sebbene sia espressione conclamata delle autonomie territoriali che a quelle decisioni soggiacciono.

Nelle argomentazioni addotte pro o contro il Referendum non v’è traccia di quale sarà il possibile ruolo del Senato in materia di leggi a contenuto finanziario e sui provvedimenti del ciclo del bilancio determinanti la politica economica dello Stato (legge di bilancio-stabilità, legge di assestamento) considerato che ora solo per il DEF e relativa nota di aggiornamento è previsto(art. 7, comma 3, legge contabilità e finanza pubblica 31 dicembre 2009 n. 196 da ultimo modificata dalla L. 4 agosto 2016 n. 163) il parere della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

L’unica segnalazione riguarda l’ipotetico spazio che dovrebbe avere il Senato in merito alle sanzioni in caso di mancato conseguimento dell’equilibrio gestionale, ad ulteriori obblighi al conseguimento di obiettivi di finanza pubblica, e soprattutto ad autorizzazioni di scostamenti temporanei di saldi strutturali rispetto all’obiettivo programmato, destinate a incidere sull’ammontare del fondo per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni anche in vista  della funzione di raccordo del Senato fra autonomie, Stato e Unione europea, implicitamente coinvolta ma  pressoché inesistente.

3 -Il rapporto di fiducia 

L’art. 25 della legge costituzionale sottoposta a referendum emenda il vigente art.94 Cost. al fine di intestare alla sola Camere il potere politico di accordare o revocare la fiducia al Governo.

Il ruolo del Senato, rimarrebbe in conseguenza indebolito perché la gestione ordinaria e straordinaria delle funzioni sia di indirizzo politico sia di controllo politico dell'operato dell’esecutivo diventerebbe prerogativa esclusiva della Camera, che rimane l’unico organo politico democratico nazionale nel ridisegnato ordine istituzionale .

Che questo sia stato l’intento dei proponenti la riforma non vi sono dubbi, ma probabilmente non appare esatta la rappresentazione del Senato come istituzione che non partecipa alla funzione di indirizzo parlamentare sul Governo. 

Il rapporto di fiducia Parlamento-governo e le modalità di espressione è problema antico che ha da sempre interessato da vicino anche e soprattutto il procedimento di produzione normativa del Parlamentare. 

Occorre, infatti, distinguere la fiducia di investitura, che segue la formazione del Governo (art. 94, comma 3; Cost.), dalla fiducia che costantemente deve accompagnare il procedimento legislativo e il processo del policy making dell’indirizzo politico programmatico.  

Se la fiducia di investitura costituisce una prerogativa della Camera che ne è investita, che può comunque proporla di sua iniziativa con apposita mozione, non altrettanto può dirsi per la fiducia posta e richiesta dallo stesso Governo per “frustare” il Parlamento e la sua stessa maggioranza, riottosa e incerta, a dare il proprio assenso all’approvazione di atti legislativi o programmatici di vitale importanza per la politica dell’esecutivo. 

In questo secondo caso, la fiducia è prerogativa del Governo utilizzata per coartare a proprio favore la volontà del ramo del Parlamento innanzi a cui è richiesta, che in conseguenza subisce un’alterazione dei modi e dei tempi di discussione.

E’ di tutta evidenza che, da questo punto di vista, una Camera che non sia tenuta a esprimere, in qualsiasi modo, la fiducia al Governo vede esaltata la sua autonomia decisionale che in alcun modo può essere influenzata dalla richiesta di fiducia governativa. 

Paradossalmente la potestà legislativa del Senato che si voleva circoscrivere e comprimere, ne risulta potenziata, al punto che l’istituzione che né è affrancata può porsi come antagonista nella linea governativa dell’atto legislativo sottoposto al suo esame, beninteso nelle sole materie a per le quali al funzione legislativa è esercitata collettivamente. 

