• 02/19/2019

Mimmo Lucano, la forza dell’umanità

Venerdì 15 febbraio, presso l’Ex Gil di Campobasso, si è tenuto un evento sulla rigenerazione delle aree interne, organizzato dal mensile culturale “Il Bene Comune” di concerto con una rete di associazioni della società civile, Ong e Comuni

di Anna Maria Di Pietro

19 febbraio 2019

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L’intervento di Mimmo Lucano è stato una lezione di vita, di quelle che non si dimenticano. Un uomo dal carisma pacato, che non ha urlato per imporsi, non ha avuto parole di odio per la persecuzione da parte della politica e della magistratura, ma ha seminato umanità, regalando un esempio di onestà e caparbietà rispetto a una giusta causa. Ha detto: “È stato il vento a portare a Riace la prima barca di migranti e io ci ho visto un disegno, come se fosse destino e io l’ho accolta”. Da lì, è iniziato tutto. Ha gestito almeno cento sbarchi, creando un modello di accoglienza sviluppatosi giorno dopo giorno, senza un progetto, ma dettato dalle emergenze che di volta in volta bisognava affrontare. Così, è nata l’idea grandiosa di unire accoglienza e ripopolamento di un paese ormai abbandonato. Sono nati laboratori che riproponevano antichi mestieri, gestiti in collaborazione tra rifugiati e residenti, si sono riaperte case da tempo chiuse e si è sviluppato un corposo turismo solidale. Riace, come questo grande uomo ha detto, era diventata una città popolata da una umanità colorata, multietnica, dalla grande forza rigeneratrice. Facendo un passaggio sulla sua attuale condizione di indagato per aver aiutato delle vite umane, con entusiasmo ha ribadito che, nonostante tutto, ne è valsa la pena, perché il “Modello Riace” ormai è stato lanciato e in molti lo stanno accogliendo. E ha accompagnato questo pensiero con un gesto delle mani simile a quando si liberano delle colombe. La sua semplicità, fondata sui valori più veri come quelli della solidarietà, dell’aiuto spontaneo, quello che non ha secondi fini, è stata disarmante. Lucano, proprio per la sua profonda semplicità, è incredulo dinanzi all’accoglienza della gente comune che lo tratta come un eroe. Sì, perché lui non ha mai cercato la notorietà, ma ha fatto tutto in modo spontaneo, seguendo una strada, quella dell’umanità, che dovrebbe essere connaturale a tutti. E riguardo a questo, ha aggiunto: “Noi che amiamo e accogliamo siamo molti di più di quelli che odiano e respingono”. Un grande messaggio d’amore e speranza per un cambiamento che, già in atto, porterà buoni frutti. Le sue parole hanno fatto eco a quelle altrettanto edificanti di Monsignor Bregantini, con il quale si è stabilito un forte rapporto empatico, nato durante il mandato vescovile di quest’ultimo proprio nel territorio della Locride. Il vescovo si è soffermato sull’importanza dell’identità, cioè del sapere a chi si appartiene, per “essere sposi della terra in cui si vive” in modo da sentirla propria e difenderla. E allora, non c’è mafia che tenga. Ma l’ideale per un piccolo paese, ha aggiunto, sarebbe quello di appartenere alla nuova dimensione “glocale”, quella che è capace di farlo sentire, pur conservando la propria identità, parte del mondo. Si è soffermato, riprendendo le parole di Papa Francesco, sul ruolo delle periferie e delle aree interne, da cui tutto deve ripartire, soprattutto attraverso il loro ripopolamento, accogliendo ovunque l’esempio di Riace. Ha aggiunto: “II Molise crescerà dando vitalità ai borghi dell’entroterra, quelli che profumano di storia e posseggono grandi potenziali”. Molti altri sono stati gli interventi, tutti confluenti per un unico pensiero: l’accoglienza dei migranti è una grande opportunità di rinascita e sviluppo per molti territori ormai abbandonati.

di Anna Maria Di Pietro 

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