• 03/12/2024

A proposito di dialetto

Dal “Quotidiano del Molise”: Viaggio nella letteratura molisana con la docente e giornalista Rita Frattolillo per la rubrica ‘Alesia ed i suoi compagni di viaggio’

di Rita Frattolillo (dal quotidianomolise.com)

12 marzo 2024

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A quasi quattro anni dalla scomparsa di Enzo Nocera, che ha lasciato un vuoto notevole per la sua ricca figura umana e per la sua lunga e variegata attività editoriale, ripropongo, con qualche ritocco, un mio approfondimento sulla gloriosa e importante Collana dialetto.
La Nocera Editore, sorta nel maggio 1965, e denominata dal 1978 Edizioni Enne, ebbe chiare, fin dall’ esordio, le linee portanti del programma editoriale.
L’intento di Enzo Nocera era quello di spezzare l’isolamento in cui versava la regione appena divenuta autonoma (L. del 23 dic. 1963) dopo il distacco dall’Abruzzo partecipando al dibattito nazionale, di chiamare a raccolta le energie intellettuali e culturali locali cercando di arginarne la dispersione in atto, per ritagliarsi un ruolo come presenza attiva nel tessuto socio-culturale molisano.
Un punto fermo del progetto fondante dell’editore era costituito dall’attenzione rivolta al patrimonio demoantropologico del Molise.
Attenzione che, se da un lato era mossa dalla volontà di ricostruire, mattone dopo mattone, la storia del territorio e della realtà molisana, “aiutando” a delineare il percorso identitario della neonata regione, dall’altro lato si spiegava con l’esigenza di documentare le tradizioni popolari, condannate ad una dispersione inarrestabile per una serie di fattori, come l’abbandono delle campagne con la conseguente devastazione della civiltà contadina, o per lo strapotere della televisione.
Fioriscono così, tra gli anni Settanta e Ottanta i preziosi volumi incentrati sulle nostre antiche tradizioni, come i “Misteri” di Campobasso (Ada Trombetta, con altra sigla editoriale, Renato Lalli, Elia Rubino), il Carnevale a Cercepiccola (Simonetta Tassinari, 1988), la parata dei fucilieri e il culto di San Nicola a San Giuliano del Sannio (Carmela Di Soccio, 1989).
Negli anni Novanta vengono realizzati i bei tascabili della Collana “Biblioteca popolare molisana”, che raccolgono, tra l’altro, proverbi e rimedi del mondo popolare.
Proverbi e rimedi che, come tutto quel che sostanzia la sfera popolare, sono veicolati dal mezzo espressivo del dialetto, lingua madre della maggioranza dei molisani e, quindi, parte integrante del loro patrimonio storico-culturale. 

Ma documentare per iscritto le sonorità dialettali ha creato sempre problemi: dopotutto passare dalla dialettofonia all’ortografia non è cosa facile, e non sono molti quelli che sanno “rendere” i suoni sulla carta, non tutti posseggono gli strumenti adeguati (anzitutto le cognizioni fonetiche) per una trascrizione che rispecchi il più possibile la parlata.
Emblematico, a tal proposito, l’atteggiamento di tre esponenti del mondo letterario molisano, Cirese, Altobello e Trofa.
Eugenio Cirese era rimasto a lungo in forse, frenato dalle preoccupazioni di ordine linguistico e filologico che gli avevano messo addosso Francesco D’Ovidio ed Emilio Pittarelli; al contrario, Giuseppe Altobello, attento alle indicazioni filologiche dovidiane, ebbe sempre molta cura per la fedeltà verso la voce dialettale.
Invece scriveva “comme vè ‘ncape” Luigi Antonio Trofa, il quale rivendicava nella sua Puiesìa ’mbernàcula l’autonomia della poesia contro i lacci del dettato dovidiano.
Comunque la si metta, è un fatto che per gustare appieno “la lénga de tatille” è necessario adottare delle soluzioni fonetiche, ortografiche e ortoepiche che, se da una parte permettono l’approccio del testo ai lettori, molisani e non, dall’altra danno l’istantanea della parlata.
Tuttavia la produzione in dialetto resta affidata per lo più ad un codice molto approssimativo, cosa che rende impossibile agli studiosi l’analisi dei fatti di lingua.
È il 1973 l’anno in cui comincia a prendere forma la costellazione dialettale della Nocera Editore, con la pubblicazione di Cumme fusse allora, poesie in dialetto di Emilio Spensieri.
A seguire la strada del lirico Spensieri è l’effervescente Giuseppe Jovine, con la raccolta di poesie in dialetto Lu Pavone (1983), titolo ripreso nella Collana omonima, in cui si segnalano sia voci qualificate (Spensieri, Rimanelli), che quelle nuove (Elena Caticchio, Mastrangelo e Bruno Baldini).
Fanno storia a sé, per il particolare valore dell’operazione, le pubblicazioni volute da Nocera e riguardanti tre personalità del mondo letterario dialettale care ai molisani.
Si tratta delle colorite scenette create nel secondo dopoguerra dallo scrittore vernacolare e caricaturista Turillo Tucci (1902-1980) aventi per protagonista l’arguta popolana campobassana Cenza (Vincenza) Pezzanera (ed.1966/’67) , abitante del quartiere storico della città, che mette alla berlina chiunque le capiti a tiro. 

