Un progetto per il Molise

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Linee guida per un programma 

di Redazione de “la fonte” (da lafonte.tv)

7 dicembre 2017

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Per fermare la decadenza della nostra regione non basta una blanda discontinuità. Sono necessari una rottura e un cambiamento radicale di quei comportamenti, di quelle scelte e di quelle idee che sono state a fondamento della nostra storia recente. Si tratta di porre fine a una politica senza progetto ipotecata dalla frammentazione degli interventi e dalla dispersione delle risorse, dal verticismo e dal burocratismo, dallo sfruttamento del territorio, dal clientelismo e dall’abuso di potere.

È questa la via maestra per affrontare e battere la piaga storica della nostra regione, quella della disoccupazione e dell’emigrazione forzata. Per dare un futuro ai giovani nel nostro territorio, bisogna concepire il lavoro come diritto e non come merce di scambio. Un diritto garantito con politiche di sviluppo reali, senza le note ipoteche clientelari e familistiche.

Sviluppo sostenibile e protagonismo civico sono un binomio fondamentale che deve ispirare un nuovo progetto di governo della regione; sono il filo rosso che deve tenere insieme i capitoli diversi di un programma di reale cambiamento. Lo “sviluppo sostenibile”, ovvero un’economia che si sviluppa in armonia con la natura e in sintonia con fondamentali diritti sociali non è una possibilità, è una necessità non più rinviabile. È scritto con forza nell’enciclica del Papa Laudato si’, è scritto con chiarezza nell’agenda 2030 delle Nazioni Unite. Due appelli alle classi dirigenti perché oggi e non domani si affronti il problema di un’economia in sintonia con la salute dell’ambiente e dei cittadini del mondo.

Vanno in questa direzione la Francia che proibisce per i prossimi anni l’uso di un pesticida potenzialmente cancerogeno come il glisofato, l’Olanda che pianifica l’abolizione di macchine a benzina o diesel, la Danimarca che chiuderà entro pochi anni le sue frontiere ai prodotti alimentari non biologici. Siamo di fronte a scelte motivate, non dal desiderio di un ritorno ai tempi antichi, ma dalla sempre più evidente necessità di una radicale innovazione economica, sociale e tecnologica per affrontare le sfide del futuro.

Il laboratorio, la fucina di questo nuovo sviluppo è il territorio con le sue criticità e le sue virtù, con la sua natura, la sua cultura, le sue bellezze e i suoi problemi. Questo nuovo sviluppo non è pensabile senza un nuovo protagonismo civico. La partecipazione dei cittadini e del mondo del lavoro non è solo il nutrimento della democrazia, ma garanzia perché nelle scelte di governo si rifletta l’interesse generale della nostra comunità e perché una nuova economia del territorio si possa realizzare.

Un nuovo civismo, uno sviluppo in armonia con la natura e rispettoso della salute dei cittadini rappresentano il connettivo di un vero programma di cambiamento e devono ispirare tutte le scelte della politica regionale orientate alla creazione di lavoro e sviluppo economico.

Innovazione, la finestra sul futuro

Il cambiamento è la sfida principe dei nostri tempi. Nulla tornerà a essere come prima, giacché la globalizzazione economica, finanziaria e tecnologica ha rappresentato e rappresenta una vera rivoluzione. Ignorare questo passaggio d’epoca o vagheggiare un ritorno al passato significherebbe condannarsi alla residualità e alla marginalità, così come accettare acriticamente la globalizzazione e i suoi effetti perversi vorrebbe dire subire la decadenza morale, sociale ed ambientale del mondo.

L’innovazione in ogni campo della attività umana è la chiave per aprire la finestra sul futuro, purché a guidarla sia la stella polare di uno sviluppo della società e dell’ambiente sostenibile. Senza innovazione non è pensabile un’agricoltura che sia pulita e al pari tempo produttiva. Senza innovazione non è ipotizzabile una manifattura compatibile con l’ambiente e competitiva. Senza innovazione non è pensabile sburocratizzare la Pubblica amministrazione e renderla più efficace e utile per i cittadini. Senza innovazione non è possibile dare razionalità al sistema socio-sanitario e conservare i diritti fondamentali del Welfare State. Senza innovazione non è pensabile entrare nella green economy. In tutto il mondo sono stati lanciati piani nazionali per l’utilizzo di tecnologie green e per combattere l’inquinamento. Nel solo settore dei rifiuti, dei trasporti e delle energie rinnovabili gli investimenti hanno raggiunto la cifra di mille miliardi di dollari. Senza innovazione sociale, senza nuove forme di partecipazione dei cittadini non è pensabile un virtuoso governo del territorio.

