Ripartire dai luoghi per far rinascere i territori
In questo momento terribile per il pianeta e l’intera umanità solo i sogni e la speranza ci danno la forza di resistere e non cedere. Per affrontare e superare la pesante crisi e risalire dal baratro, andare avanti e cogliere le opportunità servono idee, progetti, programmi
di Pasquale Di Lena
22 dicembre 2020
Ripartire dai luoghi per far rinascere i territori
In questo momento terribile per il pianeta e l’intera umanità solo i sogni e la speranza ci danno la forza di resistere e non cedere. Per affrontare e superare la pesante crisi e risalire dal baratro, andare avanti e cogliere le opportunità servono idee, progetti, programmi
L’appartenenza, l’identità, la solidarietà, la reciprocità, il gioco, la scuola, la cultura e, con essa, opportunità che pur ci sono per tracciare il nuovo percorso di cui hanno bisogno i popoli, oggi umiliati dal denaro, per azzerare le disuguaglianze, riconciliarsi con gli altri esseri viventi e vivere il rispetto della Terra.
L’Italia – per le sue dimensioni e i caratteri propri del suo territorio, espressione di biodiversità, paesaggi e ambienti, storia e cultura, antiche tradizioni, eccellenze enogastronomiche – ha tutto quello che serve per cambiare strada.
È la grande occasione per avviare e affermare un nuovo tipo di sviluppo che ridà all’agricoltura la centralità persa in questi ultimi cinquant’anni.
Il periodo segnato, col passaggio nelle mani della finanza (banche e multinazionali), dalla fine della politica e, così, caratterizzato da un sistema predatorio e distruttivo qual è stato ed è tuttora il neoliberismo. Serve ricordare, a sostegno di queste affermazioni, la pesante crisi, strutturale, dell’agricoltura nel 2004 –un segnale non percepito dal sistema che, tre anni dopo, ha aperto la grande crisi del 2007/8, quella che ha fatto intravedere il baratro per farci poi cadere, col Covid, tutti dentro a vivere la paura; contare i morti e allargare ancor più la forbice della disuguaglianza, coi ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
A dettar legge la regola della distanza, come per voler azzerare i valori fondamentali, quali il lavoro, le piccole attività, il dialogo, la convivialità, la possibilità d’allevare e aver cura del sogno, quello del domani. Non a caso a uscire vincenti, e ancora più forti, da una situazione tragica davvero difficile, sono, per ora, le multinazionali, le banche, la grande distribuzione e, purtroppo, le criminalità organizzate.
Serve anche sottolineare che il Covid ha mostrato da subito la priorità della salute e il ruolo primario della sanità a carattere pubblico; l’importanza del cibo, l’energia vitale per noi e gli animali, e, durante il tempo intercorso da marzo a oggi, ha fatto registrare un ulteriore allargamento della forbice delle disuguaglianze; ascoltare il lamento, sempre più forte, del clima malato e l’urlo della natura.
Ha fatto anche prendere atto della fine di una normalità, che solo il sistema, sulla spinta della fame di denaro una visione della realtà che non ha il senso del limite, del finito, continua a sostenere.
A dimostrazione che il neoliberismo non ha alcuna voglia di cambiare, di fermarsi o anche solo di rallentare, ma d’andare avanti sulla strada che gli dà la possibilità di continuare a depredare e distruggere tutto quel che resta di questo nostro pianeta, il solo che abbiamo.
Ha approfittato del Covid per seminare paura, angoscia e, grazie ai suoi potenti mezzi e ai fedeli servitori, farci sentire, con i nostri comportamenti, i colpevoli della ripresa della pandemia con l’avvio dell’autunno.
Che fare?
La risposta più immediata, la più facile, è fare, nel tempo più breve possibile, l’opposto esatto di quello che finora il sistema ha prodotto, sapendo che esso è la causa vera che ha aperto le porte al Covid-19. Farlo subito per lasciarsi alle spalle il tempo che stiamo vivendo e dare spazio ai sogni e alla voglia di un nuovo domani. C’è bisogno di far rinascere i territori, tesori unici, straordinari di questo nostro stupendo Paese per salvaguardarli, tutelarli, promuoverli e valorizzarli. Ciò è possibile solo se si riparte dai luoghi e si dà ad essi la possibilità di farli ritornare a rendere fruibili le risorse e i valori che esprimono, quali storia, cultura, ospitalità, tradizioni, ruralità, biodiversità, cibo, acqua, aria, ambienti, paesaggi e, anche e soprattutto, la cognizione e il buon uso del tempo.
I luoghi – soprattutto quelli delle aree interne, i più segnati dall’abbandono – per rilanciare e far crescere le iniziative, le attività e, con esse, imettere al centro il lavoro, l’occupazione e, come d’incanto, ridar vita alla fiducia, alla speranza, che sempre dà il lavoro, soprattutto se stabile e non più precario o temporaneo. Far rinascere i luoghi e i loro territori, a partire da quella che è sempre stata – e oggi lo è più di sempre – l’attività primaria, l’agricoltura, che è tale solo se l’uomo, e non la macchina, è protagonista.
L’attività che, solo se biologica o organica, alimenta il suolo e non distrugge la vita che esso anima, risana il clima e non lo ammala. L’agricoltura per riaffermare la sua centralità, cioè perno che fa girare la ruota, l’economia e, così, procedere col passo imposto dalla natura che, come si sa, ha i suoi tempi, quelli propri del domani. Quel domani che, come non mai, ha bisogno di cibo e salute, cultura e gioco, sobrietà e bontà, aria pulita e acqua potabile, abbracci e strette di mano, sogni e un Pil che misura il prodotto lordo, quello, però, che fa riferimento alla felicità.
di Pasquale Di Lena