Nel 1985 è la volta della proposta in reprint del poemetto ‘A Storia de Sande Lé scritto nel 1928 (con Prefazione di Carlo Battisti e xilografie di Romeo Musa) dal medico-poeta di San Martino in Pensilis Domenico Sassi (1872-1928) sulla leggenda fiorita intorno al santo patrono del suo paese, San Leo.
La leggenda è occasione per descrivere con versi efficaci la tradizionale festa dei carri e la gioia corale del paese, consentendo al lettore il percorso demoantropologico e quello squisitamente linguistico.
Dieci anni dopo Nocera edita il volume contenente ‘U l’uteme sabbete d’abbrile ed altre feste popolari a Santa Croce di Magliano (Prefazione di Francesco D’Episcopo). Medico e disegnatore, l’autore, Raffaele Capriglione (1874-1921) è poeta dialettale di talento che non ha mai dato nulla alle stampe durante la sua vita e che viene “scoperto” negli anni successivi, progressivamente, grazie a Michele Castelli, anch’egli santacrocese, e poi a Sergio Bucci, Giambattista Faralli e Sebastiano Martelli, autori, questi tre ultimi, di Raffaele Capriglione – Un ‘caso’letterario tra Ottocento e Novecento (1995).
Intanto, le opere in dialetto entrano in altre raccolte in base al genere letterario: questo vale, ad esempio, per La ‘sdrenga (racconti popolari molisani) di G. Jovine, dell’89, che è assorbita nella raccolta “Narratori”.
Ma se il capitolo della letteratura dialettale e poi in dialetto è abbastanza consistente, non si può certo dire lo stesso per quanto riguarda gli studi sulle parlate, almeno fino ad una certa data.
È infatti sotto gli occhi di tutti che, dopo i fondamentali studi di D’Ovidio, Cremonese e Ziccardi, a cavallo tra Otto e Novecento, c’è stato un vuoto nel campo dei lavori storico-linguistici (a cui ha corrisposto, curiosamente, il periodo della migliore poesia dialettale, con Cirese, Capriglione, Altobello, Trofa, Sassi e Cerri).
Solo negli anni Cinquanta-Sessanta sonoinfatti arrivati i contributi del sacerdote di Ripalimosani Michele Minadeo, e gli studi di dialettologia abruzzese di Ernesto Giammarco e Marcello De Giovanni.
Anzi, la perla della Collana “Dialetto” è proprio la tesi di laurea di Padre Michele Minadeo (1919-1993), che ottenne il premio nazionale Marzotto. Completata e pubblicata a Torino per conto di quella Università nel 1955 con il titolo Lessico del dialetto di Ripalimosani, essa viene riproposta dalle edizioni Enne nel 1996. Oltre a spiccare per qualità scientifica, è un ricco condensato di cultura locale, con le sue 7500 voci, i canti amorosi e religiosi, proverbi, modi di dire e indovinelli.
Ad aprire una nuova stagione sul versante degli studi, è, nel 1985, un mio piccolo volume sul lessico del dialetto di Campobasso (Appunti sul dialetto di Campobasso – Saggio sul lessico, con Prefazione di Gaetano Cantone), inserito nella Collana “Saggi” delle Edizioni Enne, che offre, tra l’altro, una esemplificazione di trascrizione fonetica.
Primo approccio linguistico al dialetto della città, esso ha avuto se non altro il merito di aver acceso l’attenzione generale dopo un secolo dalla pubblicazione della fonetica del dialetto di Campobasso firmato dal grandissimo Francesco D’Ovidio.
Poco dopo, entra nelle case il ciclo di trasmissioni radiofoniche “Da noi si parla così” curato da me per la Rai.
Tra lo scadere degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, escono pure i lavori (usciti sotto altre sigle editoriali) su Isernia, Vinchiaturo, Fossalto, Toro.
Nel 1991 è il dialetto municipale di Casacalenda ad inaugurare la Collana “Dialetto” delle edizioni Enne.
Primo volume della trilogia comprendente la Grammatica descrittiva del dialetto di Casacalenda (prefazione di Ugo Vignuzzi, 1995) e il Dizionario dei Proverbi e dei modi di dire nel dialetto di Casacalenda (2001), il  Vocabolario ragionato del dialetto di Casacalenda (prefatore Giose Rimanelli), che ha avuto una ristampa e un’integrazione nel 1995, è il lavoro dell’ingegnere Antonio Vincelli, appassionato cultore della propria parlata, che ha svolto una paziente e lunga ricerca nel paese di origine.
Il Dizionario dei Proverbi e dei modi di dire nel dialetto di Casacalenda (2001), terzo volume (a partire dal quale la Collana è diretta da U. Vignuzzi è un preciso riferimento per chiunque voglia ricostruire il retroterra culturale della comunità casacalendese e comprenderne le stratificazioni antropologiche.
A trattare i difetti fisici e morali così come sono espressi nel dialetto campobassano è, con la verve che le è congeniale, Carmela di Soccio, la quale pubblica, nel 1995, il Dizionario della maldicenza – Milleuno difetti fisici e morali, modi di dire e imprecazioni in dialetto campobassano (Prefazione di Giuseppe Jovine), accompagnato da un’audiocassetta di “maldicenze dalla viva voce dell’autrice”.
Michele Castelli, professore di linguistica e dialettologia a Caracas, è autore di numerose opere, tra cui quella su Il Lessico Santacrocese (dialetto molisano), uscita a Caracas nel 1996 (Introduzione di Giovanni Mascia e Postfazione di Nicola Jacobacci). La seconda edizione, pubblicata nel 1999 dalle edizioni Enne, è, come la precedente, lavoro serio e rigoroso che, presentando (con accurata trascrizione) il repertorio di parole, locuzioni e detti del paese natìo, Santa Croce di Magliano, introduce, con sicurezza metodologica, un’approfondita analisi, oltre che lessicale, fonomorfosintattica.

