Fui scolaro in Germania
I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre
di Vincenzo Colledanchise
30 ottobre 2020
Ho avuto la ventura di conoscere le fatiche degli emigranti italiani, ma nel contempo potendo studiare da ragazzo in Germania, ho avuto la possibilità di conoscere un popolo dalla mentalità diversa dalla nostra, e quindi di poter comparare da molti punti di vista le due realtà nazionali.
Frequentavo la VI classe in questo singolare Paese, che a solo venti anni dalla fine della guerra nella quale aveva sparso enorme terrore, era già risorto dalle macerie materiali, sviluppandosi economicamente, richiamando perciò molta mano d’opera nelle sue fiorenti industrie, soprattutto dall’Italia.
Eravamo in un villaggio della Baviera, Wilflingen , il maestro Leibold che abitava nella stessa scuola, impietositosi per il mio isolamento, concausa la difficile lingua, mi impartì lezioni di lingua tedesca a casa sua, gratuitamente.
A scuola si stava agevolmente tutto il giorno grazie ad intervalli regolari durante i quali si godeva sull’ampio piazzale anche di viveri e bibite presso la contigua rivendita.
La geografia ho potuto amarla mediante filmati, le scienze ho potuto approfondirle nell’opportuno laboratorio, la musica e la religione non erano affatto materie secondarie e godevamo mensilmente delle visite mediche specialistiche.
Lo sport veniva praticato da tutti, dal ciclismo al calcio, dallo sci al pattinaggio d’inverno. In estate si partecipava al campeggio col maestro, una sorta di corso di sopravvivenza.
Dalla stessa fabbrica metallurgica dove lavoravano i miei, appena udita la sirena di allarme posta sul tetto del municipio, alcuni lavoratori addestrati, insieme ad altri di altre fabbriche, lasciavano il lavoro per prelevare l’idoneo mezzo antincendio in dotazione al municipio e provvedevano ad estinguere l’incendio.
Gli stessi volontari pompieri, durante le feste, indossate le divise, formavano la banda musicale. Questi volontari si adoperavano pure per organizzare le feste tradizionali locali, come quella famosa del carnevale bavarese.
Ma la cosa più sorprendente era ammirare tanti lavoratori che, smesso di lavorare nel tardo pomeriggio, prendevano il trattore e si portavano a lavorare anche nei campi.
Le case del villaggio, formate da nuove villette con giardino, erano dotate delle contigue stalle i cui padroni non disdegnavano porre davanti alle loro belle case, concimaie piene di letame, preferendo la comodità d’uso e trascurando la sconcia visione del maleodorante letame.
Nonostante tutte queste situazioni diverse che in patria erano carenti, nonostante l’ordine e l’efficienza riscontrate con ammirazione, non vedevo l’ora di tornare in Italia .
(Foto: Wilflingen, villaggio della regione del Baden-Württemberg e le relative tipiche maschere di carnevale)
di Vincenzo Colledanchise