In fiamme lo stabile per i profughi a Pescolanciano
L’amara impossibilità culturale di andare oltre
di Giuseppe Tabasso (da ilbenecomune.it)
05 giugno 2018
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LA NOTIZIA
Un incendio ha distrutto il vano di uno stabile di Pescolanciano (Isernia) che avrebbe dovuto ospitare un Cat, centro di accoglienza temporanea, con 15 richiedenti asilo gestito da una Cooperativa privata. I carabinieri hanno sequestrato l’immobile e indagano per incendio doloso. Nei giorni scorsi il sindaco, Manolo Sacco, aveva incontrato i cittadini che avevano espresso contrarietà all’accoglienza di adulti, dando la disponibilità solo per minori non accompagnati. Mentre il proprietario dello stabile, un pescolancianese, aveva subito atti vandalici nella cappella di famiglia del cimitero del paese. Le fiamme sono state notate durante la notte. Da qui la richiesta d’intervento ai Vigili del Fuoco e le operazioni di spegnimento. I danni – secondo quanto si apprende da fonti ufficiali – sarebbero limitati solo al vano già allestito con letti e armadietti per accogliere i migranti, la restante parte sarebbe solo annerita dal fumo (Ansa-Molise)
IL COMMENTO
Un intero paese, Pescolanciano, minaccia compatto le barricate per impedire l’allocamento di 15 migranti (circa uno ogni sessanta abitanti).
E’ un fenomeno di rigetto al quale ci stiamo assuefacendo a dispetto di antiche tradizioni di accoglienza, ma sappiamo che su queste reazioni popolari giocano vari fattori, tra cui la paura del “diverso”, un certo provincialismo xenofobo e un clima politico che avvelena i pozzi della solidarietà umana. Sta di fatto che, Pescolanciano (meno di 900 anime che in 80 anni ne ha perse più di mille), non vuole che la purezza del borgo venga, nemmeno di passaggio, violata da impronte “altre”.
La vicenda è divenuta un caso per una protesta prima degenerata con atti vandalici su una cappella mortuaria deturpata nottetempo da intollerabili scritte oscene e poi con l’incendio appiccato alla struttura di accoglienza temporanea (Cat). Entrambe di una stessa famiglia. Naturalmente la vicenda ha assunto risvolti politici. Casa Pound l’ha subito cavalcata inviando un messaggio di solidarietà di pura marca razzista al sindaco Sacco (spero imbarazzato), il quale ha inviato a sua volta una richiesta di aiuto, anch’essa imbarazzante proprio al neo ministro degli Interni Salvini (quello che ha annunciato la fine della “pacchia”). E le forze politiche regionali? Almeno finora nessuna presa di posizione su tutta la vicenda. Si può capire la Lega, che su questo fa da sempre commercio elettorale, e perfino i 5 Stelle che da sempre sono “trasversali”: quello che non si riesce proprio a capire è l’assordante silenzio di tutta la sinistra, da Potere al Popolo fino al PD.
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Detto questo, bisogna tornare all’inizio della protesta e a quanto dichiarò a caldo il sindaco Sacco a <primonumero.it>. Con poche e per nulla superficiali parole egli così sintetizzò la situazione: “non siamo socialmente e culturalmente pronti per accogliere i migranti”. Sacco dunque respinge il razzismo ma riconosce una realtà e lo fa con un senso di amarezza e purtroppo di resa. Un aspetto che mi è parso di cogliere tenendo conto che il primo cittadino stravinse le elezioni comunali alla testa di una lista civica che, pensate un po’, aveva un nome bello quanto impegnativo ma che ora suona inappropriato e addirittura beffardo: “Andiamo oltre”. E cos’è il senso da attribuire a questo “oltre” se non la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare? Un miglioramento nel superamento che si è risolto in un peggioramento nell’arretramento. Una sconfitta di quell’impulso positivo che è insito nell’Andiamo oltre. Perciò Sacco dovrebbe dimettersi, non per aver sbagliato il logo della sua lista ma per aver sbagliato paese. E il suo fallimento politico è un fallimento culturale che supera l’orizzonte di un campanile e va molto al di là di Pescolanciano.
di Giuseppe Tabasso (da ilbenecomune.it)