• 02/06/2024

Ospedale amichevole, a tratti ostile

Vi sono aspetti positivi in una struttura ospedaliera, ma anche altri negativi, sicuramente, però in misura inferiore

di Francesco Manfredi Selvaggi

06 Febbraio 2024

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L’ospedale è da diversi decenni in qua parte della nostra esistenza. La maggioranza di coloro che hanno sotto i 50 anni, perlomeno, sono nati in un Reparto di Ostetricia e la prevalenza delle salme dei morti nell’ultimo mezzo secolo è stata esposta nella camera mortuaria per il saluto finale di parenti ed amici. Le località nelle quali sono ubicati i nosocomi, da Campobasso a Isernia e a Termoli, in verità già i maggiori centri urbani del Molise, si sono accresciute ancora di più da quando le sedi ospedaliere qui presenti hanno visto aumentare la loro importanza a seguito dell’affermarsi dell’ospedale come fulcro dell’assistenza sanitaria.

Tale ruolo fondamentale nel sistema di cure dato dall’ospedalizzazione si riflette anche nella dimensione notevole degli organismi architettonici costruiti tra il 70 e l’80 del 1900 che ospitano i nuovi apparati nosocomiali. I dipendenti che vi sono impiegati sono di molto superiori a quelli del passato e gli ospedali sono diventati, e da tempo, la principale “industria”, salvo la Fiat, della regione, l’entità con l’organico più numeroso. I posti di lavoro sono anche quelli indiretti, come quelli delle imprese che si sono aggiudicate l’appalto per la fornitura di servizi quali le pulizie, la lavanderia, la manutenzione della caldaia e dell’edificio e così via.

C’è poi l’acquisto di merci che provengono in gran parte da altre zone d’Italia, i farmaci, le lenzuola, gli strumenti medici, gli arredi e così via; tra queste vi sono i prodotti agroalimentari per la preparazione dei pasti per i quali si potrebbero privilegiare le produzioni locali in quanto a Km. 0 e ottenere un beneficio ulteriore, quello dell’integrazione delle attività ospedaliere con l’economia del posto. Non è un tema da trascurare quello economico la spesa pubblica essendo assorbita dai nosocomi in maniera preponderante. Va detto che le risorse finanziarie investite sono davvero enormi tanto che la voce sanità rappresenta il 70% dell’intero bilancio regionale e quella ospedaliera ne è la quota più cospicua.

Si è fatto appena cenno al fatto che le architetture ospedaliere sono dei volumi assai consistenti capaci di influire sulle qualità paesaggistiche di un’area, vedi il Cardarelli che specie insieme alla Cattolica ha alterato il contesto del Bosco Faete e ad Isernia il Veneziale che sta troppo vicino al centro storico. Se prima abbiamo elencato gli apporti positivi di un ospedale, come si vede adesso enunciamo dei lati negativi. Si è messo in evidenza l’impatto percettivo cui si affianca quello ambientale. I nostri nosocomi, in assenza di stabilimenti industriali, proprio per la loro imponenza fisica, per la mole di utenti e di lavoratori che vi sono all’interno e per i flussi di persone e mezzi che vi si dirigono sono delle minacce potenziali per l’integrità sia dell’aria (i fumi dei camini) sia dell’acqua (quella piovana che viene in contatto con le carrozzerie delle auto che sono sporche e non viene poi raccolta) sia del suolo (i rifiuti).

Non vi sono pannelli solari né misure per il contenimento energetico e né, tornando alla questione idrica, il riutilizzo dei reflui. L’ospedale è sentito quale pericolo non solo per l’ecosistema, ma pure, paradossalmente, per la salute umana; addirittura il luogo più pericoloso tra quelli, scuole, uffici, centri commerciali, che ci troviamo a frequentare collettivamente. Il rischio è rappresentato dalla possibilità di contrarre infezioni. Si fa di tutto, ovviamente, per prevenirle anche perché esse rappresentano un danno economico, oltre che di immagine, per l’azienda ospedaliera per via delle vertenze legali che si instaurano in occasione di decessi imputabili a tale causa e dei conseguenti risarcimenti monetari.

In definitiva, vi sono luci ed ombre nel rapporto tra la cittadinanza e il suo nosocomio. In coda abbiamo collocato un aspetto della realtà ospedaliera non perché meno significativo, bensì a ragione del fatto che non viene colto dalla gente immediatamente ed è quello della tecnologia. Ce ne accorgiamo quando ci dobbiamo sottoporre ad indagini diagnostiche oppure ad operazioni chirurgiche, meno quando percorriamo i corridoi dei reparti oppure si è ricoverati nelle camere di degenza, eppure si è immersi sempre in un ambiente tecnologicamente avanzato. È solo che non ne vediamo i cavi e le tubazioni che servono a regolare la luce e la temperatura nelle stanze, ad alimentare gli impianti biomedicali, i condotti per trasportare, tramite posta pneumatica, le provette dai laboratori e altro ancora.

Anche i nosocomi più vecchi, si pensi a quello di Agnone, hanno ricevuto un ammodernamento tecnico con conseguente reingegnerizzazione dei processi curativi e, magari, una modifica del layout della distribuzione funzionale. L’ospedale è, quasi per definizione, il catalizzatore dell’innovazione scientifica, con tantissime ricerche che si sono sviluppate nel campo delle tecnologie applicate aventi ricadute in ambito ospedaliero. Pur riconoscendo che la salute è un bene primario, bisogna evidenziare che la scienza ha un valore in sé per cui le sue scoperte si trovano ad interagire con le esigenze assistenziali permettendo di sviluppare nuovi macchinari, senza, però, perdere le loro valenze autonome.

La società contemporanea vive una sorta di infatuazione per le conquiste degli scienziati le quali si traducono in avanzamenti delle condizioni della popolazione, da un lato, come nel campo della medicina, oppure, dall’altro lato, in autentici incubi, prendi la bomba atomica cioè nel settore militare. L’ospedale odierno è il contenitore più vicino a noi delle applicazioni pratiche degli studi che la scienza sta compiendo rendendolo assai interessante almeno per chi ci riflette sopra.

(Foto: F. Morgillo-Ingresso Ospedale di Isernia)

di Francesco Manfredi Selvaggi

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