Chi ha inventato le bombe a mano?
Non sempre i molisani sono stati gli ultimi
di Franco Valente – fb
17 ottobre 2024
CHI HA INVENTATO LE BOMBE A MANO?
Un primato che appartiene a un molisano.
Molti sospetti gravano sul venafrano Battista Della Valle!
Lo hanno scoperto nel 1939 Enrico Maltese (generale di artiglieria) e Mariano Borgatti (direttore del Museo di artiglieria di Roma) quando hanno redatto la voce Bomba per l’Enciclopedia Treccani.
Secondo gli storici delle armi da fuoco le “bombe da mano” sarebbero state inventate da un certo mastro Giovanni Faci (de li Faci) di Barge. Un piemontese che le avrebbe usate nella difesa di Cuneo nel 1537.
Un triste primato la cui idea, però, era stata scopiazzata al venafrano Battista Della Valle. Questi aveva spiegato come si dovessero fabbricare almeno una decina di anni prima nel suo trattato sulle armi (IL VALLO) dedicato a Enrico Pandone, conte di Venafro e suo amico personale.
Soprattutto il nostro Battista avvertiva che bisognava essere molto veloci nel lanciarle perché non facessero danni a chi le lanciava (“…perchè la non facesse nocimento à chi l’ha da trar“).
L’edizione più antica fu data a Napoli nel 1521, mentre altre le vediamo stampate tutte a Venezia per i tipi di vari editori.
Nel 1524, una prima edizione è dello Zoppino e viene riproposta dallo stesso nel 1529.
Il Ciarlanti (“Memorie Istoriche del Sannio”) riferisce di conoscerne una stampata nel 1535 per Piero Ravano e compagni.
Sempre a Venezia una ristampa venne curata nel 1539 da Vettor Romano della Serena ed una successiva, nel 1550, dagli eredi di Pietro Ravano. Ludovico Valla dice di possederne una stampata a Venezia nel 1543.
Nelle edizioni successive alla prima Battista Della Valle anticipa la trattazione con l’aggiunta di tre capitoli interamente dedicati alla descrizione delle modalità esecutive degli “arteficii di fuoco“, dove spiega come debbano essere fatte le “trombe di fuoco di mirabile fattione“, le “balle di bronzo … le quali schioppando fan grandissimo danno” ed i “fiaschi overo pignattelle di fuoco artificato da trazzere“.
Le prime erano una sorta di fiaccole esplosive costituite da un cilindro di legno tornito, ripieno di un impasto di polvere di bombarda, “pezza greca” e polvere di argento vivo impastato preferibilmente con olio di ginepro o, in alternativa, con acquavite o anche con olio comune misto a vernice liquida.
Le seconde erano delle vere e proprie bombe a mano realizzate mediante fusione a cera persa di una sfera cava “al modo che se fa per buttar campane“, con una lega bronzea costituita da tre parti di rame ed una di stagno. Le “balle” venivano riempite per metà di polvere di “schioppetto” e per l’altra metà di un impasto di polvere di bombarda mista a “pezza greca” pestata sottilmente nel mortaio.
L’autore avverte della necessità di essere presto nel lanciarla, appena appiccato il fuoco, “perchè la non facesse nocimento à chi l’ha da trar“.
di Franco Valente – fb
17 Ottobre 2024