• 11/06/2023

Esperienze nelle capanne di Capracotta – 2

Intervista di Roberta della “Rete delle Case delle Erbe” ad Antonio D’Andrea di “Auser – Vivere con Cura” – Seconda parte

di letteraturacapracottese.com

6 novembre 2023

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Topi e serpenti
D: – Beh, arriviamo alla notte vera e propria. Avevi altri timori?
R: – Sì, più che timori, lievi inquietudini: oltre al freddo e il timore di soffrirne e non dormire, cosa che avevo vissuto in altre tende o yurte, temevo possibili visite se non assalti di topi e di serpenti. Perché i topi? Mia madre, Peppina, da piccolo, mi aveva raccontato più volte che durante lo sfollamento del 1943 a Poggio Sannita (a trenta km da Capracotta) per via che i tedeschi avevano dato alle fiamme quasi tutte le case di Capracotta, dormendo in una masseria (fattoria), di notte per un pelo aveva salvato Nicola, il primo figlio nato l’anno prima, da un topo che gli stava entrando in bocca mentre dormiva… e che a un bambino i topi cavarono un occhio per mangiarselo… Che orrore e terrore… Mi rendo conto che potrebbe essere una paranoia ma avevo questa inquietudine. L’altra era per eventuali serpenti in cerca di un rifugio. Ma avendo fatto ricerche e ammirando tanto le serpi mi sono detto: sarei contento di incontrarli e cercare di accarezzarli e se anche mi dovessero mordere fino a morire, morirei contento – ormai il grosso della mia vita l’ho vissuta – anche perché avevo letto che il morso del serpente rimane così impresso che addirittura si vorrebbe essere morsi di nuovo, chiaramente senza rimanerne avvelenati. 

Notte magica
D: – Va bene ma adesso passiamo alla notte, a che ora sei andato a letto, o nel giaciglio, come ti piace chiamarlo?
R: – Alle 17:30, dopo aver fatto una perlustrazione attorno alla capanna e ammirato il paesaggio autunnale e il crepuscolo, mi sono messo dentro il sacco a pelo con sopra una coperta di lana a stelle bianca, rossa e nera per fare le ultime prove e vedere se tutto era a posto. Ma una volta disteso – e giocoforza ero immobile, fermo – è accaduto l’imprevisto favoloso. Davanti ai miei occhi vedevo solo tronchi di alberi ancora vitali perché erano stati tagliati a luglio, ed era come se ci guardassimo negli occhi e ci presentassimo e conoscessimo. Prima ero tutto preso dai preparativi e i timori-inquietudini che intanto come per incanto erano spariti. Inoltre da un angolo della parete di lato, in alto, entrava da un piccolo vetro a triangolo, una bellissima luce che esaltava i colori dei tronchi che mi apparivano sia come canne di un grande organo di chiesa sia come le zampe-gambe di elefanti e ne rimanevo affascinato e anche intimorito perché sotto sotto ero entrato con la baldanza di fare il piccolo eroe eremita selvatico anche se solo per una notte…

E così piano piano è avvenuta una trasformazione interiore, psichica e mentale: osservavo ad uno ad uno i tronchi (di circa 8-10 cm di diametro) sia davanti a me che per tutta la capanna e li ringraziavo e ringraziavo chi aveva costruito la capanna per questa situazione favolosa in cui mi trovavo. Non stavo nella pelle per la gioia… E così senza accorgermene ho continuato a osservare, guardare, affinare l’olfatto e l’udito… E sì, perché c’era anche un silenzio indescrivibile, imponente… Come se da un momento all’altro dovesse accadere un qualcosa di straordinario e che poi ho realizzato che quel mix di tronchi, colori, profumi, sensazioni, silenzio e il tutto stando sempre più fermo senza dovermi rialzare – che avrebbe spezzato l’incantesimo – per poi rimettermi nel giaciglio… insomma era come se fossi entrato in un “utero arboreo” e dovessi restare fino a quando, novello feto in via di maturazione ne sarei uscito rinato…
Grazie alberi.
(Prima Parte)

di letteraturacapracottese.com

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