• 02/19/2024

Un trekking urbano a Boiano a tema

La proposta di un itinerario nell’insieme abitativo che ha quali tappe i segni della presenza dell’acqua la quale è copiosa nel sottosuolo ed emerge a tratti in superficie

di Francesco Manfredi Selvaggi

19 febbraio 2023

La partenza è da Piazza Pasquino da cui si intraprende la strada che sale verso la Piaggia per raggiungere il Cannello. È la prima sosta dell’itinerario. Si tratta di un ampio slargo in lieve pendio al cui centro c’è una fontana che è anche lavatoio. Si deve essere trattato dell’imbrigliamento di una sorgente mediante un muretto, la briglia, da cui l’acqua, ormai imbavagliata, è lasciata defluire in parte in una vasca, il lavatoio, e per la restante parte costretta a passare per un tubo il cui terminale è un cannello in metallo, la fonte. Ci sono alcune considerazioni da fare a proposito del Cannello: la prima è che “i panni sporchi si lavano in famiglia” per evidenti ragioni di privacy, non in una pubblica piazza come succede qui, la seconda è che il lavaggio degli indumenti sozzi produce odori molesti e perciò non sta bene sia fatto in un luogo circondato da presso da abitazioni, la terza è che le acque di scarico del lavatoio, acque luride, per il medesimo motivo della prossimità con gli alloggi, sono convogliate in una condotta interrata.

Certo, vi sono indubbi vantaggi nell’avere una simile attrezzatura nel mezzo di un quartiere abitativo, in verità uno solo, quello che si risparmia alle donne, alle quali è affidata la mansione di lavandaia, di dover compiere tragitti lunghi, tanto più faticosi in quanto occorre trasportare le ceste cariche di panni, per raggiungere il sito di lavatura (per fare il paio con stiratura). Lasciato dopo la visita il Cannello si prosegue lungo un pezzo di via Conte Ugone, il Conte di Molise, toponimo che è l’unica testimonianza in città del periodo normanno per ricongiungersi di lì a poco con il percorso viario che porta, dopo non molto all’altezza del tornante in cui termina il tratto urbano di questa arteria e inizia, è scontato, quello extraurbano e qui ci si immette nella stradina di servizio dell’impianto di captazione della sorgente di Maiella.

L’illustrazione di questa importantissima opera idraulica, innovativa per il tempo in cui fu realizzata, siamo agli inizi degli anni 60 del secolo scorso e innovativa ancora oggi la si lascia, per la complessità degli apparati ingegneristici e del sistema di funzionamento che sono difficili da spiegare per un non addetto ai lavori, ai tecnici dell’azienda Molise Acque presenti in loco i quali potranno fornire esaurienti delucidazioni ai visitatori e noi continuiamo. Adesso la percorrenza è in discesa seguendo una scalinata che conduce alla fontana di S. Maria dei Rivoli, seconda fermata.

È la più bella delle fonti che vi sono a Boiano impreziosita dall’immagine della Madonna. Ad Ella si attribuisce la grazia della fornitura d’acqua, il bene supremo, alla popolazione. Vale la pena fare una comparazione con il Cannello, ambedue hanno un fronte che abbellisce, concludendola, la parete da cui scaturisce il flusso idrico, non lo ha nessun altro punto di attingimento del fondamentale liquido in città, la facciata qui è in mattoni mentre al Cannello, dove è più piccola, è in pietra, S. Maria dei Rivoli è periferica rispetto all’abitato il Cannello è centrale ad un settore urbanistico.

Ciò che maggiormente distingue S. Maria dei Rivoli è che le bocche da cui scaturisce l’acqua sono in basso per cui il catino che la raccoglie è a terra, disposizione ottimale per il riempimento delle tine. Poiché acqua sorgentizia sia S. Maria dei Rivoli sia il Cannello non c’è bisogno che sia potabilizzata, è pronta per il consumo umano. Si evidenzia che entrambe, Cannello e S. Maria dei Rivoli, sono idrotoponimi il che rivela l’importanza dell’acqua nella identificazione di un luogo. Lasciata S. Maria dei Rivoli ci si incammina, passando a fianco dell’eterno cantiere delle Vie dell’Acqua, verso le vasche di allevamento delle trote, il terzo step della nostra escursione.

È significativo che l’acquacoltura stia proprio a valle delle sorgenti di Maiella, perché è nelle sorgenti che vengono a deporre le uova le trote e ciò conferisce a tale impianto artificiale l’aura di qualcosa di naturale. Dopo i saliscendi che abbiamo effettuato è il momento di muoversi in piano avviandosi a passeggiare nel lungofiume. È un paesaggio suggestivo quello che si percepisce da qui caratterizzato da una sequenza di orti e dall’allineamento dei fronti secondari delle case che lo costeggiano ad una certa distanza, prospetti destinati a non essere visti ai quali si sono addossati superfetazioni varie il che conferisce all’area una dimensione domestica.

Dopo un centinaio di metri dall’avvio si può scorgere, al di sotto di un ponticello, l’innesto in questo corso d’acqua del Fosso di Spina, uno dei torrenti montani che in passato hanno provocato parziali inondazioni di porzioni della città. Il Calderari con il suo alveo disposto alla quota inferiore della superficie comunale funge da collettore di tutte le acque. Siamo, anzi eravamo finora in area periurbana ed ora si entra decisamente nel perimetro urbanizzato, nel cuore dell’insediamento, ad un tempo antico, la colonia romana, e moderno, l’attuale comune, in cui è riemerso il decumano della Bovianum Undecanorum per la cui realizzazione i Romani dovettero spostare il letto di Calderari, magari all’interno di una più complessiva azione di bonifica territoriale della quale gli ingegneri romani erano maestri.

Superato il ponte di corso Amatuzio si scorgono alcuni interventi di rinaturalizzazione dell’ambiente fluviale. Si oltrepassano, poi, ulteriori due ponti su via Fiumicello, si noti anch’esso un idrotoponimo, il primo, e su via Cavadini, il secondo; di qui in poi è campagna, ma il lungofiume non si arresta, bensì fa un’inversione a U. Si forma uno specchio d’acqua concavo che è l’habitat di alcune papere che vi vivono stabilmente indisturbate. La passeggiata descritta la si può percorrere anche all’inverso sulla sponda opposta e, però, noi non cambiamo senso di marcia, non torniamo indietro, andiamo avanti abbandonando il Calderari. La meta finale che ci siamo proposti è il lavatoio di via Turno.

Questa via prende il nome da uno dei minuscoli rivi, come fa la già citata via Fiumicello, il corso dei quali sfrutta depressioni della piana su cui sorge Boiano, la quale quindi non è completamente piatta, confluendo nel Calderari il quale li drena. Il cerchio dell’itinerario viene a chiudersi, all’inizio ci siamo imbattuti nel Cannello, l’altro lavatoio. Quello di via Turno costituisce un po’ l’evoluzione della specie in quanto più lungo e, perciò, con maggiori postazioni di lavaggio, coperto, separato dalla zona abitativa, con deflusso dell’acqua in un canale allo scoperto, formato da più vasche in serie digradante il che favorisce lo scorrimento dell’acqua evitando il ristagno delle acque luride. In definitiva, i lavatoi sono un segno di civiltà, altrove le donne dovevano lavare i panni sul greto di un fiume, e questa conquista civile è stata consentita a Boiano dalla sua ricchezza di acqua corrente.

di Francesco Manfredi Selvaggi

di APS La Terra 

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