• 01/25/2023

Elena Ciamarra

Approfondimento sulla pittrice, musicista e compositrice scomparsa nel 1981, originaria di Torella del Sannio 

di Rita Frattolillo – fb

25 Gennaio 2023

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È uscito lunedì scorso, su Primo Piano, grazie all’associazione Alesia 2007, il mio approfondimento su Elena Ciamarra.
Per facilitarvi la lettura, se siete interessati, eccovi l’originale.

La scomparsa, a marzo farà un anno, di un personaggio molisano-campano di grande statura, mi ha riportato alla mente la storia che mi legò a lui e alla moglie, la giornalista Angela Piscitelli, quando li conobbi. Sto parlando del pittore, scrittore, traduttore, filosofo, Leonardo Cammarano, che incontrai la prima volta in occasione della sua mostra “Natura e Cultura” aperta nel dicembre 1987 alla galleria di palazzo San Giorgio. Il mio articolo, “Idee sotto forma di realtà”, frutto della mia conversazione con l’artista, uscì il 17gennaio 1988 sul settimanale Molise Oggi, diretto da A. Cufari.

Il pittore, gentiluomo di altri tempi e personalità di grande spessore culturale, era ben portante, con l’aria distaccata, mista a un retrogusto indagatore tipica di chi ha molto vissuto.
Aveva esposto quadri che rivelarono al mio sguardo attento la sua solida formazione, il richiamo di una lunga tradizione pittorica, e un’ispirazione eminentemente colta.
Mi aveva colpito per il fervore e l’ammirazione con cui mi aveva parlato della madre, Elena Ciamarra, pittrice, musicista e compositrice scomparsa nel 1981.
Nelle sue parole avevo colto anche una profonda, insanabile amarezza, perché, malgrado fosse stata un personaggio di statura europea per il suo talento, Elena era del tutto sconosciuta nella sua terra d’origine, il Molise, che pure aveva ripreso tante volte nei disegni e sulle tele. Suo padre, infatti, l’avvocato del Foro di Napoli Giacinto Ciamarra, era originario di Torella del Sannio ed erede del castello, un antico maniero acquistato dalla famiglia agli inizi dell’Ottocento. Lui stesso, Leonardo, aveva trascorso in paese diversi anni.

La mia sorpresa nello scoprire una donna geniale mai sentita nominare fu almeno pari al suo sconforto, ma non pensai allora a un mio coinvolgimento, come poi invece è accaduto. Cammarano m’invitò al castello per poter vedere i lavori materni, e quando mi riuscì, fui rapita anzitutto dall’atmosfera unica che vi si respirava: mobili, arredi, tutto sapeva di antico, mi rimandava indietro nel tempo, suscitando in me, che sono una patita di Proust, ricordi proustiani.
Una quantità indefinibile di fogli con i disegni eseguiti da Elena era accatastata ovunque, le pareti erano tappezzate con i suoi quadri (copie perfette dei massimi maestri della pittura europea), e il suo piano Steinway a coda troneggiava nella sala. Tutto parlava di lei, la suggestione era tale che avrei potuto vederla entrare con passo lieve da un momento all’altro, sedersi e far germogliare dalla tastiera uno dei suoi brani. E quando tornai a casa, ancora sotto l’effetto del tempo sospeso che vibrava tra quelle pareti, scrissi di getto le mie vive impressioni che poi entrarono nel catalogo “Elena Ciamarra” edito da Arti grafiche La Regione.
La visita di allora mi confermò che era giunto il momento di rendere giustizia e visibilità a una personalità straordinaria, e mi fece comprendere appieno l’assillo di Cammarano, che intanto continuava a rilasciare interviste nelle varie emittenti locali per divulgare la figura materna nel Molise. Mi aspettavo, a quel punto, qualche iniziativa da parte dei giornalisti che raccoglievano le interviste di Cammarano, o da parte degli artisti. Ma tutto taceva, l’acqua era cheta come al solito.
Semmai, l’attenzione generale era tutta concentrata sulla Biennale del Sud, che si pensava di trasferire da Napoli al Castello di Gambatesa, inaugurato il 30 settembre 1988 dopo una decina d’anni di laboriosi restauri. Un’operazione straordinaria, perché per la prima volta la Biennale del Sud, fondata dai Borboni nel lontano1752, “sbarcava” all’esterno, ed era vista come un bel balzo avanti per farsi conoscere -finalmente- oltre i ristretti confini regionali, dal momento che gli artisti lamentavano da sempre di essere tagliati fuori dai circuiti che contano.

