• 04/26/2017

Post-verità e pensiero critico

Che tutti possano partecipare al sistema informativo è utile e costruttivo, ma occorre che tutti prendano coscienza della necessità di entrarci partendo da un adeguato retroterra culturale e da grande onestà e responsabilità nel rispetto dei dati a fondamento della verità

di Umberto Berardo

9 maggio 2017

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Il termine post-verità è un neologismo derivante dall’inglese post-truth che in estrema sintesi definisce una notizia data per vera sulla base di sensazioni o emozioni personali senza una verifica ed un’analisi accurata delle condizioni e dei fatti reali di natura scientifica in grado di dare ad essa elementi appunto di veridicità. 

Usato già dal 1992, l’Oxford English Dictionary lo ha eletto parola dell’anno del 2016.

Il nuovo lemma ha riferimenti soprattutto alla politologia ed alla comunicazione relativa ai mass-media ed al web in cui notizie fondate sull’apparenza e le suggestioni più che sulla realtà finiscono per essere amplificate da like e condivisioni e diventare apparenza condivisibile perché vicina al proprio sentire all’interno di quella che viene definita sui social come una camera dell’eco.

C’è già chi al riguardo usa un altro termine e cioè pre-verità.

All’interno di questo fenomeno in cui le impressioni e l’emotività finiscono per prevalere sulla necessità di dati reali di natura scientifica è chiaro che il rischio del plagio su illazioni, bufale e perfino falsità finisce per rappresentare un pericolo per la ricerca oggettiva della verità soprattutto per quel 44% dell’opinione pubblica che oggi si informa solo sui social network.

La bolla delle costruzioni empiriche o ideologiche diventa sempre più grande ed oggi già si parla di post-famiglia, post-scuola, post-società e così via.

Gli strumenti di comunicazione, siano essi social, talk o giornali, quando si fondano su interessi di parte piuttosto che sulla verificabilità delle notizie ed il confronto delle opinioni, rischiano di calpestare criteri di ricerca comparata e di far prevalere una sola angolatura strumentale di pensiero.

Si manipolano così non solo le opinioni, ma conseguentemente i comportamenti.

È ciò che spesso si tenta di fare con immagini artefatte relative a problemi sociali, politici ed etici.

Può avvenire allora che un elettore voti in una certa direzione non sulla base di un’acquisizione multiforme di elementi di conoscenza reale su una questione sociale, ma unicamente su una sola rappresentazione della stessa data per accettabile in relazione alla vorticosa moltiplicazione sul web.

In questi giorni rimaniamo esterrefatti di fronte a tanti post sui social o a dichiarazioni sui mass-media che su questioni molto delicate relative al modo di vivere e perfino di morire fanno riferimento più a suggestioni e slogan che a processi di ricerca di soluzione fondati su dati scientifici di natura articolata, dialettica e soprattutto aperti al  raffronto civile e rispettoso.

Occorre ricordare sempre che la verità si costruisce dal dubbio piuttosto che dalle illazioni o dalle certezze precostituite che rischiano sempre di generare arroganza e sopraffazione.

L’incapacità di analizzare criticamente le informazioni dipende sicuramente dalla struttura dei media interessata a cogliere consensi ed a manipolare opinioni, ma soprattutto dalla mancanza di authorities in grado di definire regole, codici di condotta e responsabilità editoriali almeno su questioni di fondo quali l’incitamento all’odio ed alla violenza che dovrebbero essere banditi da chiunque si occupi di comunicazione.

Esiste poi un lavoro di ordine culturale che occorre mettere in campo soprattutto nella famiglia e nella scuola e che concerne non tanto le competenze tecniche di lettura quanto piuttosto la creazione di quello spirito critico che solo è in grado di difendere i giovani dal plagio e dalle manipolazioni e di preservarne la libertà di pensiero e di comportamento.

Allora li porteremo a rifuggire dall’idea che la dimensione ondivaga dei post su Facebook possa costituire il fondamento della verità che, invece, va ricercata attraverso il metodo della ricerca scientifica comparata, sola in grado di darci una percezione razionale della realtà in cui viviamo e delle sue dinamiche. 

Che tutti possano partecipare, come avviene sui social network, al sistema informativo a livello attivo e passivo è utile e costruttivo, ma occorre che tutti prendano coscienza della necessità di entrarci partendo da un adeguato retroterra culturale e da grande onestà e responsabilità nel rispetto dei dati a fondamento della verità.

Se pensiamo che perfino le guerre vengono costruite su fake news, cioè su menzogne, allora ci rendiamo conto che si tende sempre più a far diventare la verità irrilevante cercando in tal modo di plagiare l’opinione pubblica.

Rispetto a tali operazioni il cittadino ha sempre più bisogno di educare la sua capacità di lettura dei messaggi non solo sul piano meccanico, ma soprattutto su quello comprensivo, funzionale e critico; chiedere poi un’informazione basata sul confronto sistematico delle opinioni e sulla controllabilità delle fonti è un altro elemento per una ricerca accettabile della verità. 

di Umberto Berardo

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