• 04/26/2017

A San Martino in Pensilis olio da record

I figli e i nipoti dell’Oleificio Cooperativo: “Da mezzo secolo investiamo nella nostra storia”

di primonumero.it

02 novembre 2017

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Un olio da record per qualità e resa quello dell’annata 2017, che nell’Oleificio di San Martino in Pensilis viene sublimato da un processo di lavorazione all’avanguardia, risultato di un investimento che migliora una delle risorse più preziose della regione. Il frantoio, praticamente raddoppiato, lavora oggi circa 15mila quintali di olive che rendono tra 1500 e 1800 quintali di olio, al 70 per cento venduto al dettaglio e all’ingrosso. I soci attuali, quasi 300, sono figli e nipoti dei fondatori che continuano a coltivare oltre 60mila piante di olivo, molte secolari. Una realtà unica nel panorama molisano, che apre a un esempio di “rete” e collaborazione e sfiora un fatturato di 1 milione di euro.

L’olio di quest’anno è insuperabile. Parola di chi lo assaggia. E di chi lo produce. All’Oleificio Cooperativo di San Martino in Pensilis è ancora più buono. Merito di un clima favorevolissimo, e non solo dal punto di vista meteorologico, che pure è stata la fortuna di un’annata che passerà alla storia dell’agricoltura molisana come una delle migliori degli ultimi decenni, sia per la qualità che per la resa. «In media il 20 per cento in più» spiega Giovanni Di Matteo, da poco presidente del consiglio di amministrazione della più antica cooperativa agricola del Molise. 

L’atmosfera, a pochi giorni dalla festa per i 50 anni, è di entusiasmo e collaborazione. Sorrisi e complimenti reciproci per il prodotto, l’oro verde che sgorga dai macchinari del frantoio e finisce sul pane fresco per un assaggio che non si nega a nessuno. «Guarda il colore, senti che sapore»: l’olio extravergine è il vanto di un insolito autunno di sole e giornate luminose durante le quali la raccolta delle olive sembra una festa. 

Per chi arriva dal nord Italia la prima volta («e sono sempre di più») ed è abituato ai prezzi dell’olio ligure o toscano, il Molise è un paradiso di bontà low cost. Sei euro al litro non filtrato, sette filtrato. «Cioè più raffinato, ma l’olio è lo stesso». 

Una coppia anziana entra con i contenitori sistemati su un carretto, li riempie scegliendo fra le due tipologie proposte. «Una più dolce e fruttata, l’altra più piccante, un olio con caratteristiche organolettiche straordinarie e certificate» spiega Antonella, che lavora alla vendita e alle “pubbliche relazioni” da 25 anni, e che della Cooperativa e della sua evoluzione conosce vita e miracoli. 

L’ultimo (miracolo) è un moderno impianto installato durante l’anno, frutto di un investimento della Cooperativa con l’aiuto di fondi pubblici previsti dal Psr. Se l’Oleificio non ha mai cambiato posto, restando fedele da mezzo secolo alla terra alle porte di San Martino in Pensilis e al capannone color rosso mattone inaugurato nel 1967 dai piccoli produttori di olive dell’epoca, il frantoio interno si è evoluto diventando uno dei più funzionali e all’avanguardia del centro-sud, che oggi produce ogni anno tra 1500 e 1800 quintali di olio, con un fatturato di circa 900mila euro «che quest’anno sarà certamente superato». Ripagando i soci, quasi trecento, quasi tutti di San Martino, dell’impegno economico sostenuto per dotare l’impianto di un modernissimo sistema di estrazione automatizzato, che garantisce la temperatura ottimale durante l’intera fase di lavorazione, attrezzato un “cervello” elettronico tenuto costantemente sotto controllo dall’esperienza dei dipendenti, anch’essi soci che prestano la loro professionalità a una realtà unica sul territorio, incredibilmente non ancora emulata sebbene sinonimo di successo e miglioramento progressivo della qualità e della quantità. 