Gli ultimi tre lustri del secolo scorso presentano dunque un rinnovato fervore nella ricerca delle proprie radici linguistiche e popolari, come evidenziano i lavori or ora illustrati.
Infatti cultori, appassionati e studiosi si sono incamminati nella direzione degli studi di settore, mettendo a punto repertori e descrizioni delle parlate, che quasi sempre sono quelle del proprio paese.
Sarà stato il rafforzamento della coscienza dell’identità regionale, o, per dirla con Sebastiano Martelli, il timore dell’incombente crepuscolo dell’identità, ma sta di fatto che in molti comuni molisani si sono attrezzati per raccogliere frammenti della memoria collettiva e avviare interessanti esplorazioni dialettologiche e/o demoantropologiche (come il volume A ru tiempe de tatìlle del bojanese Alessio Papa, 2003).
Il dato valoriale intrinseco a questo tipo di pubblicazione è amplificato da alcune considerazioni. Anzitutto, questi studi si possono ritenere espressione di un felice momento di vitalità civile in quanto la riflessione sulle radici è sicura testimonianza di una attenzione matura, vòlta a suscitare (o richiamare) nella coscienza collettiva la consapevolezza che il fluire storico è condensato nel mezzo linguistico dei parlanti. Inoltre, per quanto diversi nel metodo e nell’esito, questi studi sono tutti accomunati dall’esigenza- sempre più sentita – di recuperare le tracce ancora individuabili nel proprio patrimonio collettivo.
Rientra in questo quadro l’iniziativa didattica di alcuni insegnanti di Roccavivara condotta con gli alunni e culminata in un’indagine “sulle tradizioni popolari locali e su alcuni atteggiamenti culturali tipici del paese, partendo dalla convinzione che la conoscenza del proprio passato, il contatto con le proprie radici, costituiscono, per una comunità, un momento significativo di arricchimento culturale”.
Sono le parole dei tre docenti, Trivisonno, Berta e Lolli, a cui va il merito di aver motivato e poi seguito gli alunni della classe III E della scuola media di Roccavivara a compiere la ricerca, non facile anche a causa della carenza di documenti. Essa, approdata nel 1999 alle stampe con il titolo Che t’accùnde, dimostra, oltre tutto, che è possibile inculcare nei giovani la voglia di scoprire il passato comune della propria collettività.  Anzi, percorrendo le stradine del paese alla ricerca dell’anziano che potesse raccontare una credenza o rendere in vernacolo un’espressione, quei ragazzi, che rappresentano il nostro futuro, probabilmente hanno intuito che il presente non può essere capito se si ignora il passato, e che l’individuo, come la collettività, è il prodotto della sua storia e della sua memoria.
E che perciò ogni identità personale è la memoria di ciò che ha fatto e che riconosce come proprio. Indispensabile, quindi, il ruolo che la Scuola può avere nel processo di ricostruzione dell’identità regionale, come luogo deputato alla riflessione sulla storia del territorio, e capace di attivare il percorso formativo nei discenti.
