• 05/20/2019

La macchina della propaganda governativa

I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

20 maggio 2019

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“È arrivata la macchina del cinema, è arrivata!” gridavano i ragazzi, euforici, alla fine degli anni cinquanta, nell’osservare quel grosso furgone azzurro sul quale v’era la scritta bianca “Presidenza del Consiglio” a caratteri cubitali, che ogni cinque anni, puntualmente, arrivava nel nostro paese.

I due operatori provvedevano a far girare il banditore per il paese per richiamare la popolazione in piazza, onde poter assistere al cinema. /p>

Intanto i due operatori con camicie bianco, issavano un enorme telo bianco alla ringhiera del balcone del Professor Laurelli, collocavano il loro mezzo al centro della piazza, ne facevano fuoriuscire l’enorme proiettore e davano inizio alla proiezione.

In effetti si trattava di propaganda governativa, e l’ansia di poter assistere a quel lungo filmato diminuiva inesorabilmente dopo pochi minuti. 

Stanchi contadini con le pezze ai pantaloni, bambini malvestiti e qualche casalinga analfabeta, osservavano annoiati i grandi progressi della nazione che riguardavano, purtroppo, altre aree del Paese.

Grandi autostrade, fumanti ciminiere industriali, avveniristici laboratori accompagnavano quei filmati con commento solenne e retorico.

I nostri contadini si sentivano beffati ad osservare quelle grandi opere realizzate altrove, mentre loro non godevano neanche delle cose più essenziali.

Continuavano ad arare con il solito aratro trainato dai muli, attingevano ancora l’acqua dai pozzi, le donne si portavano al fiume per lavare i panni.

Per redimersi da una vita di stenti, per qualcuno di miseria, avevano solo la possibilità di emigrare, portandosi lontano dalla loro terra, dai loro affetti e dai loro ricordi.

Quelle grandi industrie, quelle moderne autostrade, le avrebbero conosciute in seguito nelle lontane terre americane o australiane.

Quindi, stanchi e contrariati da quel filmato, uno ad uno gli spettatori abbandonavano la piazza. Non si giungeva neanche a metà proiezione, misurabile dalla grande “pizza” contenente la pellicola, che continuava a girare inutilmente.

Nella piazza ormai deserta, rimanevano solo gli operatori anch’essi stanchi di quel filmato, ma erano tenuti ad attendere pazientemente che la pellicola finisse per portare a termine quel loro compito affidato dall’Ufficio Propaganda della Presidenza del Consiglio.

di Vincenzo Colledanchise

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