La realizzazione di un polo di eccellenza di ricerca e sviluppo dell’innovazione è il più efficace strumento per frenare l’esodo dei giovani e delle intelligenze dalla nostra regione

Perché l’innovazione non sia solo retorica, ma una scelta effettiva, è necessario che l’istituzione regionale metta in campo:

un piano per realizzare in tutta la regione la banda larga, come premessa per superare il deficit di innovazione tecnologica;

l’informatizzazione della Pubblica amministrazione; 

il sostegno e la valorizzazione delle attività produttive e del terziario che adottano nuove tecnologie;

l’organizzazione di un Parco tecnologico regionale che, sul modello del TechPark di Bolzano, metta in rete università, centri di ricerca e di formazione e start up, sviluppando un rapporto sinergico fra territorio, uomo, natura e innovazione. L’obiettivo è quello di avere una piattaforma tecnologica nelle quale si confrontano le buone pratiche innovative, una sorta di laboratorio a cielo aperto per la protezione e valorizzazione del territorio e più in generale per uno sviluppo economico sostenibile. 

La formazione e la cultura, risorse strategiche

La formazione e la cultura sono risorse strategiche fondamentali per la riconversione e lo sviluppo dell’economia del nostro territorio. L’eccellenza nella produzione del sapere, l’intreccio fra la formazione e il mondo del lavoro, la cultura e l’intellettualità diffusa sono condizioni essenziali per affrontare le emergenze dell’oggi e formulare le strategie per il futuro.

Il sapere diffuso, l’intelligenza critica, un sistema formativo qualificato rappresentano il vero sistema immunitario contro le tossine sociali di questa nostra epoca e sono la condizione decisiva per affermare una società che voglia essere consapevole, protagonista e civile. Valorizzare la nostra scuola, avere cura dei nostri centri di formazione e fare dell’università una vera eccellenza non è una possibilità, è una necessità. È il sentiero stretto dal quale bisogna passare per dare una base solida al nostro sistema economico e sociale.

La diffusione e la crescita della cultura nella nostra società non sono un lusso, né si limitano ad essere l’anticorpo fondamentale contro la barbarie del pensiero e dei comportamenti; esse sono la premessa per affrontare le grandi sfide che abbiamo dinnanzi. Una società colta è una società creativa. Una società colta può conservare il nucleo nobile della nostra storia e, al pari tempo, affrontare con intelligenza critica i grandi problemi e le grandi opportunità della globalizzazione. Una società colta accorcia la distanza fra il lavoro manuale e il lavoro intellettuale, cura che la democrazia non sia parola vuota, illusione ottica, ma partecipazione reale.

La politica regionale deve guardare al valore del sapere, della formazione, della ricerca e della cultura come ad una priorità. Investire nella formazione dei nostri giovani, valorizzare e qualificare gli insegnanti, selezionare il nostro mondo accademico sulla base del merito e della capacità, favorire una sinergia fra territori, formazione, ricerca e luoghi di lavoro devono essere parte del progetto di governo del Molise, anche al di là delle competenze proprie delle istituzioni regionali.

Moltiplicare e sostenere le attività culturali, dare spazio alla musica, al teatro, al cinema e più in generale alle arti creative nelle scuole come nelle comunità locali, non sarebbe solo “un piacere dell’anima”, ma anche un contributo fondamentale alla formazione di quella coscienza e intelligenza critica che è la vera miniera da cui prendere le risorse per il futuro di noi tutti.   

Energia, un piano energetico regionale

I grandi cambiamenti economici accadono quando l’umanità cambia il suo modo di produzione energetica. Noi siamo già dentro questo cambiamento: il primo pilastro della terza rivoluzione industriale sono proprio le energie rinnovabili. La diminuzione dei combustibili fossili, lo straordinario sviluppo economico di grandi paesi come la Cina, l’insostenibile inquinamento ambientale e il cambiamento climatico con i suoi effetti distruttivi sono alla base di questa nuova rivoluzione.

