Un’altra erba di San Giovanni

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Questa piantina perenne, che cresce sui bordi delle strade, nei prati aridi e nei campi, ha rametti rigidi e sottili simili a un fil di ferro, fusto ruvido e angoloso

di Gildo Giannotti (da lafonte.tv)

24 giugno 2024

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Al gruppo di “erbe magiche” di cui si consigliava nel passato la raccolta nella notte di san Giovanni (vd. la fonte di giugno 2022) appartiene anche la verbena. Questa piantina perenne, che cresce sui bordi delle strade, nei prati aridi e nei campi, ha rametti rigidi e sottili simili a un fil di ferro, fusto ruvido e angoloso, e fiori piccoli color lilla o rosa portati da spighe ramificate che si allungano durante la fioritura.
Solo tre generi con 250 specie sono rappresentati in Italia, e tra questi vi è la comunissima verbena dei campi, la officinalis. Tantissime poi sono le varietà coltivate come la tenera o la peruviana. Queste assecondano qualsiasi gusto estetico e ogni esigenza di coltivazione, regalando generose fioriture su terrazzi, balconi e aiuole per tutta l’estate e sino al mese di ottobre, con colori quanto mai vari: si va dal bianco al viola, passando per il rosa e il color lavanda; nell’ampio ventaglio di colorazioni manca solo il giallo.
Oltre che per gli usi ornamentali dovuti alla sua bellezza delicata, la verbena è utilizzata anche per scopi officinali: è ricca di principi attivi come tannini, saponine, mucillagini, flavonoidi e olio essenziale. È un valido alleato per combattere i reumatismi, dolori articolari e per favorire la cicatrizzazione di ferite ed escoriazioni. Inoltre è considerata un tranquillante naturale, utile in casi di ansia, insonnia e tensione nervosa.
Il nome del genere pare che derivi dal Celtico ferfaen, parola composta da fer (“scacciare via”) e da faen (“pietra”), poiché la pianta era usata per curare problemi della vescica, in particolare i calcoli. Dioscoride ed altri naturalisti antichi le attribuivano proprietà miracolose, ritenendola una panacea per curare tutti i mali. In passato si favoleggiava inoltre che chi avesse posseduto una verbena sarebbe diventato invulnerabile.
Altra ipotesi è che il termine verbena venga da Herba Veneris, nome che la lega alla dea Venere oppure da herba sacra perché usata per i sacrifici. I Romani la consideravano la pianta sacra per eccellenza, con le cui fronde intrecciavano corone da usare nelle cerimonie religiose per ornare gli altari e le statue degli dei. Ma nel commento all’Eneide di Virgilio (XII 120), Servio avverte che è sbagliato chiamare verbena tutte le piante con cui si fanno corone sacre come l’alloro, l’olivo e il mirto.
Questa pianta da fiore era chiamata anche “lacrime di Era” dai Greci o “lacrime di Giunone” dai Romani. Una leggenda vuole infatti che Era, moglie di Zeus, tradita più volte dal marito, versò delle lacrime che, cadute a terra, diedero origine alla pianta. Anche nella mitologia egiziana la verbena cresceva dalle lacrime versate da Iside, la dea della fertilità.
È inoltre probabile che la prima strena (“strenna”) con la quale i Romani, il primo giorno dell’anno, solevano scambiarsi doni augurali fosse proprio una Verbena officinalis della famiglia delle Verbenacee. L’uso delle strenne nacque per iniziativa di Tazio, leggendario re sabino, che per primo prese dal boschetto di Strenia, una divinità secondaria della mitologia romana, delle verbene come auspicio dell’anno nuovo.
Ma molti sono i riferimenti anche nella cultura più recente: è citata nella Madama Butterfly di Puccini; è il nome della principessa nel racconto di Italo Calvino dal titolo La foresta-radice-labirinto; è ricordata nella canzone Fiorin fiorello di Carlo Buti ed è un canto della città di Siena, intonato sia in ambito sportivo, soprattutto dai tifosi della squadra di basket Mens Sana Siena e della squadra di calcio della città toscana, sia in ambito paliesco dai contradaioli. Secondo la tradizione, la verbena nasce in Piazza del Campo a Siena, come conferma una canzone lì molto nota, che dice: “nella Piazza del Campo ci nasce la verbena, viva la nostra Siena, la più bella delle città”. Nessuno tuttavia lo aveva mai notato fino alla pandemia da Covid-19. Durante il lockdown la piazza è rimasta per la prima volta deserta e, sorprendentemente, l’erba è cresciuta di nuovo nelle giunture dei mattoni: tutti aspettavano di poter nuovamente uscire di casa per verificare che l’erba fosse veramente la meravigliosa verbena 

di Gildo Giannotti (da lafonte.tv)

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