“Scusate se non siamo affogati”
All’improvviso squilla il telefono e poi il vuoto: dentro e fuori
di Ludovica Colangelo (da moliseweb.it)
11 aprile 2018
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All’improvviso squilla il telefono e dopo poco arrivano. Non hanno nomi ma numeri, sono sfiniti e ricchi di cicatrici sul corpo e nell’anima. E poi inizia la dura battaglia contro i pregiudizi e contro il vuoto.
“Ci troviamo a combattere la noia -spiega Annalisa Carrelli, psicologa del Cas Cascina Garden- e la fatica del non fare niente. Rinchiudere delle persone in un luogo senza la possibilità di integrarsi, uscire, vedere un posto nuovo è una forma di tortura”. Perchè in fondo è semplice puntare il dito ma in quanti si chiedono davvero cosa si cela dietro il dolce far niente da tanti incriminato “in molti hanno disturbi post traumatici da stress come insonnia, avvenimenti che ritornano alla memoria, stati d’ansia. In alcuni casi vivono anche un poco di depressione legata alla distanza dai familiari o ai lunghi tempi di detenzione in Libia dove vengono venduti, sfruttati, violentati”.
Ma a loro la forza e la speranza non manca nonostante l’isolamento, gli sguardi pesanti, i gesti che ti segnano l’anima “c’è chi vuole studiare e, in questo caso, frequentano le scuole dell’obbligo o la scuola per stranieri. Poi c’è chi esprime il desiderio di lavorare”. Insomma nulla di straordinario, proprio come accade per qualsiasi ragazzo italiano “per il lavoro riscontriamo dei problemi dal punto di vista burocratico e questo vale anche per quello socialmente utile. Il centro per cui lavoro ha chiesto al Comune di integrare i ragazzi nel volontariato ma non abbiamo avuto risposte”.
L’ozio tuttavia non fa da padrone “stiamo facendo dei progetti con le scuole per diffondere il tema dell’accoglienza e con una casa di riposo a livello di volontariato. In attivo, inoltre, ci sono dei laboratori di disegno e musica anche se sarebbe bello avere più volontari. Per la musica abbiamo fatto anche dei concerti in Chiesa nonostante loro siano musulmani. Bisogna abbattere determinati pregiudizi. Pur mantenendo salde le loro origini hanno aderito al progetto senza problemi”.
Poi c’è anche chi si perde lungo il percorso “la criminalità c’è e ci sarà sempre. Ci sono i più fragili che, spesso, si trovano in dei giri senza volerlo oppure lo fanno perchè il loro destino è segnato in Libia”.
Un piccolo quadro per fotografare dei semplici esseri umani “c’è chi è aperto all’accoglienza ma anche chi non lo è. Ho visto ragazzi piangere e stare davvero male per offese ricevute o atteggiamenti subiti”.
di Ludovica Colangelo (da moliseweb.it)