Sul Convito di San Giuseppe
Significato e continuazione della tradizione nei paesi molisani
di Arnaldo Brunale (da Primo Piano Molise-19/03/2023)
19 marzo 2024
Il significato più importante del Convito di S. Giuseppe, che si celebra il 19 marzo in concomitanza con la festività liturgica di S. Giuseppe, è quello del legame rispettoso che il popolo e il mondo contadino hanno per le feste liturgiche e del significato che ad esso annettono in coincidenza con le scadenze stagionali e con i grandi cicli agricoli e pastorali. Prima di addentrarsi nella descrizione dettagliata della forma solenne come si svolge il rito, delle portate e della specificità dei cibi da consumare, prima in forma intima (Tavola della Sacra Famiglia), poi pubblicamente (Tavolata degli invitati), va detto che la Tavola di San Giuseppe, nel suo significato più profondo, sta a simboleggiare soprattutto l’accoglienza, la solidarietà, la pace e la fraternità. Bisogna sottolineare che questa tradizione, presente in molti paesi del nostro Molise sotto forma, appunto, di tavolate, mense fraterne, altarini, è rispettata anche in altre contrade italiane. Ciò, al di là dell’aspetto liturgico e apotropaico che riveste il rito, sta a significare l’assoluta necessità di conservare la propria identità culturale e la valorizzazione delle radici dove esso viene onorato.
CONVITO IN ALCUNE CONTRADE ITALIANE
Si riportano solo alcune località italiane dove si rispetta la tradizione del Convito che si accomunano, a molti paesi del nostro Molise, per le affinità tipologiche dei cibi consumati e per le fasi rituali con cui si rispetta la tradizione. A Pitigliano, in provincia di Grosseto, si svolge la Torciata di San Giuseppe davanti ad una grotta, fuori del paese, dove la mattina la gente affastella una notevole quantità di canne che viene arsa nel pomeriggio. Prima del tramonto del sole, tutti i convenuti alla cerimonia, degustano il pancrocino, pane abbrustolito, condito con olio, sale e aglio, sullo stile della bruschetta. Una volta tramontato il sole, raccolgono le canne ardenti sotto forma di torce e le portano, sfilando in processione, al centro della piazza principale del paese, dove le ammucchiano formando un grande falò. (Il rito ricorda molto da vicino le fasi della ‘Ndocciata di Agnone). Prima che il fuoco si spenga, tutte le persone presenti consumano le frittelle di San Giuseppe, un particolare dolce locale preparato con farina, lievito, riso, zucchero, uova, vaniglia e limone grattugiato. A Roccantino, in provincia di Rieti, si festeggia il Sangiuseppe frittellaro, una festa che inizia il 17 marzo e termina il 19, in concomitanza con la festività liturgica che onora il santo. Le frittelle da consumare sono preparate con pastella ripiena di cavolfiore. Ad Itri, in provincia di Latina, viene rispettata una cerimonia simile a quella di Pitigliano, solo che, durante il grande falò, si consumano delle zeppole di San Giuseppe. A Roma, fino ai primi decenni del secolo scorso, si festeggiava, come a Roccantino, il San Giuseppe frittellaro, una trazione risalente alle famose feste Liberalia (in onore di Dioniso, chiamato a Roma con il nome di Libero). Durante la festa, svolta il 17 marzo, la popolazione donava al piccolo dio Bacco, tenuto in braccio dal dio Sileno, le frictilia, frittelle di farro. Ancora oggi, questa importante festa si celebra, con rito cristiano, nei quartieri Tiburtino, Trionfale e Nomentano, dove è possibile gustare, oltre alle classiche frittelle di pastella, anche le zeppole riempite di crema, chiamate bignè. In molti paesi dell’Emilia e Romagna, nel giorno di San Giuseppe, si degustano i Nastrini in brodo, pasta fatta a mano secondo una ricetta dell’800, molto simili alle attuali farfalle commerciali. Le feste analoghe a quelle dei nostri paesi, tuttavia, si svolgono in Sicilia, a San Marzano di Trapani e a Vallelunga di Pratameno, in provincia di Caltanisetta. Esse vengono tenute vive soprattutto dalle persone che abbiano ricevuto una grazia dal santo che, per ringraziarlo, il 19 marzo ospitano, durante il Convito, i bambini più poveri del paese, virginieddi, vestititi con il loro costume tradizionale. Davanti ad ogni bambino, tenuto a stretto digiuno tutto la mattinata, vengono messi un’arancia, da cui prelevano uno spicchio, per interrompere l’astinenza prima di pranzare, un cedro, una foglia di lattuga, un finocchio ed una