«Il nostro obiettivo è sempre stato quello di organizzare l’offerta dei piccoli produttori di olive locali, che riuniti in una cooperativa fondata dai nostri padri o dai nostri nonni potessero standardizzare il processo di estrazione dell’olio» racconta Giovanni Di Matteo, famiglia di agricoltori, tornato alle sue origini contadine nella terra dei suoi avi dopo gli studi e i master fuori, «perché non riesco proprio a stare lontano da questo posto e dalla storia della mia famiglia». L’Oleificio, per lui come per gli altri soci-produttori, rappresenta uno dei baluardi a difesa della tradizione e della cultura contadina. Ma è anche – innegabilmente – una buona occasione di commercio di una delle risorse migliori che il Molise possa offrire. 

I risultati, d’altronde, si vedono. E non solo osservando i telefoni che squillano da numerose regioni del nord per procedere con gli ordini, le mail che arrivano a tamburo battente, i compratori che arrivano in azienda dopo aver fatto centinaia di chilometri per gustare l’oro verde appena estratto e ammirare la magia delle olive portate direttamente dai campi della zona che diventano pasta, si scindono nei decanter e nei separatori in olio, acqua e sansa, quest’ultima venduta a un impianto lucano per ricavarne combustibile. L’olio, ricavato da oltre sessantamila alberi per metà di oliva gentile di Larino, per un trenta per cento di leccino e il resto di peranzana, viene “spartito” fra i soci, che fanno le provviste per le famiglie, e venduto al settanta per cento, con riscontri ogni anno più entusiastici e un fatturato che lievita. 

Il buon esempio tuttavia non riesce a diventare un modello, e un Oleificio Cooperativo di queste dimensioni resta un unicum in una terra che pure è ricca di olive, e dove i piccoli coltivatori sono migliaia. Colpa della mentalità molisana, poco incline alla logica della “rete” e ancora troppo lontana da esperienze di cooperative agroalimentari che hanno arricchito intere zone geografiche italiane.

«Ma anche – riflette il presidente del consiglio di amministrazione – di una storia di produzione dell’olio fatto secondo crismi troppo recente. Rispetto a regioni come la Toscana il Molise è molto indietro, e non può ancora permettersi di vendere, insieme al prodotto, un territorio». 

Qualche passo in avanti però si comincia a fare, e il frantoio dell’Oleificio, con due diverse linee produttive che sintetizzano tradizione e modernità, è un valido esempio. Se le olive, alcune delle quali hanno ottenuto la dop, sono sempre le stesse, «quelle che coltivavano i nostri antenati», cambia il processo di lavorazione, e alle cisterne interrate di un tempo si affiancano le cisterne ultra moderne, motivo di orgoglio dell’azienda, risultato del recente investimento, capaci di trattenere per mesi e mesi, senza intaccarle, le caratteristiche organolettiche dell’oro verde e anche quel colore di olio nuovo e il profumo più pungente che solitamente si perde dopo qualche tempo. 

«In cinquant’anni sono cambiate tante cose» dice Antonella, che ricorda i racconti di altre generazioni, quando le olive si gettavano nella macina così come arrivavano dalla terra, a colpi di pala. «E non accadeva certo il secolo scorso, ma fino a qualche decennio fa…». Oggi è un’immagine sbiadita, che sembra perfino impossibile se rapportata al procedimento meccanico durante il quale le olive vengono lavate, defogliate, frantumate, gramolate e separate, ovviamente con l’estrazione cosiddetta “a freddo” che non altera le caratteristiche chimiche e sforna un olio a bassissima acidità. 

«I soci della cooperativa credono nel valore dell’investimento per migliorare la qualità e garantirsi fette importanti di mercato» conclude Giovanni Di Matteo, il presidente di una realtà che è riuscita a fidelizzare una clientele “forestiera” e sempre più convinta della bontà dell’olio molisano, raddoppiando negli ultimi 5 anni la produzione e riuscendo a piazzarne ben il 70 per cento al dettaglio. 

«Tutto ricavato dalle olive conferite dai soci, appena raccolte e molite entro le 24 ore». Quegli alberi, che riempiono di bellezza e valore paesaggistico la campagna fra San Martino in Pensilis e Campomarino, orgogliosi e tenaci, sono il filo rosso tra lo stile di vita degli antenati e i figli e i nipoti che oggi fanno crescere l’Oleificio, un punto di contatto inossidabile fra le generazioni, e la garanzia che le cose possono cambiare senza cambiare la strada della storia.

di primonumero.it

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