Giovani, Europa e aree interne
Una call to action per il futuro dei territori rurali
di Ortica (da orticalab.it)
31 Gennaio 2025
L’associazione “Give Back-Giovani Aree Interne” chiama a raccolta la generazione Under 40 per ripensare il futuro dei territori marginali, montani e rurali in Italia e in Europa. La call to action – nata nell’ambito di Erasmus Ruralthon con l’Università di Torino – punta ad azioni concrete coinvolgendo istituzioni e comunità. Un’opportunità per dare voce a chi vive e vuole cambiare questi luoghi.
In che modo i giovani abitanti delle aree interne, rurali e montane – in Italia e in Europa – possono contribuire attivamente allo sviluppo di questi territori? Quali proposte e azioni concrete si possono immaginare per supportare la partecipazione di questo segmento di popolazione?
Per rispondere a queste domande, l’Associazione Give Back Giovani Aree Interne presenta la prima call to action sul tema della partecipazione giovanile nelle aree interne, rurali e periferiche italiane ed europee, sperando che questo progetto possa favorire sia l’analisi scientifica, sia quegli interventi pratici necessari per affrontare in modo innovativo le sfide che interessano queste aree, con uno sguardo più ampio.
Attraverso una base conoscitiva più solida, questo approfondimento ha l’obiettivo di contribuire al dibattito culturale attuale sui temi dello sviluppo e del potenziamento dei territori interni, mettendo in evidenza le opportunità e le difficoltà che caratterizzano la partecipazione giovanile in questi territori. Il fine ultimo consiste nella promozione di un dialogo costruttivo e coinvolgente, strutturato su buone pratiche e strategie, in grado di sostenere e valorizzare il contributo dei giovani ai processi decisionali che riguardano e hanno un impatto nelle aree interne e rurali in Italia e in Europa.
Un documento che ha l’ambizione di arrivare a decisori politici, rappresentanti istituzionali, attori del terzo settore e a tutti coloro che, in vari modi e con approcci diversi, si occupano di partecipazione da una prospettiva integrata, che poggia su tre tematiche principali: giovani, Europa e aree interne.
Give Back Giovani Aree Interne è un’associazione di promozione sociale fondata il 29 dicembre 2022. Si tratta del primo Think Tank italiano costituito dai giovani che abitano le aree interne e rurali del paese. Si rivolge a studenti, ricercatori, professionisti in ambito economico, sociale e culturale, con l’obiettivo di organizzare iniziative di confronto tra giovani e decisori politici ed elaborare proposte di policy-making sul tema delle aree interne, ispirandosi ai valori dell’Unione Europea. Poggia su comitato scientifico composto da accademici, rappresentanti del settore imprenditoriale e della pubblica amministrazione e questa analisi sulla partecipazione dei giovani delle Aree Interne è un output del progetto Erasmus RURALTHON organizzato dall’associaizone, con il co-finanziamento dell’Unione Europea, nel comune di Bagnoli Irpino dal 27 luglio al 2 agosto 2024.
La call to action è stata realizzata in collaborazione con la cattedra Jean Monnet Com4T.EU (Communicating for transitions in Europe) dell’Università degli Studi di Torino. Noi ve la proponiamo nella sua interezza, con i testi di Sara Pane: Joint International Doctorate in Social Representations, Culture and Communication alla Sapienza Università di Roma. Ricerca svolta nell’ambito del progetto finanziato dall’Unione europea- Next Generation EU, Missione 4 Componente 1 CUP B83C22003510006. Anche coordinatrice comunicazione della cattedra Jean Monnet Com4T.EU, Università di Torino. E di Marta Fornacini, collaboratrice comunicazione della cattedra Jean Monnet Com4T.EU all’Università di Torino. Ma si può scaricare anche QUI.
