Toppe inconcludenti
I molisani avrebbero bisogno di momenti di forte presa di coscienza sulla necessità di abbattere relazioni sociali di tipo clientelare per tornare ad educare tutti ad una cultura del lavoro, della legalità e dell’egualitarismo
di Umberto Berardo
3 ottobre 2017
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Sta per concludersi il mandato amministrativo della giunta regionale presieduta da Paolo Di Laura Frattura ed ancora in questi giorni abbiamo ascoltato affermazioni di importanti risultati ottenuti dal suo governo di cui non si avrebbe contezza solo per una carenza di comunicazione.
Notiamo anche un fastidio enorme della maggioranza del Consiglio Regionale verso quanti al contrario pensano che il Molise stia franando da anni su tutti i versanti senza che le classi dirigenti siano stati mai capaci di individuarne i problemi, di leggerne gli aspetti critici e di cercare soluzioni adeguate.
Il governo Frattura da qualcuno è stato di recente definito artefice di un nuovo modello amministrativo; in realtà, essendo il frutto di logiche trasformistiche e di realizzazioni di interessi della borghesia locale, c’è chi lo ha immaginato per pure ambizioni di gestione del potere, lo ha fatto digerire dai più come un esecutivo di centro-sinistra mentre nel tempo pure le pietre si sono accorte che le decisioni politiche tentate o decise erano figlie di un neoliberismo che purtroppo generava problemi politici, ma principalmente sociali.
La regione è stata indebitata fino all’inverosimile soprattutto sul piano sanitario e per anni nessuno si è chiesto chi ne erano i responsabili e per quali ragioni la situazione debitoria si era trascinata nel tempo senza che qualcuno intervenisse.
Ora ci si gloria di aver pareggiato il bilancio della sanità, ma non si racconta ai cittadini che lo si è fatto con le imposte da essi pagate e non con i sacrifici di quanti quel debito avevano prodotto e che continuano a vivere tranquillamente nei loro privilegi fatti di remunerazioni scandalose.
Intanto il POS del commissario ad acta ha creato una situazione dei servizi sanitari che, come abbiamo più volte sottolineato e come ci raccontano le cronache, presentano difficoltà palesi in ordine alla garanzia dei LEA, soprattutto per le malattie tempo dipendenti, per i ticket decisamente elevati per le fasce più povere della popolazione e per le lunghe liste di attesa nelle analisi e nelle cure.
Sulla sanità si è scelta la via dell’integrazione tra pubblico e privato aumentando finanziamenti e posti letto in questo secondo settore e ridimensionando il primo che dovrebbe invece essere l’asse portante dei servizi sanitari.
Sul piano occupazionale la situazione disastrosa è sotto gli occhi di tutti.
Vi è stata una chiusura a catena di tantissime aziende che non stiamo qui ad enucleare, avendolo già fatto più volte, ed oggi siamo al punto che l’unica in Molise che produce ancora reddito e lavoro è la FCA a Termoli.
L’agricoltura e la zootecnia non riescono, se non con qualche lodevole eccezione, a decollare verso un biologico di eccellenza, mentre il turismo rimane quello del rientro degli emigrati o fa qualche passo avanti grazie all’impegno meritevole di alcuni giovani o di organizzazioni consolidate come il “Cammina, Molise!”.
Le soluzioni prospettate sono quelle del piano per l’Area di Crisi Complessa i cui fondi messi a disposizione del governo saranno davvero toppe così piccole che lasceranno il buco della disoccupazione quasi completamente aperto.
Si apre ora anche la prospettiva degli aiuti previsti per i 5.585 piccoli Comuni dalla legge Realacci finalmente approvata dal Parlamento e che occorre studiare analiticamente per utilizzarla al meglio.
Sono previsti 100 milioni di euro per la riqualificazione del patrimonio immobiliare dei centri storici, trasporti, banda ultralarga, cultura e istruzione, spalmati però in quote da 10 milioni per il 2017 e da 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023.
Ovviamente qui le necessità più impellenti e la valenza dei progetti si spera siano i criteri di attribuzione prioritaria dei fondi e perciò l’impegno degli amministratori dev’essere produttivo e vigile, anche se noi abbiamo fatto un po’ di calcoli e la quota spettante ad ogni Comune non è risicata, ma davvero risibile.
La tutela dell’ambiente in Molise è stata davvero carente al punto che i cittadini si sono più volte costituiti in comitati per difendere il territorio dagli sversamenti di rifiuti, dai veleni degli inceneritori, dalle dodicimila gran manze della Granarolo, dalle centrali a biomasse o dal proliferare di pale eoliche.
Taluni progetti sono stati bloccati dalle proteste, mentre altri purtroppo sono stati realizzati.
Sul piano delle comunicazioni la situazione è a dir poco disastrosa nella viabilità e nei trasporti, mentre da anni si blatera sulla banda larga quando ci sono zone, soprattutto nel Molise interno, in cui non solo manca una rete internet veloce, ma non si riesce neppure a ricevere tutti i canali TV.
Sul piano culturale c’è una situazione difficile nella scuola a livello strutturale, come di recente fa rilevare un’indagine di Cittadinanza Attiva, nella rete scolastica e nell’organizzazione dei piani di studio aggravata tra l’altro dai provvedimenti renziani definiti “la buona scuola”.
Cosa si faccia oggi poi per la promozione di una creazione autoctona di opere ed eventi di tipo letterario, artistico e musicale è di difficile comprensione visto che di momenti culturali sul territorio ce ne sono ben pochi e perfino l’utilizzo di strutture pubbliche per tali fini ha costi proibitivi.
Molti in questi anni hanno operato per elaborare idee di soluzione dei problemi della regione e per il suo sviluppo mettendosi a disposizione a livello di volontariato nel confronto di base e nel rapporto con le istituzioni, ma il dialogo è stato davvero difficile e talora impossibile come ad esempio nel caso della sanità e nell’organizzazione della rete scolastica.
Quando gli appunti critici sono seguiti da proposte pubbliche documentate sarebbe opportuno non demonizzarli o isolarli polemicamente, ma farne tesoro confrontandosi apertamente con chi li formula.
Spesso abbiamo scritto che, di fronte ai tanti problemi che attraversano la vita dei cittadini più emarginati, i molisani avrebbero bisogno di momenti di forte presa di coscienza sulla necessità di abbattere relazioni sociali di tipo clientelare per tornare ad educare tutti ad una cultura del lavoro, della legalità e dell’egualitarismo che poi significa la costruzione della giustizia sociale.
Individuati i problemi e cercate le soluzioni più appropriate, i cittadini hanno in ogni caso il dovere di impegnarsi per rivendicare diritti ed inchiodare ciascuno alle proprie responsabilità per sostituire le toppe inconcludenti con piani di sviluppo realistici ed adeguatamente finanziati soprattutto in settori legati alle vocazioni territoriali.
Il passo collaterale dev’essere quello di ricostruire una democrazia partecipata realizzando una rappresentanza che parta dalla base e che sia attenta alle necessità dei cittadini e non alle logiche del potere.
Siamo in prossimità di due turni elettorali nella prossima primavera.
Occorre esserci per davvero dando speranza di un futuro accettabile alle nuove generazioni in una regione che deve trovare risorse umane, culturali, economiche e sociali per dare ai giovani prospettive di vita senza immaginarsi per forza proiettati verso l’emigrazione!
di Umberto Berardo