Contro 20 anni di malgoverno
“Guardateli, sono tutti lì a rinfacciarsi le responsabilità per lo stato di abbandono in cui versa la nostra Regione”
di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv)
14 ottobre 2024
Guardateli, sono tutti lì a rinfacciarsi le responsabilità per lo stato di abbandono in cui versa la nostra Regione.
Qualcuno ha cambiato casacca, altri, i più fluidi come dice l’on. Zanda, anche il “campo”, ma sempre e solo per occupare spazi politici dismessi, dicono loro, consapevoli che almeno il 50% degli Italiani che non vota più ha ben chiaro che si tratta invece di spazi fisici (poltrone) lautamente remunerati, al solo scopo di rappresentare le istanze di tutti i cittadini, anche se aventi interessi contrastanti. È chiaro a chiunque che la mission ha un difetto intrinseco: rappresentare interessi confliggenti, è compito arduo e complesso ed è appunto nella complessità che si nasconde il vero obiettivo dei furbi, quelli che stanno un po’ di qua e un po’ di là. La politica è scelta, non puoi stare da tutte e due le parti, anche se ne comprendi le ragioni, devi difendere la tua visione, il tuo progetto, i tuoi valori, se ce li hai.
È da oltre vent’anni che col nostro periodico cerchiamo di raccontare la realtà molisana vista da chi non ha voce né forza per farlo, senza faziosità ma avendo scelto da che parte stare. Pontificano in Consiglio Regionale da oltre un ventennio, sul sesso degli angeli o, nella migliore delle ipotesi, delle loro prebende e si stupiscono per lo stato di decozione in cui hanno ridotto la nostra terra, come fossero appena ritornati da Marte. Ve lo ricordate Michele Iorio, il presidente che ha gestito la Sanità molisana per circa dodici anni? Non è parente di quello di oggi, sedicente assessore alla Sanità: è lo stesso di allora, proprio lui, Iorio. più realista di Re Giorgia, che aspetta con gioia l’attuazione dell’Autonomia differenziata (una delle tante porcate di Calderoli) per portare i libri in tribunale, a sua insaputa.
Il periodico la fonte, in questi venti anni, con caparbietà, denunciò gli sperperi di danaro pubblico nella gestione della Sanità, proponendo un modello coerente col dettato costituzionale, più vicino ai cittadini e più lontano dagli interessi dei privati. Inascoltati, come sempre, dovemmo registrare una costante crescita delle strutture private con la conseguente chiusura di alcune di quelle pubbliche. Fummo sconfitti allora ma abbiamo spalle larghe per sopportare l’arroganza del potere: Iorio, che si ispirava al modello sanitario americano dichiarò, in un servizio radiofonico, che non sapeva neanche cosa fosse la medicina territoriale. Sapevamo allora e lo sappiamo ancora di più oggi che avevamo ragione ma tutto questo non riesce a farci gioire.
La rivista su cui scriviamo (La Fonte) è nata da motivazioni concrete: lottare contro le ingiustizie perpetrate nell’ambito della ricostruzione post-sisma. Intuimmo da subito che ridurre gli spazi democratici per affrontare le conseguenze di un evento così complesso sarebbe stato dannoso sia per le vittime che per le rappresentanze istituzionali. La fase emergenziale -12 anni – non si sarebbe dovuta protrarre oltre il dovuto (sei/nove mesi) per restituire a chi era stato eletto, la gestione della ricostruzione al fine di evitare scorciatoie arbitrarie e illegittime. Fummo sbeffeggiati prima dalla classe politica di allora e poi dal Capo della Protezione civile Bertolaso, già da allora incline a gestioni disinvolte della cosa pubblica.