IL CONTESTO
Il dibattito pubblico sul ruolo dei giovani delle aree interne in Italia e in Europa spesso riflette un deficit di democrazia, informazione, comunicazione e partecipazione. Le aree rurali in Europa occupano l’80% del territorio e accolgono circa il 30% della popolazione. Nel contesto della programmazione 2021- 2027 della Strategia Nazionale aree interne operata dall’Agenzia per la Coesione Territoriale, le aree interne italiane interessano 1904 comuni ripartiti tra le regioni del Nord, Centro e Mezzogiorno ed un totale di ben 4.570.731 abitanti (Dipartimento per le Politiche di Coesione, 2020).
Si tratta di dati importanti su cui i decisori politici, insieme alla comunità accademica, al mondo del lavoro e, più in generale, alla società civile sono ritornati più volte per progettare, insieme alle comunità che abitano questi territori, delle proposte di policy innovative. I cittadini delle aree interne affrontano sfide uniche che possono includere la mancanza di infrastrutture, servizi essenziali e opportunità economiche. Possono, inoltre, essere isolate e avere difficoltà ad accedere alle informazioni e alle risorse necessarie per partecipare attivamente al dibattito pubblico e ai processi decisionali. Questo su scala nazionale, ma anche a livello europeo, per via della più ampia percezione del divario che separa il centro istituzionale localizzato nelle grandi capitali europee dalle periferie territoriali degli stati membri.
In questo contesto, si inserisce la riflessione sui giovani e sul loro ruolo nel contribuire allo sviluppo sostenibile e inclusivo delle aree interne, rurali e periferiche italiane ed europee. Mancano le opportunità, ma anche le prospettive. Lo conferma il fenomeno, in atto ormai da anni, della cosiddetta “fuga di cervelli”. Sempre più giovani promettenti scelgono di lasciare le loro terre in cerca di maggiori opportunità, contribuendo così all’impoverimento del capitale umano e sociale delle loro comunità. Tuttavia, molti di loro sentono il desiderio di tornare a vivere nei luoghi d’origine dopo un periodo trascorso altrove. In questo contesto, diventa fondamentale capire come coinvolgere questi giovani nel dibattito pubblico, per sviluppare insieme idee e progetti condivisi. Sensibilizzare i giovani abitanti delle aree interne alle pratiche attive di cittadinanza e ai valori europei di cooperazione, dialogo e scambio diventa così prioritario per il rilancio delle aree interne italiane in una doppia prospettiva giovanile ed europeista, contribuendo alla vitalità della democrazia europea che identifica nelle pratiche di partecipazione bottom-up uno dei suoi principali pilastri.
RADICI
Il senso di appartenenza territoriale è un elemento radicato e diffuso su tutto il territorio italiano, ma risulta ancora più intenso se si guarda alle aree interne, rurali e montane dell’Italia e dell’Europa cui si riferisce il concetto di “radici”, che riflette il profondo legame del cittadino con il proprio territorio e comunità di origine. Per i giovani, spesso questi territori incarnano il legame con i propri cari, con la natura e con le tradizioni che, nonostante la modernizzazione e la globalizzazione, rimangono vive, vengono tramandate di generazione in generazione e contribuiscono alla formazione di un’identità locale unica e distintiva. Ciononostante, l’andamento demografico ed economico nelle aree interne, rurali e montane italiane ed europee pone delle grandi sfide.
Due fenomeni, in particolare, stanno incidendo profondamente su questi territori.
Da un lato, l’invecchiamento della popolazione e dall’altro l’emigrazione che, insieme, determinano un crescente processo di spopolamento. L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) hanno documentato questa pericolosa realtà contestualmente al caso italiano.
Dal 2014 ad oggi, le aree interne italiane hanno subìto un calo della popolazione di circa il 5%, una percentuale significativamente più alta rispetto alla media nazionale che si attesta intorno al 2,2%. Per affrontare in modo efficace questa problematica complessa e multidimensionale, è necessario un intervento strutturato che coinvolga tutti gli attori che operano nelle aree interne, rurali e montane.
