Lunedì 16 settembre mio fratello compie 80 anni
Faccio gli auguri a mio fratello, missionario in Balgladesh dal 1977, riportando uno stralcio di un mio scritto di qualche anno fa
di Giovanni Germano
13 settembre 2019
Con la lettera “La meravigliosa storia di un pezzo di carta”, pubblicata su questo sito qualche giorno fa, mio fratello, Padre Antonio Germano, Missionario in Bangladesh dal 1977, ricordava come è iniziata la sua vita al servizio degli ultimi.
Il 16 settembre ricorre una data importante, Antonio compie 80 anni! Fu ordinato sacerdote nell’ottobre del 1964, un mese dopo la scomparsa di nostra madre. Un dolore indescrivibile, che ancora ci portiamo dentro intatto, segnò qull’evento, che coronava i sacrifici e l’immensa fede di Antonio. Sembra ieri, ma gli anni passano. Storie nate in un piccolo paese che non vanno dimenticate, nel rispetto della cultura e delle passioni che i nostri padri hanno saputo trasmetterci.
Voglio fare gli auguri a mio fratello riportando qui appresso uno stralcio di un mio scritto, datato 1996, in cui io rivivo quello che Antonio descrive nella lettera “La meravigliosa storia di un pezzo di carta”.
“Era scuro in volto, come mai prima mi era capitato di vederlo, quella mattina di tanti anni fa.
Eravamo all’inizio dell’estate ed io avevo compiuto da poco quattordici anni. Antonio, mio fratello, di nove anni più grande di me, voleva parlarmi. Io, la sera prima, ero stato presente, lì in camera da letto, dove era uso prendere le grandi decisioni sull’avvenire di tutti e cinque i fratelli, quando con candore confidò a mia madre e a mio padre che lui, ormai prossimo ad essere ordinato sacerdote, aveva deciso di diventare missionario. Purtroppo la reazione di mamma e papà non fu quella che lui si aspettava. Mamma fu colta da una crisi di pianto, che ancora adesso a ricordarla mi si stringe il cuore; papà, che era un duro, non pianse, ma sbottò dalla disperazione: ”Ho fatto tanto per costruire un palazzo e tu adesso lo demolisci!”.
Si, papà pensava, ingenuamente, che Antonio sacerdote potesse essere d’aiuto nella ricerca di qualche lavoro agli altri fratelli. La nostra era una famiglia di origini contadine, gli stenti erano tanti ed un prete in casa poteva far comodo. Non credo che Antonio quella notte abbia dormito; entrò presto nella mia stanza da letto, mi svegliò e all’istante mi chiese: ”Giovanni, hai sentito mamma e papà ieri sera, che devo fare?”. Il suo sguardo, che avevo imparato a conoscere sereno e sorridente, mi apparve triste e supplichevole, quasi perso. La responsabilità, che in quel preciso istante e con quello sguardo mio fratello mi scaricava addosso come un macigno, mi resero all’improvviso adulto: la mia risposta, a quell’interrogativo così angosciante, pensavo, poteva valere una scelta di vita! Sinceramente non ricordo di preciso le parole che usai per confortarlo nella sua scelta (cosa che fecero il giorno dopo anche mamma e papà), quello che ricordo molto bene invece è l’umiltà con la quale mio fratello seppe rivolgersi a me, annullando la sua ragione ed aprendo il suo cuore.
Con Antonio, ora missionario in Bangladesh, oltre al grande affetto che ci lega rafforzato anche dai gravi eventi luttuosi che hanno colpito la nostra famiglia, ho sempre avuto e continuo ad avere un rapporto paritario, basato sulla reciproca stima e sul reciproco rispetto delle idee e delle passioni.”
Questo è quello che scrivevo ben 24 anni fa sul mensile “La vianova”, per introdurre una riflessione sul “mio essere comunista” in un piccolo paese molisano.
(per leggere l’articolo completo cliccare su: https://www.laterra.org/https://www.laterra.org/laterra/wp-content/uploads/2019/09/04-1996.pdf )
di Giovanni Germano