South Beach: il Molise che non vogliamo.8

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Saggio e pacato commento di Mario Borraro, ex bancario e non solo, che conosce l'America perche' ci ha vissuto e che ha puntato sul Molise diventando da anni, con la famiglia, valido pastore sul tratturo

di Luigi Mariino

19 aprile 2021

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Qualche anno fa, in viaggio verso la Giordania, ho conosciuto un architetto che, per conto di una multinazionale del turismo, cercava luoghi idonei per impiantarvi villaggi turistici. 

Visto l’interesse mostrato dagli studenti architetti e archeologi del nostro gruppo di ricerca (Università di Firenze) l’architetto esploratore ha cominciato a parlare con entusiasmo di alcuni progetti in corso o realizzati in varie parti del mondo. La presentazione di rendering, senz’altro affascinanti, però lasciava tutti molto perplessi perché completamente scollegati dalle caratteristiche dei territori a cui erano destinati. Uno stile di ”turismo internazionale” (un po’ Dubai, qualcosa di Sharm el Sheik ma anche tracce della Venetian Resort americana) che sempre più tende a caratterizzare l’architettura delle vacanze, costituendo un mondo a parte, del tutto autosufficiente. 

Con scarse relazioni con il mondo circostante e le popolazioni locali. Una domanda è venuta spontanea: “ma quali sono le caratteristiche che un luogo deve avere per essere scelta?”. Il nostro esploratore ha risposto “la bellezza del paesaggio, l’esistenza di una rete stradale sufficiente, la mancanza di strutture simili, un retroterra ricco da utilizzare” e poi, senza tradire il benché minimo imbarazzo, ha aggiunto “popolazioni tranquille e di poche pretese e governi ‘disponibili’ a collaborare, se necessario con qualche regalino”. 

Questo episodio mi è tornato alla mente leggendo del progetto South Beach (ovviamente in inglese così ci si sente di più a Miami). Un intervento che ha in programma una colata di calcestruzzo e materiali speciali come non si è mai vista nel Molise con una sopravalutazione della tecnologia moderna. 

Povero Molise, se a fronte di una cronica incapacità di avviare e gestire in maniera autonoma politiche di sviluppo consapevole si trova costretto ad aspettare iniziative come questa e capitali cinesi (non lo fanno certo per filantropia) disponibile a subirne tutte le conseguenze. Chi compra i suoli di fatto acquisisce i diritti che consentiranno una estesa privatizzazione delle risorse locali. I progetti esotici svolgono un ruolo ambiguo. Quasi sempre verranno smentiti quando, anche se forse gradevoli esteticamente, gli edifici realizzati assumeranno comunque i caratteri di una architettura di periferia. 

Povero Molise, se passa questo progetto (che inciderà anche su una vasta parte del territorio retrostante) qualunque altro intervento diventerà legittimo nel Molise. Una regione che un po’ alla volta viene scoperta come un’area fondamentalmente inalterata e che invece rischia di essere stravolta in tempi brevi. 

Povero Molise, se periodicamente è costretto ad avviare delle campagne di opposizione a progetti che tengono conto solo della resa speculativa per chi investe nell’assoluto disinteresse (se non disprezzo) per le singolari caratteristiche storiche, ambientali e umane. Soloa consapevolezza dei valori locali e la loro tutela potrebbero costituire il più efficace strumento per uno sviluppo consapevole, rispettoso e partecipato. A vantaggio di tutti. he ha deciso di fare a meno delle culture costruttive tradizionali. Un intervento che è in perfetta sintonia con una idea di turismo che, in fin dei conti, è caratterizzata dal prevalente sfruttamento delle risorse locali. 

di Luigi Marino (da termolionline.it)

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