È proprio alle nuove generazioni, oltre che ai suoi concittadini, che Arnaldo Brunale consegna la sua trilogia sulla città di Campobasso, di cui il Vocabolario ragionato vede la luce il primo anno del terzo millennio. Come ha ben scritto il direttore della Collana Ugo Vignuzzi nella Prefazione, “mancava, per il capoluogo regionale, un vocabolario complessivo, […] e se ne riconosceva la necessità, ma anche insieme la difficoltà di un’intrapresa del genere”. Ad esso è seguita due anni dopo (2003) la Grammatica e Sintassi descrittive del dialetto di Campobasso (Presentazione di F. D’Episcopo), e, nel 2004, il volume Proverbi a Campobasso. Adesso è in libreria il Vocabolario del dialetto di Campobasso (dall’italiano) pubblicato con altra sigla editoriale.
È ancora la “fitta selva di parole” di Colletorto, ad interessare Giovanni Patavino, musicista ed autore, tra l’altro, di un volume di commedie scritte nella sua parlata intitolato Fra la torre e il campanile (ed. Enne,1990). Nella Prefazione a Ttavètt- Atavici detti di Collotorto (ed.Enne, 2002), Matteo Patavino afferma che “la ricerca è stata condotta come un lavoro in progress partendo dall’essenza del suono colletortese, evitando la semplice catalogazione dei termini”, e che “la parte più importante sta nel tentativo di ricostruire quel carattere antropologico che ha segnato il microcosmo della nostra lingua”.
Nel 2003 la Pro Loco Faifoli di Montagano affida a me e a Michela D’Alessio uno studio articolato sulla comunità locale imperniato essenzialmente su un manoscritto dello scadere degli anni Sessanta e sulla figura dell’eminente montaganese Nicola Maria Fruscella. Il volume, Lingua e dialetto a Montagano nel Sannio tra passato e presente (Prefazione di U.Vignuzzi), è a struttura bipartita. Nella prima parte, realizzata da me, ricostruisce la temperie demo-antropologica della comunità di Montagano, prendendo le mosse da quel manoscritto, che è anche “trattato” ai fini della fisionomia della parlata; la seconda parte, firmata da Michela D’Alessio, propone e analizza gli scritti sulla lingua del Fruscella, di cui viene ricostruito anche il profilo biografico e di studioso particolarmente interessato ai fatti di lingua. Poco dopo mi viene affidata dall’architetto Luigi Marino, per conto dell’U.di Firenze, una ricerca sul lessico dei muratori di Montagano, un ampio progetto comprendente tutto il territorio molisano che vedrà la luce l’anno prossimo. Nel 2007 sono impegnata sull’analisi del lessico di Riccia basato sulla Batracomiomachia di Zaburri, esu quello di Campobasso per la trilogia di Campobasso capoluogo del Molise (Palladino ed.)
Finché è vissuto, Enzo Nocera ha cercato di essere sempre al passo con i tempi mettendo a frutto le tecnologie più moderne; ad esempio ha introdotto nella Collana il filone della registrazione su cd di canti, danze e filastrocche nei dialetti municipali, tra cui quello di Macchiagodena.
Credo che queste pagine confermino il grande progetto di alto profilo di Enzo Nocera a cui va riconosciuta, oltre all’impegno e alla coerenza mai venuti meno, la passione con cui anno dopo anno ha sostanziato questo settore di studi convogliando nella Collana materiali basati sulla ricerca scientifica come sulle “curiosità”. Materiali che, nella loro peculiarità, rappresentano tutti un punto di riferimento ineludibile per chiunque voglia avvicinarsi alla realtà demoetnoantropologica del Molise. Una realtà tuttora ricca pur se convogliata nelle più svariate case editrici. 

