• 04/14/2025

E Dio creò la luce

Riflessioni sulla macro realtà del mondo rapportata alla micro realtà dei nostri paesi

di Franco Adducchio

14 Aprile 2025

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Non credo al soprannaturale, non ho fede come detto più volte. Credo nelle leggi fisiche della natura e nella sua evoluzione. Credo poi nell’uomo e nella sua intelligenza, che nel tempo ha saputo costruire la sua legge morale; legge che, al di là della presenza soprannaturale, rispecchia ciò che professano i Vangeli. Ritengo questa legge una conquista fatta dall’uomo e per l’uomo. I suoi principi sono nati dalle sue profonde esigenze, tra le quali c’è la necessità di vivere in comunità. L’immagine di Dio creatore della luce è piena di significati. Il Dio che è nell’uomo crea per lui la luce e lo induce a cercarla. La luce è la verità sulla propria esistenza. L’uomo cerca la luce seguendo il suo percorso di vita. A volte professa i principi della sua stessa morale, ma non li pratica. Fa parte della sua libera scelta tra il bene ed il male. L’esigenza della vita in comunità è nata con la sua stessa vita quando, in situazioni ambientali difficili, l’uomo ha avuto la necessità di affrontare i pericoli che minacciavano la sua esistenza. È stato più semplice difendersi insieme ad altri esseri simili. Nel tempo questa necessità ha dato luogo alle comunità ed alle strutture organizzative che le governano. Tra queste ci sono quelle che giudicano i comportamenti individuali deviati che minacciano l’esistenza delle comunità e minano i suoi principi fondanti della coesistenza. Chi altera le regole mette in pericolo l’uomo e la sua esistenza. Da qui nasce la punizione.

Sembra tutto chiaro, ma a ben vedere, c’è da dubitarne. Dove è finita la ricerca della luce? Le società sono impazzite ed i valori della legge morale nati dalla ricerca della luce sono troppo spesso ignorati. Le società hanno perso il filo del loro destino. È la natura che ha portato l’uomo nell’esistenza. Non ho nessuna certezza per spiegarne il perché. Comunque continuo a cercare la risposta. Chi ha fede si rivolge all’essere soprannaturale, ma anche la fede non ha una risposta comprensibile all’uomo. Il suo destino è quello di attraversare l’esistenza e costruire il muro della vita, mattone su mattone, senza saperne comprendere le ragioni. Semplificando, il bene è tutto quello che aiuta questo destino ed il male è tutto quello che lo minaccia. A guardare quello che succede oggi sembrerebbe che l’uomo sia proteso a mettere la bandiera del possesso su una qualche porzione di mondo e lo fa per uso e privilegio personale. E lo fa come se il privilegio, degli uni sugli altri, fosse il destino della sua esistenza. Il mondo è diventato sempre più piccolo, a portata del nostro comunicare e si direbbe che l’umanità non abbia ancora capito come esso sia un’unica identità che dovrebbe essere governata nella sua dimensione globale e dovrebbe avere un sistema giuridico universale che lo preservi. È un’illusione? Si, ma è necessaria per salvare l’esistenza e non distruggerla in modo fratricida.

C’è poi un’osservazione che sconcerta. La ricerca della luce ha determinato nel mondo diverse religioni: cristianesimo, islamismo, buddismo ed altre. Le comunità che si riconoscono in tali religioni si contrappongono tra di loro in modo incomprensibile, come se non fossero nate dalla stessa ricerca della luce. In modo particolare mi ha sempre colpito la supponenza di molti cattolici di sentirsi i soli detentori della verità e di avere il dovere di fare proselitismo, cosa diversa dal mettersi a servizio degli altri. Troppo spesso poi ho visto tali cattolici non seguire nelle loro vite i Vangeli. Mi sono spesso chiesto quanto numerosi siano i Farisei.

Oggi ho una provocazione che accompagna i miei pensieri. A chi appartiene il mondo? A Trump, a Putin o ad un qualche altro personaggio simile a Salvini che in Italia si sente proprietario tale da respingere con sdegno l’arrivo di chi fugge da condizioni difficili? Nell’esistenza c’è un tarlo costituito dal possesso sulla pelle degli altri. Come hanno conquistato tali prerogative questi predatori? La situazione può essere declinata in vario modo, ma c’è una ragione da cui tutte le altre scaturiscono. Un gran numero di uomini, probabilmente i più, ha dimenticato la ricerca della luce, hanno dimenticato il loro destino, hanno accettato la prevaricazione nell’interesse personale. Con questo l’uomo ha perso la sua umanità ed il sentimento della comunità, ha perso la capacità di giudizio, ha perso la capacità di vedere il progredire della storia e si è sottomesso al potere che egli stesso ha affidato a qualcuno. In sostanza si è sottomesso per ignavia preferendo trovare riparo, scodinzolando intorno al potere che ignora il governo ed il destino del mondo. È questa ignavia il destino dell’umanità? Il Dio che ha creato la luce nello spirito dell’uomo non c’è più dentro di lui, ne è uscito. Non lo credo, ma forse un essere soprannaturale, ha usato la sensibilità di alcuni uomini, particolarmente inclini alla ricerca della luce, ed ha suggerito loro i principi che poi essi hanno scritto. Hanno scritto il “Verbo” con il quale, senza aver fede, mi confronto.

