Molise, la lentezza che diventa risorsa
Saremo abbastanza visionari da lavorare su questo per creare nuove opportunità per questa nostra terra?
di Miriam Iacovantuono (da officinadeigiornalisti.com)
5 novembre 2020
Passi lenti. Movimenti cadenzati. Sguardo profondo che scorge l’orizzonte fino ad accogliere, come in un unico spazio, ciò che c’è intorno. E’ il Molise della lentezza, della delicatezza, degli sguardi che accarezzano e accompagnano nel tempo chi quel luogo lo vive visceralmente.
Diventa naturale. Parte integrante del proprio vissuto. Una lentezza custodita in un angolo del proprio DNA. E’ come vivere in un altro mondo. Lontano dalla frenesia delle grandi città, dagli sguardi freddi di chi guarda, ma non ascolta. Lontano dalla freddezza e dalla distanza fisica e sociale.
Il Molise ha una prerogativa, il calore che si sente anche a distanza. La cordialità che viene naturale anche con chi non si conosce. Un rapporto naturale con l’altro che viene accompagnato da quella lentezza, in senso buono, che fa gustare il vivere in Molise a 360 gradi.
Durante la scorsa estate tanti sono stati ad assaporare, con la mente e con il corpo, questo stato fisico e psicologico. Un vero e proprio stato di grazia.
E se (ri)partissimo da questo?
Qualcuno ha raccontato che il Molise è una terra lenta. Una lentezza che non si trova altrove e che potrebbe essere un punto di partenza per riscoprire un posto unico. Ma non per questo dobbiamo pensare solo al turismo. Una lentezza che potrebbe diventare uno stile di vita. Lontano dal pendolarismo. Lontano dalla corsa all’ultimo posto sull’autobus. Lontano dalle corse sulle scale della metropolitana. Uno stile di vita dove i rumori assordanti delle città potrebbero diventare solo un lontano ricordo. Dove il fulcro del profitto economico non è solo la sede centrale in un palazzone fatto di scrivanie affilate, ma anche un pc su un tavolo che guarda i colori della natura. E magari tornare a riaprire vecchie botteghe e far tornare a vivere quei vicoli che un tempo erano il cuore pulsante dell’economia del territorio. Riavviare i motori di quel lavoro manuale lento e minuzioso, fatto di arte e maestria, ma anche di tradizione che potrebbe assumere, perché no, anche una versione moderna.
Riavviare un indotto economico che quindi non giri solo intorno al mondo tecnologico.
E se qualcuno potrebbe storcere il naso, perché qualche dubbio lo assale, è bene affermare che certo non succede tutto con uno scoccare di dita.
In più occasioni è stato ribadito che c’è una differenziazione. E quando si parla di differenziazione tra territori non dobbiamo pensare solo al regionalismo differenziato. Il divario tra i territori c’è anche all’interno della stessa regione. C’è tra due borghi che, seppur classificati come aree interne, e distano tra loro pochi chilometri, presentano caratteristiche diverse. C’è tra quei paesi che hanno le scuole e quelli che non le hanno. Oppure tra i borghi dove ci sono più servizi rispetto a quelli dove non c’è neanche l’ufficio postale. E se la lentezza diventa un punto di forza e può attrarre turisti, ma anche nuovi residenti, prima di tutto deve andare a braccetto con il discorso di sostenibilità, che non è solo quella ambientale. Ma anche una sostenibilità dei servizi.
E con i servizi il lavoro. E allo smart working, che per via di cose e a causa dell’emergenza sanitaria ha preso piede in tutto il territorio e anche in Molise, si unisce il progetto del south working, pensato proprio per lavorare dal sud, che vede nel lavoro agile uno strumento utile a ridurre il divario, economico, sociale e territoriale nel Paese, e in grado di migliorare la qualità della vita di milioni di persone. E quindi di portare, far restare e tornare risorse e ricchezze sul territorio. Al sud e anche in Molise. Perché sono tanti quelli che sono andati via, che hanno lasciato – anche a malincuore – la propria terra e che oggi potrebbero vedere in tale progetto una possibilità per tornare e riappropriarsi del proprio spazio e della propria identità.
Ma c’è un però. Per lavorare a distanza è necessario assicurare la possibilità di farlo. Siamo quasi nel 2021 ed è arrivato il momento – non si può più aspettare – di superare il digital divide. E’ una necessità. Assicurare poi i servizi essenziali. Se siamo bravi a dire che in Molise si vive bene dobbiamo – e in primis chi di dovere – assicurarlo. Non è più accettabile avere paura di ammalarsi per rischiare di non trovare un posto in ospedale. Lenti sì, ma non in questo.
E poi le scuole. Deve essere garantito il diritto allo studio a ogni singolo alunno della regione. Se in un paese non c’è la scuola, deve essere assicurato il trasporto in un altro plesso scolastico.
Da qui quindi i trasporti. Non è più pensabile che da un paese che dista anche solo 30 chilometri dal capoluogo, parta un solo pullman di linea al giorno. Bisogna quindi assicurare la possibilità di muoversi e di poterlo fare su strade degne di essere chiamate tali.
Se negli anni si sono succedute diverse amministrazioni anche di colori diversi, la condizione della viabilità è sempre la stessa, se non peggio in alcuni casi. Non è questa la lentezza di cui abbiamo bisogno. Ma abbiamo bisogno di una lentezza che si trasformi in risorsa. Quella che permette ai turisti di godere a pieno di questa terra e sfruttare quello che offre. La stessa che permette, a chi decide di restare e tornare, di non rimpiangere la vita nelle città. Ma attenzione, probabilmente è una prerogativa di élite, per quelli che davvero ci credono a questo stile di vita e guai se così non fosse. Non tutto può essere per tutti.
Uno stile di vita destinato a quei turisti che apprezzano la possibilità di una vacanza lenta e cadenzata, fatta di piccoli passi e di contatti stretti con tutto ciò che c’è intorno. E uno stile di vita per chi vuole davvero vivere in Molise, farci crescere i propri figli e diventare patrimonio per il territorio.
E se fino a poco tempo fa per molti lentezza era sinonimo di restare indietro, oggi potrebbe essere vista come una risorsa. E allora, saremo abbastanza visionari da lavorare su questo per creare nuove opportunità per questa nostra terra?
di Miriam Iacovantuono (da officinadeigiornalisti.com)