Insomma, il tempo trascorreva, e sul fronte “visibilità per Elena Ciamarra” si era a un punto morto, eppure io continuavo a nutrire molta fiducia nella capacità di Cammarano di realizzare la sua mission. Rimanevo perciò in una condizione di attesa. Il filo rosso con lui non si era interrotto, tanto che firmò una rigorosa recensione sul mio “Saggio sul lessico del dialetto di Campobasso”, tuttavia era spesso in Francia. E francese era un personaggio del 1600, Roger Bussy de Rabutin, un gentiluomo “di armi, di penna e di tempestosi amori”, su cui Cammarano allestì al Circolo sannitico di Campobasso una mostra nei giorni di Natale del 1994 a cui, naturalmente, andai e su cui scrissi il mio “pezzo”. Quando mi resi conto che per superare la stagnante situazione “Ciamarra” occorreva un’azione vigorosa ed efficace, sentii di dover fare la mia parte. Presi in mano la situazione, malgrado un momento di grande impegno personale.
E siccome non conosco le mezze misure, mi buttai a capofitto, essenzialmente per due motivazioni: la prima era l’esigenza di colmare un ritardo imperdonabile nei riguardi di una pittrice e musicista straordinaria; la seconda era dettata dal desiderio di attirare l’attenzione su una donna poliedrica, dal momento che il forte contributo dato dal genere femminile all’evoluzione e al progresso sociale e culturale del Paese non aveva quasi mai trovato penne pronte e obiettive.
Concertai quindi con Cammarano l’intenzione di rivolgermi al presidente dell’A.P. A. Chieffo, pur se lo conoscevo esclusivamente per le mie attività culturali. Era un’impresa non semplice, lo sapevamo entrambi!
Il presidente Chieffo ascoltò attento, sembrò favorevole alla nostra proposta, e infatti mi indirizzò all’assessore alla cultura della Provincia, che era l’archeologa della soprintendenza Angela Di Niro.
Aspetto fragile, falcata rapida ed eloquio veloce, una sigaretta dietro l’altra e il vezzo di bisbigliare in dialetto le cose spiacevoli (così la descrivevo in un mio articolo per “Molise Oggi” del 21 febbraio 1988), Angela Di Niro mi chiese seduta stante di collaborare alla realizzazione del progetto Ciamarra.
Anzitutto, però, aveva bisogno di consultare esperti del settore per una loro valutazione oggettiva e certa dell’effettiva validità della personalità che io andavo decantando con tanto entusiasmo.
Incrocio di telefonate con Gino Marotta a Roma, con lo storico dell’arte Riccardo Lattuada che insegnava all’Unimol, con Dora Catalano della Soprintendenza. Tutti avevano bisogno delle lastrine dei quadri per poter dare un parere.
Ovvio. Fatte le lastrine dei quadri scelti da Cammarano, avvenuto il vertice romano tra Marotta, Lattuada, Catalano e Di Niro, il responso fu quello che mi aspettavo; anzi, era tale il livello dell’artista, che nessuno volle perdere l’opportunità di scrivere una propria riflessione critica. Intanto il progetto da me presentato a Chieffo l’8 giugno 1995 prendeva forma nelle sue varie parti.
Occorreva organizzare una grande mostra antologica: ma dove trovare gli spazi sufficienti, e quali opere prediligere, quelle grafiche, o le tele?
Bisognava realizzare pure il catalogo, in cui entrarono, tra l’altro, gli scritti di Lattuada, Marotta, Catalano.
Cammarano intanto mi mandava a maggio la sua “nota” di ben sette pagine scritta per la Giunta provinciale. Era la biografia su Elena Ciamarra battuta a macchina, piena di correzioni.
Unica raccomandazione: non voleva comparire come biografo.
Cominciai quindi la ricerca di notizie riguardanti la vita della Ciamarra sulla rete. Niente o quasi. Cercai di contattare l’altra figlia, Maria Luisa detta Minna, che era stata spesso ritratta dalla madre, e viveva a Ferrara, città in cui erano custodite alcune opere materne.