Il sole, il vento, la geotermia, le mini-centrali elettriche, il ciclo dei rifiuti, una nuova organizzazione delle città e l’eco-architettura sono le nuove vie per produrre e risparmiare energia. Perché questo cambiamento sia virtuoso sono essenziali l’innovazione, la ricerca e la partecipazione dei cittadini.

Serve innovazione per attivare un nuovo sistema energetico produttivo ed economicamente competitivo, ma anche per evitare un impatto ambientale negativo sul territorio con riduzione del suolo agricolo e compromissione del paesaggio.

Serve una produzione di energia nelle mani delle comunità e dei cittadini. Se la proprietà pubblica e i cittadini partecipano direttamente a questa nuova impresa, parte un grande mutamento storico. Per questo l’energia, che è condizione fondamentale della civiltà, deve essere prodotta sempre meno dalle grandi centrali energetiche e sempre più da piccoli impianti diffusi nel territorio, sostenuta dalle istituzioni locali e gestita anche dai cittadini. Bisogna uscire dai vecchi meccanismi e democratizzare la produzione energetica.

Questa è una scelta obbligata per chi voglia dare un serio contributo alla lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento e creare una grande opportunità economica dando la possibilità ai cittadini di partecipare al dividendo di quella grande ricchezza rappresentata dalla produzione e dalla distribuzione dell’energia.

La regione è quel potere territoriale che può ispirare, guidare e organizzare questa strategia. Il piano energetico regionale che deve ben chiarire il nostro fabbisogno regionale, è lo strumento logico ed è la scelta politica più efficace per cogliere questa opportunità. 

La nostra regione risulta possedere una larga disponibilità energetica e le risorse primarie utilizzate sono in buona parte da fonti rinnovabili. Vi sono però tre criticità che vanno affrontate: la significativa produzione di energia da fonti rinnovabili non ha comportato una riduzione di costi né per l’utenza pubblica né per quella privata; l’uso di fonti di energie rinnovabili, dalle pale eoliche ai pannelli solari, ha comportato diversi danni al territorio; l’aumento esponenziale delle emissioni, che risulta essere pari al 95,33%, è paradossale e inaccettabile considerando l’alta presenza di fonti di energia rinnovabili. 

Il ciclo virtuoso dei rifiuti

I rifiuti sono un grande problema, perché spesso sono un fattore grave di inquinamento del territorio, perché possono compromettere e deturpare il paesaggio e perché, come è ampiamente documentato, sono spesso il terreno di coltura privilegiato del malaffare e della delinquenza organizzata. Tutto questo accade mentre, in Italia e in Europa, registriamo esperienze che testimoniano come i rifiuti possano trasformarsi in ricchezza per le comunità locali e per il bilancio delle istituzioni territoriali.

Il Molise è ad un bivio, può prendere la strada virtuosa della raccolta differenziata, del riciclo, della trasformazione dei rifiuti in energia e in concime per l’agricoltura o rischiare, proprio per le caratteristiche di scarsa antropizzazione del suo territorio, di divenire una pattumiera locale e nazionale.

La questione dei rifiuti è la cruna stretta dell’ago attraverso la quale passa l’intero sistema economico-sociale molisano perché non è praticabile nessuna idea di sviluppo sostenibile, di agricoltura pulita, di turismo ecologico e di medicina preventiva senza una politica razionale e lungimirante sui rifiuti. 

Il bene primario dell’acqua

L’acqua è il bene primario fondamentale, è la condizione prima della vita. Per questo è giusto considerare l’acqua per i cittadini un diritto inalienabile ed è per ribadire questo concetto che è stato fatto e vinto un referendum sulla proprietà pubblica dell’acqua.

La scarsità e la qualità dell’acqua è e sarà sempre più una questione cruciale nel mondo e nel nostro paese. Il Molise ha avuto in dono dalla natura abbondanza e buona qualità di acqua, ma la quantità dell’acqua non sarà sempre la stessa senza una specifica manutenzione del territorio e la sua qualità può degradare rapidamente a causa di cattive pratiche produttive e dello smaltimento dei rifiuti.