grande pagnotta di pane, mentre al centro della tavolata sono poste in bella evidenza altre pietanze come le fritture di cardi, di cavolfiori, di carciofi, di zucca, le uova sode e le olive. A Valguarnera, in provincia di Enna, le persone più abbienti del paese preparano un Convito conosciuto con il nome di I tavuli ‘é San Giuseppe, dove accedono tre persone bisognose, che impersonano la Sacra Famiglia (Giuseppe, Maria e Gesù). Coloro che hanno ricevuto dal Santo grazie significative, in aggiunta alle tre persone, invitano altre due persone che rappresentano San Giacchino e S. Anna. La tradizione del Convito è diffusa in quasi tutta la Sicilia, con particolare attenzione, però, a Salemi, in provincia di Trapani, dove è conosciuta con il nome di Tradizione delle Cene. Questo rito coinvolge tutta la popolazione che si dà da fare nel preparare i pani nelle più svariate forme richiamanti il mondo contadino, gli animali e le simbologie più rappresentative del Santo. Durante questo rito vengono rispettati tutti gli elementi più salienti e più vicini a quelli dei paesi del nostro Molise, a cominciare dalla triade della Sacra Famiglia e dalla fase del pranzo che consumano, mentre gli altri invitati vi assistono senza, però, mangiare. La cosa veramente incredibile del Convito di Salemi è quella delle portate perché, mentre nel nostro Molise quasi generalmente sono 13, tranne in alcuni paesi come Bonefro, Castelbottaccio, Castellino sul Biferno, Gildone e Jelsi che sono 19, nel paese trapanese sono ben 101 con 3 antipasti, 22 primi piatti, 33 secondi, 10 contorni, 7 tipi di frutta, 26 dolci diversi, tra cui primeggia la famosa sfincia, una specie di zeppola fritta con ripieno di ricotta.
CONVITO NEI PAESI DEL MOLISE
Gli ingredienti che formano il pranzo del Convito, in quasi tutti i paesi, vengono preparati in famiglia nei due giorni precedenti alla festività liturgica. Per i dolci, soprattutto, c’è un procedimento laborioso che varia da paese a paese, sia che si chiamino scurpelle o sfingioni, ficurelle, caragnoli o calzoni. Ma anche altre pietanze come la lessata, le zuppe, il pane, le fritture, il baccalà richiedono una particolare attenzione da chi le prepara perché si ispirano a ricette particolari che si tramandano nelle famiglie di generazione in generazione.
Prima del 19 marzo vengono allestiti, nelle strade e nelle case, dove ci sarà il Convito, gli altarini votivi dedicati al Santo, ornati con fiori di carta variopinta e illuminati con lampade votive. Nove giorni prima della festa ogni famiglia si riunisce la sera attorno al camino per recitare le preghiere in onore di San Giuseppe (novena), durante le quali vengono consumate alcune frittelle e una lessata a base di chicchi di grano. Il pane si prepara in pagnotte di varie forme e peso che, una volta cotte, vengono portate in chiesa per la benedizione, prima di essere offerte davanti all’uscio di casa a chi si ferma per riceverle in segno di devozione. Tutte le famiglie che onorano il rito della Tavola di San Giuseppe individuano i componenti della Sacra Famiglia l’anno precedente al rito. Scelgono un anziano sposato tra i meno abbienti del paese, che impersonerà San Giuseppe, una donna nubile che farà la Madonna ed un bambino che rappresenterà Gesù. In alcuni paesi del nostro Molise, come ad esempio Riccia, queste “figure”, una volta individuate, rivestiranno il “ruolo” affidatole fino alla morte o fino a quando vorranno farlo. Subito dopo la messa della mattina e la benedizione dei pani, i componenti la Sacra Famiglia si recano presso la casa dove si celebra il Convito, prendendo posto in una stanza a parte, ai piedi dell’altarino votivo dedicato al Santo; mentre, in una sala più grande, siedono in lunghe tavolate tutti gli invitati e chi ha voglia di partecipare al rito. Prima che vengono servite le portate, la Sacra Famiglia recita le preghiere in onore del Santo insieme alla padrona di casa. Terminata la recita, la tradizione vuole che i componenti la Sacra Famiglia facciano rumore con le posate sbattendole sui piatti. È il segnale che possono essere iniziate a servire le portate che la padrona di casa, a piedi nudi, offrirà ai commensali. Come detto, in quasi tutti i paesi le portate sono generalmente 13, differentemente da alcuni che ne hanno 19.
SIMBOLOGIA DEI NUMERI E SUO SIGNIFICATO
I numeri ricorrenti nel Convito sono il 3, il 9, il 13 e il 19.