Tra questi, il Terzo Settore può svolgere un ruolo cruciale nel promuovere un contesto attivo e dinamico che incentivi la partecipazione attiva dei giovani. Iniziative svolte proprio in questi territori, come quelle previste dal programma Erasmus+, offrono ai giovani l’opportunità di scoprire o riscoprire le aree interne osservandole attraverso una prospettiva innovativa, capace di metterne in luce anche le potenzialità latenti. Questo approccio contribuisce a stimolare idee innovative, incentivando i giovani a considerare un eventuale investimento personale o professionale in questi contesti. Parallelamente, il Terzo Settore svolge un ruolo fondamentale nel mantenere vivo il legame con il territorio di origine anche per coloro che, pur vivendo, studiando o lavorando altrove, desiderano continuare a contribuire al miglioramento della propria comunità, spesso nell’ottica di un possibile ritorno alla propria terra. Questo può avvenire attraverso eventi organizzati direttamente nei territori (summer school, hackathon, e tavole rotonde) che consentono di entrare in contatto con la comunità, raccogliere le loro necessità ed esigenze, e proporre idee nuove, giovani e innovative.
COMPETENZE
In un contesto dinamico e in costante evoluzione come quello attuale, risulta fondamentale per i giovani delle aree interne, rurali e montane sviluppare un insieme di competenze, sia tecniche (hard skills) che trasversali (soft skills). Questo obiettivo risponde a una duplice necessità. A livello individuale, le competenze adeguate permettono ai giovani di inserirsi con successo in un mercato del lavoro sempre più competitivo. A livello collettivo, questo processo contribuisce in modo significativo allo sviluppo economico, sociale e culturale dei territori. Le aree interne, però, spesso non dispongono delle risorse necessarie per fornire ai giovani gli strumenti adeguati per sviluppare queste competenze in logica competitiva.
La carenza di istituzioni educative, quali scuole superiori specializzate, corsi di formazione e aggiornamento, università e programmi di alta formazione, rappresenta un limite strutturale per questi territori. Di conseguenza, molti giovani si ritrovano costretti a trasferirsi nelle grandi città oppure a emigrare all’estero, amplificando il divario tra aree urbane e rurali e contribuendo al loro stesso impoverimento demografico e socioculturale. In alcuni casi, i giovani scelgono di tornare nel proprio territorio di origine, portando con sé un bagaglio di conoscenze e abilità da investire, mettere al servizio e in qualche modo restituire (give back) alle rispettive comunità locali. Tuttavia, questo ritorno non avviene sistematicamente e, anzi, nella maggior parte dei casi i giovani altamente qualificati non rientrano nelle aree interne, che raramente risultano attrattive per loro. I dati forniti dall’ISTAT evidenziano la portata di questo fenomeno: tra il 2002 e il 2022, circa 330.000 giovani laureati hanno lasciato le aree interne per trasferirsi nei centri urbani, mentre 45.000 hanno scelto di emigrare all’estero.
A compiere il percorso opposto, invece, sono stati in totale 215.000 segnando così una perdita netta di capitale umano stimabile in circa 160.000 giovani qualificati. Il Terzo Settore nelle aree rurali ha la capacità di promuovere lo sviluppo delle skills attraverso strumenti e pratiche di educazione non formale. In particolare, programmi come i training e i progetti Erasmus+ offrono opportunità preziose per i giovani, permettendo loro di acquisire competenze relazionali e professionali importanti. Sebbene queste iniziative non possano risolvere completamente il problema della carenza di competenze, forniscono comunque risorse aggiuntive che favoriscono la crescita personale e professionale dei partecipanti. Inoltre, queste esperienze possono contribuire a creare reti di collaborazione tra i giovani, facilitando l’inserimento nel mercato del lavoro e lo sviluppo di comunità più resilienti e coese.
DIGITALE
Il digitale rappresenta uno dei fattori chiave per lo sviluppo inclusivo e sostenibile delle aree interne, rurali e montane italiane ed europee. Sebbene la transizione digitale costituisca una priorità delle strategie politiche nazionali ed europee e di numerosi piani d’azione promossi da enti e gruppi privati, il divario digitale tra le aree urbane e i territori rurali persiste.