Il nuovo Senato, specie se a composizione non politicamente omogenea diventa in concreto potenzialmente titolare di un potere di veto  che può bloccare all’infinito e senza soluzione, il disegno di legge già varato dalla Camera; siffatto potere va ben oltre che il veto-sospensivo, riconosciuto (art. 10, comma 2, della legge costituzionale) per tutte le altre leggi e per quelle attuative dell’art. 117 Cost. di interesse regionale, che pure determina un ritardo dell’iter approvativo . 

Il secondo paradosso della riforma, piaccia o non piaccia ai nostalgici dl federalismo, è che il riaccentramento nella competenza esclusiva dello Stato legislativa di alcune materie, già rientranti della competenza concorrente; può risultare bilanciata dalla maggiore autonomia decisionale sulla limitata legislazione a esercizio collettivo paritario.

 

4 - La valutazione delle politiche pubbliche

l’area delle politiche pubbliche, riguarda l’insieme delle decisioni interrelate, prese da un soggetto politico sulla selezione di obiettivi e di mezzi atti al loro raggiungimento in un determinato contesto storico programmatico; e le relative scelte sono il risultato che tecnicamente la scienza politica definisce come policy making, vista come attività di governo complessivamente soggetta a valutazioni economiche finanziarie e al giudizio della collettività. 

Un aspetto qualificante della riforma è indubbiamente l’attribuzione al Senato di valutare le politiche pubbliche e  l’attività delle pubbliche amministrazioni e verificare l’impatto delle politiche dell’Unione europee sui territori, e l’attuazione delle leggi dello Stato.

Anche dai sostenitori del sì, tuttavia ci si chiede come potrà farlo e soprattutto si riconosce, che  in linea generale, si tratta di competenze così significative che possono rendere il Senato organo di snodo del Parlamento e rafforzare la sua capacità di agire come contropotere della maggioranza politica.

La nuova attribuzione sarebbe coerente con il Trattato U.E- che prevede  (art. 12 che i parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell'Unione partecipando, nell'ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ai meccanismi di valutazione ai fini dell'attuazione delle politiche dell'Unione in tale settore

Va però considerato che la legge rinforzata 24 dicembre 2012, n. 243 (art. 8), in attuazione dell’art. 5, comma 1, lettera f), della l. cost. 20 aprile 2012 n. 1, ha già istituito, presso le Camere, l’Ufficio parlamentare di bilancio, quale organismo indipendente per la valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio e l’analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica; l’utilità dell’organismo è stata confermata dalla recente legge  n. 164/2016 che, lo ha equiparato equo, ai fini dell'accesso ai dati, agli enti ed uffici facenti parte del Sistema statistico nazionale (art. 7, comma 18, l. n. 243/2012, aggiunto dalla L. n. 164/2016). 

Quale sarà il rapporto della nuova funzione del Senato, evidentemente più a carattere politico, con quella dell’esistente organismo indipendente sarà tutto da scoprire, ma forse si è in presenza di un ulteriore pasticcio, non avendo il nuovo Senato, per sua intrinseca composizione, le capacità e le competenze necessarie che necessariamente dovranno essere esternalizzate con rischio di inutile duplicazione.

Per il momento è sufficiente rilevare la contraddizione di una funzione attribuita a un ramo del Parlamento che non conosce i bilanci dello Stato, soprattutto consuntivi, che come è noto solo l’indispensabile strumento di valutazione delle politiche pubbliche che non partecipa effettivamente alla funzione di coordinamento con l’Unione europea

Per di più la legge costituzionale n. 1/20122, invece, vuole (art. 5, comma 4) che “le Camere “ esercitino la funzione di controllo sulla finanza pubblica con particolare riferimento all’equilibrio tre entrate e spese e all’efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni 

 5 - L’ autonomia finanziaria degli enti territoriali

Con la riscrittura dell’art. 119 V Cost., stando ad autorevoli comenti, si farebbe un passo indietro. 

Secondo il nuovo art.119, primo comma, gli enti territoriali Cost. “Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, in armonia con la Costituzione e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario

Il coordinamento della finanza pubblica viene, infatti, riportata a ricomporre l’endiadi con l’armonizzazione dei bilanci pubblici (nuovo art. 117 lett. e). 

