• 04/15/2025

Cammino sinodale

Assemblea aggiornata a ottobre

di Umberto Berardo

15 Aprile 2025

 

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La seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia tenuta in Vaticano nell’aula Paolo VI dal 31 marzo al 3 aprile 2025 si è conclusa senza l’approvazione del documento finale intitolato “Perché la gioia sia piena” costituito da cinquanta Proposizioni elaborate dal Consiglio Permanente della Cei prima in un testo molto corposo e successivamente snellito fino a ridurlo alla metà dei caratteri.

Ai lavori che avrebbero dovuto concludere il cammino sinodale iniziato nel 2021 hanno partecipato 1.008 persone e precisamente 168 vescovi, 252 sacerdoti, 34 religiosi, 17 diaconi e 530 laici, dei quali 277 erano donne.

Dopo tre giorni di discussione con centocinquanta richieste d’intervento in aula i delegati hanno deciso che, viste le numerose proposte di emendamenti giunte dai gruppi di lavoro, il documento proposto, definito dall’Assemblea inadeguato, generico e vago, non rispondeva alla ricchezza di riflessioni e suggerimenti emersi in ben quattro anni d’impegno delle commissioni sinodali diocesane.

Su 854 votanti ben 835 hanno votato alla fine una mozione proposta dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, con cui si chiede di affidare alla Presidenza del Comitato Nazionale del Sinodo con il supporto dei responsabili dei gruppi di studio l’elaborazione del documento conclusivo la cui approvazione viene tuttavia rimandata a sabato 25 ottobre 2025 in occasione del Giubileo delle equipe sinodali e degli Organismi di partecipazione.

Rinviata di conseguenza anche la tradizionale Assemblea dei Vescovi, prevista nel mese di maggio e spostata a novembre, proprio perché dopo l’approvazione definitiva del documento conclusivo possa recepire il testo e farlo suo

La motivazione del rinvio è stata precisata da monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, il quale ha dichiarato che “L’Assemblea di martedì mattina e le moltissime proposte di emendamento avanzate dai 28 gruppi richiedono un ripensamento globale del testo e non solo l’aggiustamento di alcune sue parti”.

In un messaggio inviato a papa Francesco dai vescovi si riconoscono le criticità e l’utilità dei consigli avanzati dai ventotto gruppi di lavoro precisando che essi confluiranno nel documento da elaborare e approvare a ottobre, ma si sottolinea anche che “la Chiesa non è un Parlamento”.

In realtà la sinodalità non è assimilabile a una democrazia liberale trattandosi di un cammino fondato sul confronto continuo all’interno del Popolo di Dio che dovrebbe essere proprio una democrazia piena dove si compiono scelte condivise e chiaramente rispettose del Vangelo con la guida di chi ha competenze sul piano teologico.

Proviamo a capire perché l’assemblea ha considerato il testo proposto di una certa vaghezza e soprattutto limitato nell’indicazione dei possibili cambiamenti indicati dalle 196 sintesi delle Commissioni Sinodali Diocesane per la riorganizzazione della struttura e della pastorale della Chiesa del futuro.

I passaggi più generici del documento presentato a Roma secondo i gruppi di studio sono stati in particolare quelli riguardanti il ruolo delle donne all’interno della corresponsabilità missionaria e della struttura delle comunità ecclesiali, la riorganizzazione territoriale con un’auspicabile guida sinodale delle comunità locali anche grazie all’obbligatorietà dei Consigli pastorali parrocchiali e diocesani, una gestione finanziaria compartecipata e trasparente della Chiesa a qualsiasi livello,  l’accompagnamento delle persone “in situazione affettiva particolare”, la pastorale per le persone divorziate, risposate civilmente o conviventi, la cura dei soggetti fragili, la formazione della maturità di fede radicata nella Parola con un percorso rinnovato soprattutto per i giovani sul piano metodologico e linguistico.