L’inadeguatezza delle infrastrutture, come nel caso della connettività a banda ultralarga veloce che continua a rappresentare una sfida nelle aree periferiche, e delle competenze digitali da parte di privati, attori pubblici e cittadini, definiscono un contesto di riferimento che richiama l’intervento dei decisori politici e di tutti gli stakeholders che hanno un ruolo attivo nel processo di digitalizzazione dei territori. Studi e ricerche sulla questione dimostrano che l’accesso ad una connessione internet ad alta velocità costituisce un vantaggio competitivo per le attività economiche e produttive e consente, come nel caso dello smartworking, la riorganizzazione più agile del lavoro e il miglioramento della qualità della vita, proponendo così una potenziale soluzione alla densità abitativa delle grandi città. Il digitale potrebbe quindi rendere questi territori più attraenti, soprattutto per le giovani generazioni. Il Terzo Settore gioca un ruolo cruciale in questa discussione, in particolare nello sviluppo delle competenze digitali. Questo può avvenire attraverso l’organizzazione di corsi, con la possibilità di ottenere un cofinanziamento da attori pubblici e/o privati (come nel caso del programma Erasmus+), e attraverso la sensibilizzazione delle comunità locali, in particolare dei giovani, nei confronti del digitale e dell’alfabetizzazione mediatica.
COMUNITÁ
Le aree interne sono costituite da un insieme di piccoli comuni e caratterizzate da scarse connessioni infrastrutturali che ne determinano un conseguente isolamento, anche sociale. Nella maggior parte dei casi, però, questi territori presentano forti legami reciproci e condividono tradizioni e risorse. Per questo motivo, è necessario riflettere su azioni concrete e mirate in grado di incentivare e facilitare la creazione di comunità in questo specifico orizzonte di riferimento.
Con il termine comunità si intende un “Insieme di persone che hanno comunione di vita sociale, condividono gli stessi comportamenti e interessi; collettività”. La creazione di comunità di apprendimento e di scambio è potenzialmente in grado di migliorare le condizioni di vita delle aree che condividono sfide comuni legate a questioni economiche, sociali e territoriali. A questo fine è necessario co-creare, attraverso processi che uniscano lo sforzo istituzionale a quello più tipico degli approcci dal basso, un contesto che favorisca lo scambio e la collaborazione rispetto a interventi autonomi e isolati. In ciò, il ruolo della società civile organizzata costituisce un elemento di forza. Il contributo del Terzo Settore e dei corpi intermedi è di vitale importanza per colmare quel vuoto istituzionale che si avverte maggiormente nei territori rurali, montani e periferici.
La costruzione di questo tipo di comunità già avviene in determinati contesti e può riguardare diversi ambiti, tra cui l’agricoltura, il turismo, i servizi essenziali e la protezione ambientale. Un ambito di riflessione importante, in questo senso, è rappresentato dalle Green Communities e dai Gruppi di Azione Locale (GAL) che aprono un nuovo percorso “di comunità vive”, creando un interessante binomio tra la transizione verde e l’innovazione funzionale allo sviluppo territoriale, specie nel contesto delle aree interne, rurali e montane. Il Terzo Settore, in particolare quello a guida giovanile, e i corpi intermedi sostengono lo sviluppo sostenibile e resiliente dei territori rurali e di montagna, favorendo la nascita e la crescita di comunità locali, anche tra loro coordinate e/o associate.
SOLIDARIETÁ
La costruzione di comunità nelle aree interne, come discusso nel punto precedente, può essere agevolata dalla presenza di una caratteristica peculiare che distingue questi territori: la solidarietà. In un’accezione etica e sociale, il termine solidarietà viene definito come un “rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettività nel sentimento appunto di questa loro appartenenza a una società medesima e nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità”.
La condivisione di uno stesso territorio, dai confini spesso limitati, e la conoscenza reciproca tra gli abitanti di comunità di piccole dimensioni favoriscono la consapevolezza dell’importanza di evitare l’isolamento sociale. Questo contesto stimola gli abitanti a vivere il proprio paese con un senso di collettività e solidarietà che raramente si riscontra in altre realtà territoriali. Nel contesto specifico delle aree interne, rurali e montane è necessario riflettere su una dimensione specifica di questo valore: la solidarietà intergenerazionale.