Note biografica
Rita Frattolillo ha affiancato all’impegno di docente negli istituti superiori di Campobasso l’attività di giornalista pubblicista (dal 1988) e quella di ricercatrice nell’ambito dialettologico, in quello artistico e storico-letterario del Molise, svolgendo un’intensa attività di divulgatrice culturale.
Numerose le pubblicazioni, tra cui:
il volume sulla pittrice e musicista Elena Ciamarra di cui ha curato per conto dell’Amministrazione Provinciale di Campobasso il coordinamento e la biografia (Arti Grafiche La Regione, 1996),
il dizionario Molisani, milleuno profili e biografie (ed. Enne, 1998, con B.Bertolini), il volume Il tempo sospeso. Donne nella storia del Molise (Filopoli, 2007, con B.Bertolini),
il saggio Donne nel Risorgimento Molisano (2010, n.34, ‹‹Rivista storica del Sannio››),
Lingua e dialetto a Montagano nel Sannio tra passato e presente (ed. Enne, 2003, con Michela D’Alessio, prefazione di Ugo Vignuzzi),Palladino, 2008, a cura di R. Lalli, N. Lombardi, G. Palmieri),
Il dialetto di Campobasso (saggio, nel II vol. dell’opera collettanea in 3vv. Campobasso capoluogo del Molise (ed. Palladino, 2008, a cura di R. Lalli, N. Lombardi, G. Palmieri),
Alle radici del dialetto di Riccia. Lingua e dialetto a confronto (saggio, in Lingua e dialetto a Riccia e nell’area del Fortore, ed. Trediciarchi, 2013).
Nel 2017 ha dato alle stampe (ed. Gedi) il romanzo Le ali del ritorno.
Il saggio L’infanzia migrante tra realtà e rappresentazione letteraria, con prefazione di Norberto Lombardi (Collana migrazioni, Iannone, 2020) mette a fuoco il movimento migratorio dei minori che interessò particolarmente il Molise dagli anni Sessanta dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento, ma che solo di recente ha attirato l’attenzione degli addetti ai lavori.
Nel 2023 ha pubblicato il romanzo storico Con gli occhi di Agnese-Il sogno di Bernardino Musenga: Campobasso città giardino.
Attualmente sta completando il dizionario biobibliografico delle donne lucane e un altro dizionario, con Barbara Bertolini, sulle donne molisane.

di Rita Frattolillo (dal quotidianomolise.com)

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