Lo scrittore spagnolo Javier Cercas, autore del volume “Il folle di Dio alla fine del mondo” e ospite di Corrado Augias nella recente trasmissione televisiva “La torre di babele”, ha affermato che la Chiesa cattolica ha necessità d’inculturarsi nel tempo e nel territorio in cui opera, di rinnovarsi nel linguaggio rendendolo più attrattivo, ma soprattutto di liberarsi dal “clericalismo” e dal “costantinismo” che a suo avviso sono forme di potere che deviano il cammino ecclesiale dal messaggio di Gesù e dalle esperienze delle prime comunità cristiane. 

Sono tutti questi dei temi sui quali nei quattro giorni di lavoro la base ha cercato ancora una volta di stimolare la gerarchia verso quei cambiamenti radicali già indicati dal Concilio Vaticano II e mai realizzati.

Su tali questioni ci sarebbero delle commissioni di lavoro che tuttavia si sperava potessero dare già indicazioni in ordine a una pastorale che è rimasta ferma nel linguaggio, nella preparazione dei formatori, nei riti e nei metodi operativi.

Se i tempi per la conclusione del Sinodo sono stati dilazionati di sei mesi, ciò è dovuto alle centinaia di emendamenti proposti che non hanno permesso di riorganizzare il testo del documento il 3 aprile, ma anche alle difficoltà di assumere decisioni su questioni ancora aperte rispetto alle quali non c’è chiarezza sul modo di affrontarle.

Il cardinale Zuppi non ha nascosto una certa delusione da chi sperava che l’assemblea potesse concludere il percorso sinodale già il 3 aprile con l’approvazione delle Proposizioni presentate, ma ha anche apprezzato la vivacità e la creatività di una Chiesa appassionata nella soluzione dei problemi al suo interno.

Monsignor Castellucci è parso ottimista parlando di un’assemblea “viva, critica, leale, appassionata per la Chiesa e la sua missione”.

Su quanto accaduto a Roma ci sono quelli che minimizzano, ma anche chi ritiene che ancora una volta si è avvertita la tensione tra chi frena e quanti invece spingono per un rinnovamento della Chiesa a livello strutturale, gestionale, metodologico, linguistico, pastorale e liturgico.

Una cosa mi sembra chiara: la relazione conclusiva proposta è stata considerata blanda e inaccettabile perché su molti temi affrontati dalle commissioni e dai gruppi di lavoro non veniva presa alcuna decisione.

Le problematiche aperte dall’assemblea di Roma sono sicuramente complesse, delicate e difficili, ma non possono essere lasciate insolute.

Con tali difficoltà credo che il rinvio per l’approvazione del documento conclusivo del Sinodo sia quanto mai opportuno nella speranza tuttavia che ciò non serva a procrastinare scelte davvero indispensabili per una Chiesa che possa riuscire sempre meglio a testimoniare la Parola di Dio con fedeltà e coerenza.

Tutto va esaminato alla luce del Vangelo chiedendo al Signore che guidi la Chiesa ad essere una collettività che faccia del metodo sinodale uno stile di vita già proprio delle prime comunità cristiane come testimoniano gli Atti degli Apostoli.

Il quadriennio di lavoro ha prodotto fin qui una ricchezza di idee presenti nei Lineamenti, nello Strumento di Lavoro e nelle sintesi delle Commissioni diocesane che mi auguro possano portare a scelte condivise attraverso un lavoro sinergico che esprima sintesi chiare e coerenti con il messaggio di Gesù di Nazareth.

Al riguardo allora c’è da augurarsi che i mesi che ci separano dall’assemblea conclusiva aggiornata al 25 ottobre 2025 siano davvero proficui per un lavoro che riesca a disegnare un percorso innovativo per rendere davvero la comunità cattolica un Popolo di Dio capace di testimoniare con una vita credibile la propria fede.

Ovviamente è quanto mai opportuno che i delegati diocesani ricevano il documento conclusivo con qualche settimana di anticipo per poterlo studiare con la dovuta attenzione.

In quanti hanno creduto nel Sinodo e hanno lavorato nelle tante Commissioni Sinodali ci sono speranze che credo non possano essere disattese ed è per questo che penso occorra operare perché l’immenso patrimonio di fede e di valori della Chiesa sia sempre più al servizio di quanti intendono vivere alla luce del Vangelo.

di Umberto Berardo

 

15 Aprile 2025

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