Questo concetto si riferisce al sostegno e alla cooperazione tra diverse generazioni, in cui le persone di età diverse (ad esempio, giovani e anziani) si aiutano e si sostengono a vicenda. Questo tipo di solidarietà implica la condivisione di risorse, conoscenze, esperienze e valori, creando legami di fiducia e comprensione tra le generazioni. La solidarietà intergenerazionale promuove un ambiente in cui i cittadini con diverso profilo demografico collaborano, risolvono problemi comuni e affrontano sfide sociali, economiche e culturali. La solidarietà intergenerazionale può manifestarsi in vari contesti, ad esempio attraverso le attività di volontariato e la valorizzazione delle reti sociali, rendendo ancora più evidente il ruolo del Terzo Settore nel promuovere una società più giusta ed inclusiva. Le aree interne possono, potenzialmente, svolgere il ruolo di catalizzatori del cambiamento sociale, così come affermato da Don Luigi Piazza: «Mi pare di poter dire che solo dalle periferie può partire e avere seguito un cambiamento autentico della società e del mondo, per il quale le parole giustizia, accoglienza, pace, custodia di tutti i viventi, solidarietà e verità diventino esperienza quotidiana».
IO CONTO
I giovani manifestano un crescente senso di disillusione e sfiducia verso la classe politica, percepita come distante e poco attenta ai loro bisogni e alle loro necessità. Questa percezione ha portato a un progressivo allontanamento delle nuove generazioni dalle forme tradizionali di partecipazione politica, legate ai partiti e all’espressione elettorale, a favore di modalità più innovative e flessibili di impegno nella vita pubblica.
Queste soluzioni, rappresentate dall’attivismo e dal mondo dell’associazionismo, sono più orientate verso iniziative collettive e trasversali che riflettono la complessità della loro identità sociale e culturale. Tali processi diventano particolarmente rilevanti proprio nelle aree interne, rurali e montane per via di una condizione di “perifericità” rispetto ai centri decisionali. In particolare, il segmento più giovane della popolazione (18-35) che abita queste zone percepisce le proprie esigenze come irrilevanti nel panorama decisionale nazionale e non ritiene che la propria voce possa concretamente contare.
Questa situazione rende fondamentale un intervento mirato a sviluppare nei giovani una maggiore consapevolezza politica e sociale. Iniziative educative e di sensibilizzazione a guida del Terzo Settore sono potenzialmente in grado di promuovere una partecipazione più attiva e consapevole, aiutando i giovani a comprendere l’importanza del loro contributo alla vita pubblica, sia a livello locale che nazionale ed europeo. Questo può avvenire ad esempio attraverso l’organizzazione di tavole rotonde, webinar e, più in generale, di momenti di confronto tra i vari stakeholders coinvolti nei processi decisionali.
RETE
Le aree interne, rurali e montane presentano frequentemente caratteristiche, risorse, punti di debolezza e problematiche simili, soprattutto all’interno di una medesima area geografica. Questo rende necessaria l’attivazione di collaborazioni strategiche e la creazione di reti a tutti i livelli, rinsaldando così il capitale umano e sociale radicato nei territori. Per dirlo altrimenti, fare rete diventa una strategia per la valorizzazione di questi specifici territori. A questo fine si rende necessario promuovere, anche attraverso pratiche innovative e non formali, la collaborazione tra i diversi attori della governance locale: il settore privato, le amministrazioni pubbliche, il mondo della ricerca, il Terzo Settore e più in generale la società civile.
Queste interazioni possono avvenire sia a livello locale, all’interno di un singolo contesto territoriale, sia su una scala più ampia, favorendo lo scambio e la condivisione di risorse, competenze e conoscenze tra diverse aree geografiche.