Su queste decisive questioni il governo regionale deve abbandonare la politica dello struzzo per mettere in campo una strategia utile a individuare tutti gli strumenti necessari perché i rifiuti possano essere non una maledizione, ma una risorsa e per preservare dall’uso irresponsabile e dall’inquinamento quel bene assoluto rappresentato dall’acqua.

Agricoltura, clean e biologica

Esistono tutte le condizioni naturali, sociali e storiche perché l’agricoltura possa essere per il Molise una straordinaria risorsa. Un’agricoltura pulita, consapevole e biologica ci permetterebbe sia di cogliere tutte le opportunità di un mercato nazionale e internazionale che chiede sempre più prodotti di qualità, sia di salvaguardare l’integrità ambientale della nostra regione.

Il Molise può essere il cuore pulito dell’Italia, il regno della biodiversità, il luogo di eccellenza della produzione come della trasformazione dei prodotti alimentari. Il Molise può evitare il destino della cosiddetta agricoltura moderna che ha significato riduzione drammatica della biodiversità, impoverimento dei suoli, inquinamento delle acque e distruzione dei sistemi di supporto della vita della terra.

Perché il Molise possa essere l’avanguardia di una nuova sostenibilità dell’agricoltura bisogna alimentare la consapevolezza, fra i produttori agricoli e fra i cittadini molisani, del grande valore di un ambiente sano e di una profonda armonia fra uomo e natura. Per raggiungere lo scopo è fondamentale il protagonismo e la partecipazione dei produttori agricoli e, più in generale, dei molisani. Non è un’impresa impossibile. È nella storia lontana della nostra comunità un grande rispetto per la natura, è nella storia dei nostri giorni il lavoro di tanti per ritrovare le virtù dei nostri semi antichi; è nella storia di oggi la volontà di amministratori e agricoltori illuminati e lungimiranti di realizzare i Distretti Biologici.

La precondizione perché un progetto così ambizioso possa divenire esperienza concreta è la fine di un malcostume della politica e delle istituzioni che hanno sempre considerato l’agricoltura come figlia di un dio minore e gli agricoltori come clientele da comprare con la distribuzione di prebende e regalie finanziarie. I Piani di Sviluppo Rurale, così come i finanziamenti regionali, nazionali ed europei debbono essere l’occasione per una progettazione sul territorio, per dare basi solide e prospettiva certa ad un’agricoltura pulita e sostenibile, e non l’occasione per dilapidare risorse e umiliare i contadini.

La Regione Molise deve considerare l’agricoltura come quel settore primario garante di una realtà ambientalmente virtuosa, socialmente giusta ed economicamente avanzata. L’agricoltura non è il passato che continua a resistere, ma la condizione perché possa esserci un futuro per tutti.

Industria al servizio del territorio

Mobilità efficiente e sostenibile

Il sistema industriale, come è stato per l’intero Sud Italia, è il frutto di scelte che hanno ignorato e sacrificato le vocazioni produttive, ambientali, sociali e storiche del nostro territorio. Pur tuttavia oggi esso rappresenta una parte significativa della nostra ricchezza e offre la possibilità di occupazione per migliaia di lavoratori.

Non intendiamo, quindi, demonizzare questo settore della nostra economia, ma è certo che bisogna radicalmente cambiare musica se vogliamo prendere la strada di un’economia pulita e sostenibile. È, quindi, fondamentale che le industrie attuali non producano danni sul territorio e che vi sia un rigoroso e costante monitoraggio del loro impatto ambientale.

D’altro canto, il tessuto manifatturiero deve avere sempre più una struttura a rete per superare proprio i limiti profondi di un modello produttivo fatto di piccole e piccolissime aziende e, al pari tempo, deve realizzare un sistema produttivo profondamente integrato con le strategie che intendiamo sviluppare: dalla filiera nell’ agroalimentare alla centralità dell’innovazione tecnologica, dalle attività artigianali alle politiche energetiche.

Lo sviluppo dell’economia, così come la tutela del nostro capitale umano hanno bisogno vitale di infrastrutture per la mobilità delle merci e delle persone. Bisogna mettere mano alla manutenzione della rete di comunicazione reticolare e minore, condizione per il ripopolamento delle zone interne e per rompere l’isolamento di vaste aree del nostro territorio. Questo significa occuparsi non solo di strade, ma di quel dissesto idrogeologico che è una delle fragilità più grandi del nostro Molise.