Seguendo questi pensieri non posso distogliere lo sguardo da Duronia. Anche qui la comunità ha perso il filo del suo destino, quello di essere artefice di vita. Ha rinunciato ad una sua personale capacità di esistere e di costruire il muro della vita, mattone su mattone. Ha incontrato il Belzebù amorale al quale si è sottomessa. Ha scelto il male. Ha scelto di vivere nella morte e non ha scelto la vita che rigenera se stessa per la continuazione dell’esistenza. Ha abdicato al suo destino. Dove sono i cristiani? La fede non è una rappresentazione contrita di un credo sottomesso, ma è forte del suo credo. La fede tende alla vita e non la nega con la prevaricazione sugli ultimi e su coloro che non si sono sottomessi. Nel Paese accade anche questo: molti hanno paura di mostrare la loro contrarietà ai fatti messi in atto. Dietro l’angolo c’è sempre la denuncia vendicativa di mani ignote.

Sono molti mesi che, con lo Sparviero, raccontiamo i fatti e le situazioni del Paese. Questi fotografano l’assenza di una visione alimentata dal destino dell’uomo. Peraltro il Belzebù ha lasciato in eredità il posto ad uno sprovveduto capace solo di dimenarsi nel fango. Lo abbiamo visto nella storia del campo di bocce, nella vicenda dei locali di Giliotti, lo abbiamo visto per i fondi PNRR destinati al cimitero e dirottati ad un utilizzo personale, lo abbiamo visto nel dare riparo, insieme al prete locale, ad un personaggio inqualificabile, lo abbiamo visto nel reiterare gli illeciti per l’attività delle Cannavine ed in molti altri episodi. Che altro vi serve per capire chi esso sia? Occorre fermarlo.

Lo dico ai vecchi amici che negli anni novanta hanno tentato di opporsi nel Paese alla sua degenerazione. Dico ad essi che anch’io ho la colpa di aver abbandonato, ma ho compreso, forse in ritardo, che il destino dell’uomo, quando lo facciamo nostro, ci accompagna fino alla morte. Non c’è un tempo in cui la coscienza si riposi. Lo dico ai giovani ai quali appartiene il futuro. Non potete sottrarvi al destino dell’uomo se non vorrete vivere nell’attesa del nulla. Lo dico a coloro che nel piccolo Santuario di Santa Maria stanno sperimentando un percorso di fede. A loro aggiungo che la fede è un percorso individuale che può crescere solo nel vissuto della collettività. La fede non si chiude in se stessa, ma ha bisogno di agire, ha bisogno di essere testimoniata con forza nella realtà in cui si vive. Solo chi decide di vivere in contemplazione può sottrarsi a questa verità. La fede non è un abito che si possa indossare solo a tratti. Anche ad essi mi rivolgo: non rinunciate a portare il vostro Dio nei fatti del Paese, fatti che comunque scuotono anche le vostre case. Non chiudete le porte e le finestre per non vedere e per “non mettere la faccia”, prendendo le distanze dalla disgregazione della coesistenza. A coloro che si impegnano ad organizzare eventi nel tentativo di rianimare la comunità esprimo la mia vicinanza. Comunque ad essi dico che organizzare gli eventi è poca cosa per il Paese. Occorre abbattere il marciume amministrativo ed il degrado che da troppo tempo lo sostiene facendolo rigenerare. Per farlo bisogna sporcarsi le mani. Senza di questo non si cambia la traiettoria di morte che aleggia sul Paese. A coloro che sentono la vicinanza affettiva verso il Paese e vi tornano a trascorrere con piacere del tempo osservo che i risparmi spesi per le ristrutturazioni delle loro case sono maggiori del valore delle case ristrutturate qualora decidessero di venderle. Tutto ciò è frutto del marciume che ha soggiogato il Paese. A costoro suggerisco di fare qualcosa per abbattere questo marciume. Condivido con voi il piacere di frequentare il Paese e lo faccio molto spesso. Quando sono qui condivido anche il piacere dell’aperitivo, ma vado nei Paesi vicini. Per me non è frequentabile il luogo della vergogna dove stazionano i personaggi inqualificabili. A voi dico fate lo stesso. Solo chi non prova vergogna si può mischiare con certi individui. Non provare vergogna significa non essere consapevoli del destino della propria esistenza.

C’è un pensiero anche per gli ultimi samurai impegnati a difendere il forte mentre gli precipita addosso. Sono essi che ancora reggono il simulacro dell’amministrazione mentre Caronte gli spalanca le porte dell’inferno. Ad essi dico: “Scappate!”; difendere l’illecito non vi arreca la medaglia di eroi, vi fa solo assurgere a “gnoccoloni” che non sanno quello che fanno.

C’è anche un pensiero che dedico a me stesso. E’ quello della luce dei ceri votivi. Quasi tutte le settimane accendo i ceri nella mia cappella. La loro luce mi aiuta a sentirmi vicino ai miei morti e mi aiuta a capire su che cosa poggia il mattone della mia vita. Mi aiuta a capire dove e quando lascerò che altri mattoni si poggeranno sul mio. La luce dei ceri illumina il tempo della mia esistenza.

di Franco Adducchio

14 Aprile 2025

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