Le modifiche, però, consentirebbero allo Stato di riproporre la politiche dei tagli lineari travolgendo i principi limitativi elaborati dalla Corte costituzionale  per indurre il legislatore a porre solo obiettivi di equilibro senza imporre misure specifiche, in modo da lasciare agli enti ampia libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti ed obiettivi di spesa  

6 - Il quesito referendario 

A questo punto un arbitro neutrale dovrebbe valutare chi ha torto e chi ha ragione in ordine alla posizione indebolita o rafforzata del nuovo Senato, e soprattutto se quel sostanziale veto-ricatto attribuito alla Camera delle autonomie sia un bene o sia un male e se semplifichi o meno l’iter di approvazione di tutte o solo di alcune leggi.

Dalla risposta, qualunque essa sia, il cittadino che va alle urne dovrebbe trarre elementi di conoscenza per dare una risposta convinta a una parte del quesito referendario, inscindibile ma formulato in modo da attrarre la “captatio benevolentiae”, tendenzialmente attratto dall’obiettivo principale, storicamente non nuovo, del superamento del bicameralismo e di altri allettanti ammiccamenti (riduzione dei costi della politica), come se il corretto e democratico  funzionamento delle Istituzioni potesse mercificato. 

L’analisi che abbiamo proposto con la prospettiva che ne consegue, dimostra tutta l’ambiguità di un quesito incentrato, in primis, sul superamento del bicameralismo perfetto, dopo che si era abdicato all’obiettivo iniziale della soppressione della seconda Camere che sarebbe stata una scelta più radicale ma strutturalmente razionale. 

Il quesito proposto, infatti, non solo è reticente e fuorviante ma è falso e menzognero, poiché, per quanto si è tentato di dimostrare, non solo non viene del tutto eliminata la doppia approvazione conforme, ma probabilmente si darà il via ad una sorta di bicameralismo “mostro”, perché in chiave paritaria, si propone, (per le leggi elencate “più che perfetto” ed allo stesso tempo asimmetrico, a vantaggio della Camera delle autonomie depositaria dell’ultima parola- 

La prospettiva è aggravata dalla composizione e dalla rappresentatività del nuovo Senato- 

Va sottolineato, infatti, che, da un lato è caratterizzato da un deficit di democraticità, difettando l’elezione diretta, in coerenza con il principio cardine della vigente costituzione che la “sovranità appartiene al popolo” e, dall’altro, realizzerà un piccolo ma significativo spostamento di sovranità dallo Stato ad una rappresentanza del mondo delle autonomie non eletta direttamente dai cittadini del territorio, ma espressione di occasionali maggioranze partitiche; i seggi sono attribuiti, infatti, in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio”, che non sempre è omogenea a quella che sostiene (nella Camera dei deputati) il governo, con ciò riproducendosi l’anomalia delle ultime elezioni che ha dato la spinta alla nuova legge elettorale che sta per essere scrutinata dalla Corte costituzionale. 

In conclusione gli obiettivi sbandierati della riforma nascondono un inganno, sotto quattro profili:

(1) - non viene eliminato, ma solo corretto in pejus il bicameralismo perfetto e paritario; 

(2) - non viene semplificato l’iter legislativo che anzi è reso più aleatorio, per alcune leggi fondamentali, non potendo il Governo utilizzare lo strumento della fiducia nei confronti del nuovo Senato.  

3) - le Camere non sono più equiordinate poiché, il nuovo Senato, al di là delle ridotte competenze legislative, acquista di fatto, per alcune leggi, una supremazia decisionale nei confronti della Camera, idonea a sovvertire e condizionare le scelte del Governo; per tutte le altre svolge un ruolo subordinato e meramente propositivo; 

4) la conclamata autonomia finanziaria rimane un guscio vuoto e la partecipazione degli enti esponenziali territoriali alle decisioni di finanza pubblica, al di là del riconoscimento di un laticlavio di facciata a un  manipolo di rappresentanti designati, è di fatto pressoché azzerata.

di Pelino Santoro (Pres. On. C. Conti)