Da subito avemmo conferma di ciò che sostenevamo. Iorio, quello di prima, nominato commissario alla ricostruzione, emanò un Decreto con il quale estese il cratere sismico da 15 a 83 comuni senza che nessuno gridasse allo scandalo. Quel decreto fu contestato non solo da Bertolaso ma anche dalla commissione ispettiva nominata dal presidente Prodi, la quale dichiarò incongrua anche l’Ordinanza n. 13 che regola l’intera ricostruzione. E per non farsi mancare niente, il commissario Iorio, sempre lui, distribuì i fondi destinati dal Governo e dalla UE alla ripresa produttiva del Cratere e delle zone alluvionate del Basso Molise, a tutti i 136 comuni della Regione. L’effetto elettorale di queste scelte fu sconvolgente, sul piano economico un po’ meno. I fondi esigui per la ricostruzione nel cratere allargato da Iorio non consentirono l’adeguamento sismico degli immobili danneggiati così che, i terremotati del cratere, quello vero, dovettero accontentarsi, come si dice da noi, del brodo che la carne costa. I fondi dell’art. 15, stanziati per la ripresa produttiva, così come avevamo previsto, non produssero né sviluppo né lavoro.
Denunciammo, inascoltati, anche le panzane sull’Università a San Giuliano, la Protezione Civile Nazionale a Bonefro e gli sprechi per la ricostruzione della scuola costata 13 milioni di euro, ormai in via di chiusura, l’insostenibilità delle spese di manutenzione per la piscina olimpionica già chiusa da qualche anno: tutto quello che chiamavano con orgoglio “Modello Molise”. Avremmo preferito avere torto e purtroppo, anche in questo caso, ancora una volta avemmo ragione.
Poi, al governo della Regione arrivarono quelli che per 12 anni avevano interpretato il ruolo di oppositori. Non furono premiati dagli elettori per il messaggio artistico e comunicativo dell’opera rappresentata, né per la sceneggiatura. Riuscirono invece a far credere ai Molisani che con una buona campagna acquisti nel campo avverso avrebbero potuto cambiare il destino di tutti loro. In sintesi, “vincere con le idee degli altri per non perdere con le proprie”. E fu il Verbo. La fonte si batté fino all’inverosimile perché questa tragedia non accadesse ma il trio delle tre FFF (Fanelli- Frattura-Facciolla) interpretò con talento la pièce per la co-regia del senatore Ruta e dell’on. Leva. I cinque anni del Nuovo Governo di unità regionale furono i peggiori anni del nostro ventennio, secondi solo a quelli di Toma. Tutti sanno che Frattura non partecipò alla conferenza Stato-Regioni dove si dette il via libera al decreto Balducci, ma nessuno sa il perché. Sappiamo però che l’assenza, in quel consesso, equivale a voto favorevole; per la viabilità e i trasporti possiamo dire, senza tema di essere smentiti, che Frattura barattò un collegamento veloce Termoli/San Vittore con la Metropolitana leggera Matrice/Boiano, lasciando isolate le zone interne del Molise: né strade né ferrovie; per lo sviluppo il Nuovo Governo regionale festeggiò il rientro nell’ obiettivo uno, quello in cui è collocata l’ Ungheria, perché “così dall’Unione Europea arrivano maggiori risorse” dissero; per quanto riguarda le risorse energetiche, dopo l’ approvazione del Piano Energetico regionale siamo ancora in attesa della presentazione del regolamento applicativo dello stesso senza il quale non si può partire.
E poi si chiedono, la Sinistra naturalmente: ma perché, dopo tanti successi è arrivato Toma? Che faccia tosta !!! Ah dimenticavo l’ambiente, l’unica battaglia vinta, insieme ad altri, quella delle mucche a San Martino in Pensilis, Ve le immaginate 12mila vacche che pascolano nella terra che ha dato i natali al cons. Facciolla? Producono tanta merda quanto una cittadina di 60mila abitanti: da paese dei balocchi ha rischiato di diventare un paese di merda. Caro Vittorino, grazie al nostro impegno, hai evitato che ti ricoprissero di cacca. Per quanto riguarda l’imperio Toma, il nostro direttore ci ha fatto sapere che l’articolo è venuto troppo lungo e lo ha tagliato solo per non finire in tribunale
di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv)
lì 14 ottobre 2024