• 01/12/2022

I politicanti nostrani

L’Europa, dopo la cura Iorio, Frattura e Toma, ci ha retrocesso nell’obiettivo uno

di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv)

12 gennaio 2022

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La XII legislatura regionale finalmente si avvia a concludere il suo ultimo anno di vita. È imbarazzante per chi è stato eletto dai molisani a ricoprire ruoli istituzionali ed è imbarazzante anche per chi ha scelto di farsi rappresentare da costoro. Se oggi chiedi a qualcuno dove e per chi ha votato alle ultime elezioni o non ti risponde o, se ancora conserva un minimo di amor proprio, ti dice che non andrà più a votare. Ma cosa abbiamo fatto di così grave in questi ultimi trent’anni per meritare la sfiducia di tutti? Abbiamo detto bugie. Bugie, quando parlavamo di globalizzazione salvifica che avrebbe avvicinato i popoli e reso gli stessi più liberi e più eguali: li abbiamo solo omologati. Da una parte i ricchi, in verità sempre di meno, e dall’altra i poveri: tutti gli altri. Questo modello economico e culturale contiene alla base un principio implicito, mai rivelato: la capitalizzazione degli utili e la socializzazione delle perdite. Così, di socializzazione in socializzazione, ci stiamo avviando verso un livellamento in basso: tutti uguali, tutti poveri. Esattamente ciò che i fautori di questa fregatura hanno sempre contestato al modello comunista. In buona sostanza, siamo tutti più liberi di essere poveri: una vera cuccagna!

Intendiamoci non condivido le irruzioni degli sfasciavetrine anche perché è ormai chiaro a tutti che quei legionari vengono lautamente foraggiati da chi la rivoluzione non la vuole. Sono invece favorevole a quell’ equilibrio, oggi messo a dura prova, che ha consentito alla natura e a noi stessi di essere ancora vivi. Ma cosa c’entra tutto questo con il Molise e i molisani? Purtroppo, nonostante la nostra classe dirigente, in questi anni, si sia impegnata con tenacia a non realizzare né strade, né autostrade, né ferrovie, né porti, né interporti, il seme della globalizzazione è arrivato lo stesso fino a noi. Prendiamo ad esempio il Basso Molise e le industrie che insistono sul Nucleo Industriale di Termoli: quasi tutte non hanno alcun legame col territorio o il legame ce l’hanno per il solo fatto che gli altri le rifiutano. Se la FCA ex FIAT dovesse, domani, decidere di delocalizzare l’impianto perché più conveniente produrre altrove, l’intero Molise da questa decisione subirebbe effetti devastanti sull’economia con inevitabili fratture sociali; per le altre aziende del Nucleo, il discorso non cambia, tranne per quella chimica che non ce la invidia nessuno. Sarà anche una globalizzazione all’amatriciana, la nostra, ridicola o grottesca, ma che ha tuttavia prodotto gli stessi guasti di quella vera, spersonalizzandoci e rendendoci tutti uguali. Tutte le industrie che non sono legate al mondo dell’agricoltura rischiano di sparire da un momento all’altro e non perché non producono beni utili, ma perché gli stessi beni possono essere prodotti altrove a prezzi dimezzati. Già il presidente Elkan ci ha mandato a dire che con la transizione energetica si perderanno molti posti di lavoro. Non saranno quindi gli imprenditori a investire nel nuovo mondo, ancora una volta saranno i lavoratori a pagare il conto.

Ma i politicanti nostrani, già in fila sulla linea di partenza per la prossima competizione elettorale, perché dovremmo votarli ancora? Per i risultati raggiunti? In questi ultimi vent’anni la regione Molise è stata sostanzialmente sgovernata dalle Destre, da Iorio che non ha mai smesso di essere democristiano a Frattura che non ha mai smesso di essere di Forza Italia a Toma che non ha mai smesso di essere. Del primo, al quale è stata consegnata una regione promossa nell’ obiettivo due dall’Europa, non abbiamo mai capito quale fosse il suo sogno per il Molise. Si è occupato di terremoto, ha maneggiato parecchi soldi, spesso usandoli per cose diverse dalla ricostruzione post sisma, con “risultati” a dir poco imbarazzanti; si è disoccupato di sanità lascandoci debiti stratosferici, senza trascurare stradine e stradelle, quelle che uniscono interessi contrapposti, e sotto il suo imperio sono fallite importanti aziende partecipate; il secondo, l’architetto Frattura, il più coerente con le sue idee che con quelle della sinistra, oltre ad asfaltare la Sanità Pubblica ha preteso che i molisani pagassero i debiti ricevuti in eredità dal suo predecessore e per i quali portiamo ancora i segni oggi. Il terzo, il dr. Toma Donato – a caval donato non si guarda in bocca – pare che si faccia accompagnare sempre da qualcuno, non per ragioni di sicurezza (quando mai, chi se lo scioscia!) ma per il semplice fatto che non riconosce la regione, non mi riferisco al Palazzo ma proprio al Molise. Pensate che in pochi anni di governo è riuscito a raggiungere due primati negativi: il PIL più basso di tutta l’Italia, per la Sanità, risultiamo n.c. e per questo i molisani non sono solo contrariati ma hanno dato mandato agli avvocati per essere risarciti.

L’Europa, dopo la cura Iorio, Frattura e Toma, ci ha retrocesso nell’obiettivo uno. A queste osservazioni i reduci ancora presenti in consiglio regionale, Facciolla, Iorio, Niro, Cotugno, Micone, Pallante, Cavaliere rispondono di avere programmato e pianificato tutti gli interventi per far fronte alle necessità della regione e di avere esaurito tutte le risorse messe a disposizione. Ma questi splendidi si sono mai chiesti se col piano sanitario, quello energetico, quello sociale, quello rurale, sono stati almeno sfiorati gli obiettivi prefissati in questi strumenti di programmazione? A leggere i dati forniti dall’ISTAT e dalla Svimez parrebbe proprio di no. Quindi, alle prossime elezioni regionali, abbiamo tutto il tempo, consiglierei alle Destre di gettare la maschera e candidare questa volta, non un Toma qualsiasi, ma direttamente Aldo Patriciello, l’uomo che più degli altri ne rappresenta i valori e gli obiettivi, un uomo di successo che si è fatto da solo, che è proprietario di numerose cliniche e ha interessi economici in tutti i settori produttivi della regione, compresa l’informazione, in buona sostanza un uomo del fare. Agli altri consiglierei una profonda discontinuità col passato prossimo, quelli dei piani di sviluppo, e la scelta di qualcuno che almeno una volta nella vita si sia schierato dalla parte di chi ha avuto sempre torto.

di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv)

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