I miei tentativi andarono falliti.
Tornai quindi sui miei passi, mentre mi si affacciava un pensiero: perché mi aveva mandato le sue note, Leonardo, se non voleva che me ne servissi? E poi: potevo ignorare le notizie di prima mano che lui mi forniva?
Sarebbe stato scortese da parte mia. E anche un atto di superbia. Alla fine, la biografia fu consegnata con la mia firma all’editore, con il beneplacito di tutti gli interessati.
Con Cammarano e Angela Piscitelli seguii tutto l’editing presso le Arti Grafiche La Regione.
Un lavoro lungo e faticoso, che vide la luce nel marzo 1996, grazie all’A.P. di Campobasso.
Per l’occasione, furono stampati in formato cartolina molti dei disegni dell’artista. Insomma, furono fatte le cose in grande. I quadri trovarono adeguata collocazione, ci fu grande affluenza di pubblico, ma non mancò qualche nota stonata. Come i mugugni di chi, sottovalutando l’impatto positivo che avrebbe avuto l’evento all’esterno, non accettò “l’invadenza” di una persona (poco importava che l’ “intrusa” fosse una protagonista di respiro europeo) avulsa dal panorama artistico regionale, e, ritenendomi la maggiore responsabile, mi bersagliò con critiche poco edificanti.
Suscitò, poi, un certo disappunto l’assenza di Minna, pittrice come la madre e il fratello, che tutti si aspettavano di conoscere.
Comunque, la serata nel salone della Biblioteca P. Albino che si concluse con l’esecuzione al pianoforte di alcuni brani della Ciamarra, fu un’apoteosi riuscita come poche, e ripagò tutti noi che ci eravamo spesi senza sosta nell’impresa di far emergere una donna fuori dal comune, che per obbedire al suo genio, alla sua vocazione, aveva rotto i cliché della sua epoca, affrontando provincialismi e chiusure. Aveva viaggiato tutta la vita spinta da sete di conoscenza, grande curiosità intellettuale e da un anelito irrefrenabile di perfezione.

Adesso, a distanza di anni, sono sempre più convinta che senza quello step faticoso ma fondamentale- mostra antologica e catalogo “Elena Ciamarra”- il pubblico, che oggi trova aperte le porte del castello, non avrebbe potuto godere della visione delle opere, né il Comune di Torella del Sannio si sarebbe potuto fregiare del vincolo ministeriale per il suo castello come casa-Museo Elena Ciamarra.
Il valore di questa donna straordinaria mi ha spinto a cogliere ogni occasione per menzionarla e diffondere quanto da lei realizzato, ciò che ha rappresentato nella Storia culturale di questo Paese. 
Sotto molti aspetti una pioniera, nel processo di emancipazione femminile. 
Una ragazza che considerava l’arte come strumento di conoscenza, che girava -in quegli anni- per l’Europa e sostava per ore nei musei, oltre che per apprendere, per realizzare con permessi speciali copie dei capolavori del passato. Una donna che, grazie alle tante mostre allestite un po’ ovunque, e ai rapporti intessuti con i circoli intellettuali stranieri, rappresentava- in anticipo sui tempi- un ponte tra Molise ed Europa.Una personalità così ricca, determinata, di rara sensibilità, aperta al mondo, che io continuo ad associare a un’altra nostra grande protagonista, Titina Maselli (1924-2005), pittrice e sceneggiatrice, anch’essa di origini molisane (Pescolanciano).
Certo, non va dimenticato che Elena, come Titina, è stata una donna privilegiata, essendo cresciuta in una famiglia colta e progredita, che l’assecondò e la sostenne sempre con convinzione nelle sue inclinazioni. Ma io sono convinta che il fuoco sacro dell’arte che bruciava in lei non si sarebbe comunque spento, pure se avesse trovato sulla sua strada difficoltà e intoppi. 
Quando nel1998 vide la luce il dizionario “Molisani milleuno profili e biografie” curato da Barbara Bertolini e da me per i tipi di Enzo Nocera, Elena Ciamarra a buon diritto figurò tra le poche (purtroppo) donne presenti nel panorama regionale di allora. 
A partire dal 2000 si è moltiplicata, fortunatamente, la presenza della Ciamarra sulla rete grazie ai social, video e commenti, sono stati organizzati nel Molise incontri culturali incentrati sulla sua personalità, come quello del “Caffè letterario” guidato nel capoluogo da Ugo D’Ugo e Sebastiano Iannone. La sua biografia ha trovato posto, finalmente, nella Treccani, come quella della Maselli.
Io l’ho raccontata ancora nel volume dell’editrice Filopoli (del compianto Gianmario Fazzini) “Il Tempo sospeso, Donne nella storia del Molise” uscito nel 2007.

Ma per valorizzare davvero il patrimonio musicale e artistico enorme custodito al castello non basta la circolazione sulla rete delle opere, dei video, anche se non è secondaria, naturalmente.
Indispensabile, ovviamente, il coinvolgimento concreto del Comune di Torella nell’attirare l’attenzione sul paese grazie ad eventi e attività interessanti che portino turisti. 
E non sarebbe fuori luogo istituire una Fondazione che si faccia carico di promuovere scambi proficui con enti e associazioni culturali, aprire a circuiti artistici italiani ed esteri l’eredità di questa grande artista, anche allo scopo di scongiurare ciò che lei aveva tanto paventato in vita, sottoponendosi a viaggi anche disagiati, come quello in Africa: rimanere emarginata e chiusa all’interno di una sola realtà. 
Pertanto, ci si aspetterebbe che le testimonianze di un’esistenza tutta votata alla creazione del bello e alla ricerca della perfezione trovassero spazio grazie a un percorso di larga fruibilità per poter continuare a “salvare il mondo”.

di Rita Frattolillo – fb

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