La creazione di un modello che incoraggi i piccoli comuni a collaborare ed unirsi è una pratica già sperimentata nelle aree interne italiane che rappresenta il concetto di rete per affrontare sfide condivise. La Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) e Formez PA hanno sostenuto la costruzione di sistemi intercomunali, con l’obiettivo di fare luce su punti di forza e debolezza dei territori e restituire competitività ed attrattività a oltre mille piccoli centri abitati. In questo scenario, il Terzo Settore assume un ruolo di facilitatore, grazie alla sua capacità di collaborare e intermediare con gli attori presenti sul territorio. Esso svolge un ruolo cruciale nell’organizzazione di momenti di confronto strutturati tra la cittadinanza e le amministrazioni locali, come nel caso di forme sperimentali di consultazioni pubbliche con gli stakeholders e le istituzioni, permettendo l’empowerment dei cittadini e una reciproca comprensione con i decisori politici.
Il Terzo Settore può agire, inoltre, come intermediario per favorire la costruzione di network che superano i confini del proprio territorio, consentendo la messa in condivisione di esperienze e buone pratiche funzionali alla creazione di nuove sinergie tra comunità che affrontano sfide simili, anche in territori distanti tra loro, e alla realizzazione di modelli di sviluppo replicabili.
DIALOGO
La costruzione di relazioni solide tra cittadini e istituzioni, menzionata al punto precedente, rappresenta un elemento cruciale per promuovere un dialogo efficace e inclusivo tra tutti gli attori coinvolti nella governance delle aree interne, rurali e montane italiane ed europee. Per risultare efficace, questa comunicazione deve essere strutturata orizzontalmente, evitando approcci unidirezionali di tipo top-down, in cui le decisioni vengono calate dall’alto senza un effettivo confronto con la comunità. Lo scambio deve, piuttosto, essere bidirezionale, consentendo ai cittadini di esprimere le proprie necessità e priorità, dando spazio alla dimensione bottom-up.
Questo approccio partecipativo di codesign degli interventi pubblici consente di progettare, secondo una logica di co-partecipazione, strategie di intervento e politiche pubbliche potenzialmente più efficaci per lo sviluppo sostenibile e inclusivo dei territori. Il dialogo non dovrebbe limitarsi a una singola comunità locale, bensì estendersi a livello geografico, coinvolgendo territori che condividono condizioni e sfide simili.
La creazione di uno spazio di confronto orizzontale tra decisori politici, cittadini e stakeholders di diverse aree può favorire lo scambio di buone pratiche, replicabili in contesti differenti, e il trasferimento di conoscenze utili a generare soluzioni innovative e scalabili. Il Terzo Settore può giocare un ruolo fondamentale in questo processo. Grazie alla sua capacità di sviluppare buone pratiche, aggregare e intermediare tra i diversi attori coinvolti nella governance territoriale, può facilitare la creazione di spazi strutturati di confronto su temi specifici, come nel caso della partecipazione giovanile di cui tratta questa call to action. Attraverso iniziative come programmi di scambio, panel tematici e pubblicazioni, il Terzo Settore può favorire il dialogo tra cittadini, associazioni, ricercatori e decisori politici, ampliando il raggio d’azione delle buone pratiche al di fuori dei confini locali.
VOTE FOR EU
Il dato relativo alle elezioni europee di giugno 2024 evidenzia un’importante crisi di partecipazione: per la prima volta in Italia l’affluenza al voto UE si è attestata poco sopra il 48%, al di sotto della media europea (50%). Il dato risulta ancora più preoccupante se si guarda alla partecipazione dei più giovani: in Europa è andato a votare il 46% dei cittadini tra i 25 e i 39 anni, e solo il 36% se si considera la fascia 15-24 (tenendo conto solamente di coloro che dispongono del diritto di voto). La partecipazione giovanile è quindi calata del 6% rispetto al 2019. Tale risultato rappresenta un chiaro segnale della crescente distanza percepita dai cittadini nei confronti della politica europea, specialmente nelle aree più svantaggiate come quelle rurali, interne e montane.
