• 01/15/2025

La costa non è una linea

Nell’approssimarsi del mare, il Molise mosso e rugoso diventa piatto e dolce, un ambiente fragile di campi, dune e pantani, in certi periodi storici selvaggio e inospitale

di Rossano Pazzagli (da lafonte.tv)

15 Gennaio 2025

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Quasi 40 anni fa, nel mese di agosto del 1985, il giornalista Michele Serra, allora trentenne, a bordo di una Panda percorse tutte le coste italiane, isole escluse, da Ventimiglia a Trieste. Ogni sera si fermava per dettare al suo giornale – l’Unità – un articolo su un tratto di litorale descrivendo luoghi, persone, abitudini, bellezze e bruttezze, facendo così un ritratto dello sviluppo italiano, che ha “valorizzato” e sfregiato le coste del Bel Paese. L’anno dopo, Serra raccolse i 30 articoli in un libro, ristampato quattro anni più tardi dall’editore Feltrinelli con le illustrazioni di Sergio Staino (M. Serra, Tutti al mare, Feltrinelli 1990). Nella nota alla seconda edizione, l’autore invitava a leggere le nostre coste come espressione della “decrepita modernità dello sviluppo italiano”.
Quello costiero è un ecosistema fragile, nel quale insistono processi naturali e attività antropiche che sommandosi cambiano continuamente il margine della penisola. Un margine che in molti casi è diventato centro. Specialmente a partire dalla metà del ‘900, lo scivolamento verso il mare delle attività economiche, dei servizi e della popolazione italiana, ha determinato una crescente pressione sulle coste, una litoralizzazione della società come contraltare dello svuotamento delle aree interne, cioè delle campagne e dei paesi che fin dal medioevo erano sorti e cresciuti nelle alture di un Paese formato quasi all’80% da colline e montagne, contornato da circa 8.000 chilometri di costa. Quello tra le aree interne e le coste è stato a lungo un rapporto strategico, una densa rete di relazioni che innervavano i fondovalle quasi sempre in senso ascendente, perché la vita era lassù; però la costa e il mare erano comunque necessari per i commerci, le transumanze, le pianure, la mobilità su più lunghe distanze. Solo in tempi più recenti c’è stata l’alluvione demografica: dalle aree interne alle coste, come l’acqua che va al mare: si aprivano i vuoti e si riempivano i pieni, fino a farli diventare troppo pieni. Il rapporto costa/entro- terra si è spezzato. Così è stato in gran parte d’Italia e così è successo per le regioni del medio Adriatico, come le Marche, l’Abruzzo, il Molise.
Michele Serra saltò il Molise, unica regione marittima a cui non riservò un articolo. Si fermò a Termoli di sera, ma solo per telefonare alla redazione l’articolo sul Gargano, poiché da Vieste non gli era stato facile chiamare (era ancora il tempo dei telefoni a gettone). Per l’articolo del giorno successivo era già in Abruzzo, alle prese con la vita da spiaggia di Silvi Marina. In effetti il Molise, piccola regione italiana del sud-est, ha solo un breve tratto di costa: 36 chilometri di territorio tra i comuni di Campomarino e Montenero di Bisaccia, passando per Termoli e Petacciato. Ma anche in questo caso la costa non è una linea, né una de- marcazione netta tra mare e terraferma; occorre piuttosto guar- dare alla costa come a un’ampia fascia di territorio più o meno profonda che si riferisce ad un unico sistema ambientale e produttivo, che abbraccia il mare, le aree palustri, le pianure, i boschi fino alle colline più interne, le valli dei corsi d’acqua che risalgono dalla foce. Un ambiente mutevole e incerto, dunque, attorno al quale si snoda un’ area territoriale e sociale sempre in cerca di sé stessa, con un’identità sfuggente e quindi per sua natura aperta ai venti e ai forestieri, come ebbe a dire Luciano Bianciardi per un’area come la Maremma, situata sul Tirreno, ma non del tutto dissimile.
Nell’approssimarsi del mare, il Molise mosso e rugoso diventa piatto e dolce, un ambiente fragile di campi, dune e pantani, in certi periodi storici selvaggio e inospitale, tanto che i centri abitati di riferimento – Guglionesi, San Giacomo, Petacciato, Montenero, sono rimasti all’interno, adagiati sulle colline prospicienti, concedendo al mare solo timide marine. Oggi questa fascia costiera è attraversata longitudinalmente dalle arterie viarie della ferrovia, dell’autostrada e della strada adriatica, conserva un patrimonio territoriale significativo nel quale si incontrano valori ambientali, culturali, agrari e paesaggistici che rappresentano le sue principali risorse di base. Il mare, la spiaggia, le dune, la piana tratturale, i resti delle vecchie torri a difesa del litorale, il piede delle colline dove cominciano gli ulivi e le vigne, le infrastrutture e le piccole attività turistiche compongono un sistema territoriale integrato, insidiato ma non ancora del tutto compromesso. Per questo deve essere conosciuto e tutelato, difeso dai rischi dell’erosione, della cementificazione, dell’inquinamento e in generale da una gestione non sostenibile delle risorse naturali, da quella “decrepita modernità” fatta di cemento e di impianti industriali o energetici nei campi.
Teniamo conto che le coste italiane sono la porzione di territorio che negli ultimi 50 anni ha subìto le maggiori trasformazioni, aggredite da terra e da mare, trasformate e degradate da case, alberghi, palazzi, porti e industrie. Partiamo da qui per fermare l’assalto alle coste.

di Rossano Pazzagli (da lafonte.tv)

15 Gennaio 2025

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