“BLUE 22”
Le narrazioni di Giuseppe Pittà, poeta, scrittore e giornalista molisano
di Giuseppe Pittà
01 Febbraio 2024
Torniamo adesso alla nostra semplicità. Dopo aver sfiorato la notorietà con una Mostra strepitosa, rientriamo nei vestiti più umili e ci concediamo una bella pausa. Quelle tele così innovative per la nostra terra ci avevano permesso di fare un piccolo passo in avanti, naturalmente per riuscire a crescere di un piccolo nuovo centimetro di un che di culturale. Un bel tocco di novità io la scopro in certe poesie che ricavo dagli esperimenti di John Cage, quando corre sul pentagramma costruendo una corsa a perdifiato, giocando di sempre nuove provocazioni. Intanto ci chiudiamo, quasi prigionieri, nelle sale enormi del Palazzo Ducale, dietro i grandi finestroni, da dove, in certe ore del giorno, entra una luce sfavillante, che acceca gli occhi ed addormenta la mente. Che poi non è cosa brutta, perché ci arrivano i sogni e quelli sono sempre pieni di una grande speranza, quella di ritrovarci sempre così uniti a pensare alla realizzazione di un futuro collettivo, come a voler vivere di noi, delle nostre cose d’Arte e Follia.
Perché abbiamo chiamato quel luogo Studio C mi sfugge dal pensiero. Forse era la grande C del nostro pensiero ideologico o semplicemente un prenderci in giro ad appellarci a qualcosa di veramente volgare. Fatto sta che stiamo producendo molte cose buone e lì ci troviamo con lo scopo di demolire le vecchie teorie di un cammino che abbiamo dismesso e tante concezioni che consideriamo sbagliate. Ci siamo tutti, il gruppo è folto, il bosco è intricato e difficile da percorrere, ma è un signor bosco e di aver piantato i semi dobbiamo essere orgogliosi. Ci siamo tutti, Renato, Dante, Nicola, Luigi e dei ragazzini più piccoli che abbiamo accettato senza alcuna votazione. Tra loro il più anziano sono io e riesco a respirare un’aria da leader, che però non mi è mai veramente piaciuta e perciò lavoro per cancellarla.
Funziona tutto al meglio, le strade sono quelle giuste. Ci raccontiamo le cose migliori, progettando sogni magnifici e condividendoli come in un unico cuore. Cominciamo ad attrarre gente. Molti degli artisti e pensatori molisani si accorgono di quanto potenziale ci sia in questo gruppo di giovani oratinesi e ci invitano alle loro performance e si prendono anche le critiche, perché noi rappresentiamo il nuovo e sul nuovo nessuno ci può impunemente sputare. Pietra, inchiostro, colore, materiali diversi che diventano parte di ognuno e che ci fa fare grandi ed importanti passi in avanti. La nostra è storia di formazione, l’atteggiamento lo richiede l’età e la voglia prepotente di lasciare almeno un piccolo segno, un qualche riconoscimento, un grazie per l’invito al ballo.
E il giorno ci accoglie ogni volta con la luce, è straordinario, meraviglioso ma, allo stesso tempo, anche un po’ pauroso, perché stiamo rinunciando a gran parte della gioventù, rinchiusi negli odori della trementina, nella colla per il collage, nelle birre che ci facevano compagnia e nella musica a palla, perché noi non siamo per il silenzio, ma per l’urlo quasi disumano del rock and Roll. È tutto fantastico, peccato che tra due giorni dovrò tornare ai libri, al caos della casa che trema, la mia stanza romana, dove avviene il massacro del cambiamento, scegliendo ogni volta altre strade, altre luci, altre parole. Non ho desiderio, stavolta di andare, ma me lo faccio venire. Devo farlo, si…
di Giuseppe Pittà