In buona sostanza, si tratta di realizzare non opere faraoniche costose, inutili e dannose, ma di intervenire sulla rete stradale e sulle ferrovie per ammodernare, per completare e rendere efficiente la comunicazione e il trasporto di persone e merci con i grandi centri come Roma e Napoli. Sul versante orientale, il potenziamento della rete ferroviaria e portuale adriatica è una vera priorità per il Molise e per buona parte del Mezzogiorno.

Ridurre al minimo l’impatto ambientale, massimizzare l’ efficienza, la razionalità e la rapidità dei movimenti sono tutti obiettivi che richiedono auto a basse emissioni, nuove tecnologie e nuovi progetti per le infrastrutture. La regione in tutto ciò ha un ruolo fondamentale, ma sin qui, poco o nulla è accaduto, se non l’annuncio di progetti demagogici, inutili o addirittura dannosi.

Turismo, un territorio attraente 

per uno sviluppo sostenibile

Prima che sia troppo tardi, prima che l’insipienza e gli interessi particolari compromettano il nostro patrimonio, dobbiamo cogliere le straordinarie opportunità che ci vengono da un ambiente e da un paesaggio ancora integro, dalla nostra storia e cultura antica.

La rinascita economica e sociale del Molise può avere un grande contributo proprio dalla bellezza e dalla ricchezza dei nostri giacimenti naturali e culturali, dalla qualità e dalla tradizione dei nostri prodotti, dai nostri borghi antichi e dal calore della nostra gente. Tutte virtù che, se ben coltivate, possono dare una grande spinta al turismo di qualità.

Il nostro territorio ha una grande ricchezza di beni culturali e artistici, una presenza importante di manufatti che ricordano la nostra storia e le nostre tradizioni, un artigianato prezioso e prodotti tipici eccellenti. In sostanza un grande patrimonio, spesso sconosciuto e abbandonato, che può rappresentare un valore aggiunto del turismo e, più in generale, del nostro sistema economico.

Per questo obiettivo è di grande importanza la volontà dell’ amministrazione regionale nel definire una strategia di sviluppo basata sulla valorizzazione e gestione del patrimonio diffuso sia naturale che culturale. Servono strumenti normativi e programmatici capaci di tenere insieme risorse umane e finanziarie e di sostenere, insieme agli attori pubblici e privati, quelle organizzazioni della società civile interessate a partecipare ai processi di innovazione sociale sui temi del turismo ambientale e culturale.

La salute, prevenire e curare bene.

In tutto il ragionamento che abbiamo sin qui svolto vi è uno stretto legame fra un’economia pulita, un ambiente sostenibile e la salute dei molisani.

Un ambiente salubre, una natura non inquinata e un’ alimentazione sana sono tutte condizioni fondamentali per il benessere fisico e mentale. Una società che investe nel sapere e nell’ innovazione, nell’armonia fra l’uomo e la natura, nell’incontro fra culture diverse, nella bellezza del proprio territorio, in uno stile di vita sociale sobrio e nella qualità della produzione non solo fa un buon investimento economico, ma protegge al meglio i suoi cittadini dalle malattie di questa nostra epoca.

Come sta scritto nella lontana riforma del Sistema Sanitario Nazionale, il luogo fondamentale dove la struttura sanitaria si deve organizzare e per prevenire e per curare il malato è il territorio. La prevenzione primaria, della quale molto si parla e sulla quale poco o nulla si fa, se fosse realizzata con scienza, competenza ed intelligenza, potrebbe migliorare di molto la qualità di vita di una delle popolazioni più vecchie d’Italia e portare ad un notevole risparmio della nostra spesa sanitaria. Un modello innovativo di integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali rappresenta la vera soluzione per le molteplici vulnerabilità esistenti, compresa quella rappresentata dalla popolazione anziana.

La medicina nel territorio, in questa logica, sarebbe tutt’altro che il parente povero della Grande Medicina. Sarebbe, al contrario, anche il centro elettivo della conoscenza e della ricerca di quelle patologie croniche degenerative e di quelle malattie della mente che hanno nel disagio e nell’habitat sociale una delle cause importanti e che nella socialità trovano la prima terapia.