3 – afferisce al mese di marzo, terzo mese dell’anno; alla terza settimana in cui si festeggia San Giuseppe; tre sono i giorni necessari per la preparazione del Convito (antivigilia, vigilia e il giorno della festa); tre è il numero che identifica la luce e tre sono i colori principali dell’iride: il rosso, il blu ed il giallo, la cui combinazione rispecchia i colori principali dei cibi serviti durante il Convito; tre sono i componenti della Sacra Famiglia; tre volte si bacia il pane prima di essere offerto davanti all’uscio di casa alla gente che lo richiede in segno di devozione; tre sono i segni di croce che farà chi lo riceve; tre sono gli stati di aggregazione: solido, liquido, gassoso; tre sono i regni: animale, vegetale e minerale; tre sono gli scongiuri da ripetere in segno scaramantico.
9 – è il multiplo di tre; nove sono i sensi esterni ed interni presenti nel Convito e nella Tavola di San Giuseppe: memoria, mobilitazione, immaginazione, buonsenso, udito, odorato, vista, gusto e tatto.
13 – tredici sono le portate come i privilegi di San Giuseppe; tredici sono le persone sedute durante l’ultima cena fatta con Gesù, come tredici sono le persone presenti alla seconda tavola preparata separatamente da quella della Sacra Famiglia.
19 – diciannove è il giorno in cui si onora San Giuseppe; diciannove sono le portate del Convito che si servono in alcuni dei paesi precedentemente citati.
LE 13 PORTATE
1^ PORTATA: antipasti a base di alici, arance condite con olio e zucchero, giardiniere di sottaceti con peperoni viola, uva, cavolfiori bianchi, olive ed asparagi, carote rosse, pezzi di pera, uova sode e pezzi di mozzarella.
2^ PORTATA: spaghetti con alici, noci, mollica abbrustolita (che sostituisce il formaggio); spaghetti al tonno; vermicelli al sugo di baccalà e noci.
3^ PORTATA: riso in bianco all’olivo di oliva oppure condito al sugo di baccalà ovvero bollito nel latte, con zucchero, cannella, limone e vaniglia.
4^ PORTATA: baccalà preparato in tutte le maniere: in bianco, al sugo, mollicato e origanato, in umido con cipolline fritte; al forno insieme ai cavoli o alle patate.
5^ PORTATA: solo baccalà fritto alla pastella.
6^ PORTATA: cavolfiori lessi o impanati, fritti ed insaporiti con aceto, vin cotto e mandorle; cavolfiori lessi accompagnati al baccalà in bianco; broccoli in umido o lessi maritati alle aringhe o alle acciughe.
7^ PORTATA: polpette confezionate con la mollica di pane inzuppata con uova sbattute, arricchite con tonno.
8^ PORTATA: lessate a base di fagioli, lenticchie, piselli, fave, cicerchie condite con olio già adoperato per friggere i dolci e cipolline fritte.
9^ PORTATA: la pezzenta, una ribollita di legumi condita con olio già adoperato nelle fritture e con uvetta.
10^ PORTATA: tutta a base di peperoni preparati nelle più svariate maniere (fritti nella mollica, con capperi e aceto; peperoni ripieni con la mollica, con l’uvetta, con le alici e con le noci.
11^ PORTATA: mandorle tostate con il mosto cotto; l’agrodolce preparato con noci, mandorle e nocciole bolliti nel vincotto con l’aggiunta di uva passa e cannella.
12^ PORTATA: i calzoni fritti ripieni con pasta di ceci, miele aromatizzato pezzetti di cedro e cannella.
13^ PORTATA: frutta fresca di stagione.
Al temine del Convito si recitano le preghiere di ringraziamento al Santo e si accompagnano a casa i componenti della Sacra Famiglia provvisti di un cesto pieno di pagnotte di pane e con i cibi avanzati nelle portate.
LA TAVOLATA NEI PAESI
Nel nostro Molise i paesi in cui si rispetta il rito del Convito sono in ordine alfabetico: Baranello, Bonefro, Campochiaro, Casacalenda, Castelbottaccio, Castellino del Biferno, Castelmauro, Civitacampomarano, Fossalto, Gambatesa, Gildone, Guardialfiera, Jelsi, Larino, Lucito, Lupara, Mafalda, Matrice, Monacilioni, Montecilfone, Montelongo, Montorio nei Frentani, Morrone del Sannio, Petrella Tifernina, Portocannone, Riccia, Ripabottoni, Roccavivara, San Felice del Molise, San Martino in Pensiliis, Santa Croce di Magliano, Ururi, Termoli, Toro e Venafro.
Naturalmente, in ognuno di questi paesi le portate e le modalità della loro preparazione possono variare sia pure in alcuni, minimi particolari sempre nel rigoroso rispetto della tradizione.
Campobasso, 19/03/2023
di Arnaldo Brunale (da Primo Piano Molise-19/03/2023)