• 10/18/2016

Dalla Svezia: chi ripara e ricicla pagherà meno tasse

Lavatrice, frullatore o scarpe: tutto si può aggiustare. L’idea alla base della rivoluzione: ”Se vogliamo risolvere i problemi dell’ambiente dobbiamo combattere il consumismo”

di Giacomo Talignani

05 gennaio 2017

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«”FAI prima a prendertene uno nuovo”. Alzi la mano chi non lo ha pensato mai pensato tenendo nelle mani un oggetto rotto, che si tratti di un paio di scarpe o di un frullatore. Questo concetto, quello di consumare anziché riciclare e riparare, è tutto ciò contro cui si batterà la Svezia nei prossimi mesi. Una battaglia per l’ambiente che si basa su una proposta semplice: i cittadini che impareranno a riciclare pagheranno meno tasse.

Se si pensa a vent’anni fa, quando nel 1996 la svedesissima Ikea produceva pubblicità in cui invitava a “”Chuck Out Your Chintz”, buttare via tutto e riarredare la casa con i loro prodotti, è un cambio totale di visione.

In autunno a Stoccolma sarà infatti discussa una proposta di legge, su iniziativa dei Verdi e i socialdemocratici, fondata sull’idea di tagliare le tasse e l’Iva a coloro che tendono a riciclare, il tutto da affiancare all’imposizione di una ”chemical tax” per coprire i costi di smaltimento dei prodotti danneggiati o che vengono abbandonati.

”Se vogliamo risolvere i problemi di sostenibilità ambientale dobbiamo lavorare sui consumi” spiega Per Bolund, ministro delle Finanze. L’idea del governo svedese è quella di spingere i cittadini a riciclare sempre, sistemare oggetti che vanno dalle biciclette alle scarpe, dalle lavatrici ai forni, frigoriferi, lavastoviglie o altri elettrodomestici, anziché consumare. La proposta, presentata in bilancio è quella di tagliare l’aliquota Iva dal 25% al 12% sulle piccole riparazioni (come per cicli, vestiti, scarpe) in modo da ridurre i rifiuti e proteggere maggiormente l’ambiente. A questa si affianca la possibilità di chiedere una sorta di rimborso sulle tasse del costo del lavoro per le riparazioni.

Oltre ai cittadini, secondo il ministro svedese, a guadagnarci sarà anche l’industria delle riparazioni che creerà nuovi posti di lavoro e occupazioni destinate anche agli immigrati che spesso non hanno titoli di studio per intraprendere altre professioni. Il governo intende investire circa 4,5 milioni di euro per supportare l’iniziativa che sarà accompagnata da pubblicità e campagne promozionali. Fra le stime dell’esecutivo il taglio delle imposte sulle riparazioni dovrebbe costare circa 48milioni di euro, mentre la chemical tax potrà generare introiti per 210 milioni di euro l’anno.

La svolta ”green” della Svezia non è certo una novità. Da anni gli scandinavi si battono per ridurre rifiuti ed emissioni inquinati e dal 1990 è già stato tagliato il 23% delle emissioni. Il futuro, per gli svedesi, sono le energie rinnovabili. ”Rinnovare” è infatti la parola chiave da affiancare al riciclo: nel 2015 sono state recuperate 58mila tonnellate di elettrodomestici, circa sei chilogrammi per residente.

Come ha ricordato Bolund la nuova sfida è dunque contro i consumi. “Le emissioni provenienti dalla Svezia che influenzano il clima sono in diminuzione, ma le emissioni da consumo sono in aumento. Oggi i consumatori sono attivi nel cambiamento dell’impatto ambientale e acquistano più alimenti biologici o danno valore all’economia della condivisione, quella circolare del riciclo. Dobbiamo spingere su questo”.

Sulla stessa linea di idee lo scorso anno la Francia ha approvato una legge che richiede ai produttori di etichettare i prodotti con informazioni sulla disponibilità dei pezzi di ricambio. Ma ancora sembra non essere sufficiente per dare nuova linfa al mercato delle riparazioni. Per questo la Svezia ha pensato direttamente a degli incentivi per i cittadini. ”Se non cambiamo gli incentivi economici il cambiamento non arriverà mai” chiosa Bolund.

di Giacomo Talignani (da repubblica.it)