Gli abitanti di queste zone, in particolare i giovani, esprimono preoccupazione per la distanza dai centri decisionali europei e mostrano una partecipazione al voto inferiore. Le elezioni europee continuano ad essere subordinate a quelle nazionali e la difficoltà delle istituzioni comunitarie nel comunicare efficacemente, insieme alla scarsità di programmi scolastici sull’UE a livello locale, contribuiscono alla scarsa conoscenza dell’Europa nei territori. Soprattutto, nelle aree più periferiche. In questo contesto, il Terzo Settore può svolgere un ruolo fondamentale creando un collegamento tra l’Europa e i territori attraverso iniziative pratiche per sensibilizzare i cittadini e rendere più tangibili le ricadute delle politiche comunitarie a livello locale.
Queste iniziative possono includere tavole rotonde, programmi di scambio (anche attraverso il cofinanziamento da parte dell’UE), webinar e dirette sui social, oltre alla creazione di contenuti audiovisivi e alla partecipazione ad eventi. Dal punto di vista formativo, l’organizzazione di corsi sulla progettazione europea e attività di monitoraggio civico per i progetti finanziati dall’UE a livello locale possono migliorare la comprensione dell’Unione da parte dei cittadini e favorire una maggiore partecipazione alla vita pubblica, compresa quella elettorale. Target privilegiato di queste attività risiede nei segmenti più giovani della popolazione (18-35).
LOBBYING CIVICO
Le istituzioni, a ogni livello di governance, devono essere in grado di accogliere e integrare le istanze provenienti dal basso e dai vari comparti della società civile. Questo processo richiede un’apertura costante all’incontro e all’ascolto, oltre che la capacità di sintetizzare, nella decisione finale, le diverse posizioni espresse dagli attori che hanno preso parte al gioco degli interessi.
Il settore privato esercita tradizionalmente una pressione sui decisori politici attraverso un dialogo costante che prende il nome di lobbying, influenzando l’ideazione e la realizzazione delle politiche pubbliche sulla base dei propri interessi. Analogamente, il Terzo Settore può svolgere lo stesso ruolo attraverso il cosiddetto lobbying civico, una forma innovativa di partecipazione politica e attivismo che mira a rappresentare i cittadini e gli interessi collettivi. L’attività di lobbying portata avanti dal Terzo Settore e della società civile permette anche ai cittadini di contribuire al processo decisionale, un’attività che risulta essenziale per il funzionamento di ogni democrazia. Questa forma di partecipazione assume una rilevanza particolare nelle aree interne, rurali e montane, dove gli abitanti spesso percepiscono una forte distanza dalle istituzioni. In questi contesti, il ruolo del Terzo Settore può essere quello di colmare questo divario, rappresentando e facendosi portavoce delle istanze provenienti dalle comunità locali.
Dopo aver raccolto e compreso i bisogni e le richieste dei cittadini, il Terzo Settore diventa intermediario con il compito sia di sensibilizzare l’opinione pubblica, attraverso campagne di informazione e comunicazione, sia influenzare i decisori politici attraverso incontri mirati. L’attività di lobbying civico consente inoltre di creare un ponte tra le specifiche e particolari necessità di un singolo territorio e i bisogni comuni ad un’intera area geografica, rappresentando queste esigenze davanti a decisori locali, nazionali ed europei. Questa capacità di mediazione si rivela particolarmente attrattiva per i giovani, che, come evidenziato, si sentono spesso esclusi e poco rappresentati dalle istituzioni.
Attraverso il lobbying civico, il Terzo Settore offre una forma di rappresentanza alternativa per cause e territori spesso trascurati dalla politica tradizionale che vengono così portati al centro dell’attenzione sia pubblica sia istituzionale. Il processo comprende campagne di comunicazione e sensibilizzazione rivolte al grande pubblico, un dialogo costante con i decisori politici e attività di pressione mirate a influenzare le politiche relative a specifici dossier. L’attività di lobbying civico fornisce visibilità a questioni altrimenti marginalizzate, come quelle relative alla valorizzazione delle aree interne, rurali e montane, e contribuisce alla costruzione di una governance più inclusiva e partecipativa.
Immagine in copertina, murales di WILLOKE a Monteleone di Puglia
di Ortica (da orticalab.it)
31 Gennaio 2025