• 06/06/2018

Domande ineludibili

“Sono un economista, mi ispiro alle teorie di Keynes, voglio salvare il Molise dall’invasione dei ‘Barbari’”

di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv)

06 giugno 2018

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Questo lo storytelling con cui il prof. Donato Toma si è presentato ai sui concittadini i quali gli hanno creduto e gli hanno affidato le sorti della regione Molise. Mettiamola così e facciamo finta che i “paisani” lo abbiano scelto per questo; ricominciamo da qui. Al nuovo governatore qualcuno rimprovera di essere stato parecchio trasversale nelle sue collaborazioni politico-amministrative sia con la destra che con la sinistra e tuttavia comprendiamo che per un economista keinesiano, il solo fatto di essere convinti che il capitalismo possa avere finalità diverse dal profitto, giustifica di per sé la scelta di mettere a disposizione dei vincitori le proprie conoscenze.

Oggi che però lo studioso ha dismesso la toga e non ha più il tempo per le elaborazioni teoriche, i consigli, le raccomandazioni, le avvertenze, siamo convinti che parlerà sempre meno Keynes e sempre di più di come mettere insieme le spese del pranzo con quelle della cena. I molisani, con il voto, gli hanno affidato le loro speranze, i loro sogni, le loro sofferenze e per questo il neogovernatore dovrà passare rapidamente dalle parole ai fatti: fare valutazioni sulla base di situazioni concrete non sovrapponibili; elaborare soluzioni ai problemi lasciati irrisolti dai suoi predecessori e scegliere i compagni di strada con i quali intende giungere al traguardo.

Non vorremmo essere ingenerosi ma aver individuato i membri della sua giunta con criteri matematici e non con criteri politici, dopo aver comunicato urbi et orbi che i suoi assessori sarebbero stati scelti sulla base della loro esperienza oltre che per la loro competenza, denota tuttavia la difficoltà con la quale il presidente fatica ad entrare nel ruolo che gli è stato affidato: esercitare un potere; governare la regione. Spesso in campagna elettorale ci ha deliziato con le sue spiegazioni sulla “teoria generale”, la piena occupazione quale missione primaria dell’ economia e l’investimento pubblico nella recessione, tutti antidoti al fallimento del capitalismo, misure predicate nei convegni e mai attuate in natura. Noi in verità ci accontenteremmo di molto meno, atteso che, da una quindicina di anni, l’unica misura conosciuta dai politici che hanno sgovernato questo Paese è stata l’austerità.

Ma torniamo a noi e a quello che il presidente Toma ha predicato in campagna elettorale, ma anche dopo la proclamazione. Si è occupato dello sviluppo, degli investimenti infrastrutturali, della Sanità, della formazione, dell’agricoltura, meno del futuro dei giovani e della decrescita demografica, quasi mai di terremoto e d’intorno, e siccome la nostra è “la rivista dei terremotati”, da qui vorremmo ripartire, considerato che la precedente amministrazione si è guardata bene dall’affrontare i numerosi problemi ereditati da Iorio e dai suoi collaboratori. Il Comitato per il Rientro nell’Ordinarietà, che non è stato mai tenero con la gestione commissariale, nella relazione trimestrale del 2009, accogliendo parzialmente le richieste del sub commissario, stabilì che i danni prodotti dal sisma del 2002 ammontavano a circa due miliardi e mezzo di euro e siccome ne sono stati impiegati poco più della metà, è legittimo chiedersi se le abitazioni appartenenti ai non residenti, ugualmente danneggiate gravemente e dichiarate inagibili come quelle dei residenti, hanno ancora diritto al contributo economico. Per i numerosi progetti di classe A esclusi dall’Accordo di Programma Quadro, “senza alcuna motivazione”, (cosi si esprime il Tar Molise in numerose sentenze), intende il presidente Toma aggiungere il suo nome nell’Albo d’oro dei nemici dei terremotati, o vuole, con saggezza, rinunciare all’infame gravame prodotto dal suo predecessore, restituendo ai malcapitati il diritto di tornare ad abitare nelle proprie case? Vorrà il presidente Toma informare i terremotati su quanti sono i soldi non spesi della famosa delibera CIPE, che rischiano di essere riprogrammati dopo il 31 dicembre di quest’anno? Attendiamo, senza pregiudizi, risposte chiare.

Quanto allo spopolamento della nostra terra, il problema sembra non impensierire nessuno, Toma compreso, il quale pensa che sia più semplice modificare il decreto Balduzzi che invertire le tendenze di crescita della popolazione molisana. Le due cose sembrano non avere nessun nesso eppure sono profondamente legate tra di loro e tra loro e l’esistenza della regione Molise. Nel lontano 1963, l’on. Sedati, nel discorso pronunciato alla Camera dei Deputati a sostegno della istituzione della “ventesima regione”, rivolgendosi all’assemblea, in uno stato di innocente ottimismo, tracciò un programma di sviluppo per il Molise, allora abitato da 350 mila abitanti, che avrebbe consentito, in poco più di un quarto di secolo, il superamento dell’unica criticità sollevata da qualche parlamentare “molisescettico” e dalla stampa: la scarsa consistenza demografica. Purtroppo non è andata cosi. Non è stato Balduzzi a impedire che il Molise avesse un ospedale di secondo livello, sono i molisani che hanno tradito le promesse dell’on. Sedati e continuano a farlo senza ritegno.

Quanto all’ipotesi, ardita, di riportare il Molise nell’obiettivo uno (situazione in cui versano le regioni maggiormente in difficoltà, compresa la nostra) al solo scopo di usufruire di fondi strutturali europei più cospicui di quelli che riceviamo, sarebbe veramente imbarazzante sottrarsi alla più canonica delle domande che inevitabilmente i teutonici porrebbero, più o meno del seguente tenore: “premesso che i parametri economici di crescita, ricchezza, occupazione, consentono di collocare la vostra regione tra quelle più disagiate, potrebbe spiegarci, mister Toma, come sono stati utilizzati i fondi strutturali assegnati dall’Europa negli ultimi quindici anni?”.

Lasci perdere presidente, rispondere a questa domanda le costerebbe l’amicizia di molti suoi compagni. 

di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv)

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