L’ospedale pubblico, diversamente dalla situazione attuale, dovrebbe essere solo l’ultimo anello del nostro sistema sanitario, un luogo di eccellenza e non la cattedrale in un deserto di assistenza sanitaria, il ricovero burocratico per quanti sono malati. È poi questa la ragione fondamentale che trasforma i nostri ospedali in cronicari, spesso inefficienti e senza qualità.

Questa è la filosofia, il pensiero, la politica che dovrebbe ispirare la nostra regione nella organizzazione del sistema sanitario, avendo dinnanzi a sé due scelte concrete, due condizioni dirimenti, perché si possa capovolgere la concezione e il funzionamento del nostro mondo socio-sanitario:

– un serio intervento sulla quantità e sulla qualità del personale medico e paramedico, avendo particolare attenzione alla valorizzazione di una nuova generazione di medici consapevoli del valore terapeutico del rapporto medico-paziente;

– un nuovo equilibrio fra sanità pubblica e sanità privata. In Molise la sanità privata riceve finanziamenti ben superiori a quelli della media nazionale. Ne deriva una situazione insostenibile, vera causa delle difficoltà del sistema sanitario pubblico regionale, ma anche di quel debito finanziario che fa della regione Molise, con riferimento al debito pro capite, la più indebitata in Italia.

La Buona Governance e l’Europa

Gli obiettivi di un governo di profondo cambiamento rischiano, tuttavia, di rimanere sulla carta se non sono accompagnati da un adeguato modello di governance, inteso come insieme dei principi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione e il governo della regione. Per questo si fa riferimento esplicito alla “Strategia Europea per l’Innovazione e la Buona Governance” adottata nel 2008 dal Consiglio d’Europa e la si pone a base del funzionamento della Regione Molise, dei suoi rapporti con i cittadini, con i comuni e con le province, della sua collaborazione rafforzata con le regioni limitrofe.

Il rispetto dei 12 principi della Strategia può aiutare il Molise a uscire dalla sfera di opacità che, come certifica Transparency International, avvolge e rischia di soffocare i Paesi mediterranei, compreso il Mezzogiorno d’Italia. Essi riguardano: elezioni regolari, equa rappresentazione e partecipazione; reattività; efficacia e efficienza; apertura e trasparenza; stato di diritto; comportamento etico; competenze e capacità; innovazione e apertura nei confronti del cambiamento; sostenibilità e progettualità a lungo termine; gestione finanziaria sana; diritti dell’uomo, diversità culturale e coesione sociale; responsabilità.

Perché i principi della buona governance siano effettivamente rispettati, è necessario l’impegno comune degli eletti, dei funzionari e dei cittadini e la consapevolezza che molti di essi possono e devono essere applicati non solo al funzionamento delle istituzioni regionali e locali, ma anche alle attività economiche.

Il progetto che si propone per il Molise è del tutto incompatibile con una visione localistica e perfino con un’idea sovranista del nostro Paese. Per realizzarlo serve un’apertura verso il mondo e le istituzioni internazionali e una profonda fiducia nella possibilità di realizzare gli Stati Uniti d’Europa.

Problemi come quello del lavoro, della giustizia sociale, dei cambiamenti climatici, della formazione, della ricerca e dell’ innovazione devono essere affrontati a livello territoriale, ma con la consapevolezza che essi non possono trovare una vera soluzione senza un solido e unitario quadro politico e istituzionale a livello continentale. Serve, quindi, una nuova classe dirigente capace di selezionare le priorità e di realizzare una buona governance regionale, ma che sappia anche raccordare efficacemente gli interventi europei, nazionali, regionali e locali.

L’esercizio di un efficace protagonismo nella gestione condivisa e sostenibile del Mare Adriatico, la cooperazione con i territori che lo circondano, un impegno costante nella ricerca di soluzioni concrete e innovative ai gravi problemi della coesione territoriale, del lavoro e della giustizia sociale dovranno impegnare fino in fondo i nuovi rappresentanti della regione.

È del tutto chiaro che, in questo contesto, ai molisani non basta affidarsi a un uomo solo al comando. Sono necessari un Consiglio e un Governo regionale che sappiano avere una visione generale, la capacità di programmare gli interventi di propria competenza, ma anche quella di attivare iniziative nazionali, europee e globali.

di Redazione de “la fonte” (da lafonte.tv)

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