• 01/30/2020

Elio Germano al Teatro Studio Argot

L’attore arriva a Roma con “Segnale d’allarme La mia battaglia VR”, uno dei primi esperimenti mondiali di teatro in realtà virtuale, da martedì 4 a domenica 16 febbraio 

di Alessio Capponi (da unfoldingroma.it)

6 febbraio 2020

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Elio Germano protagonista al Teatro Studio Argot di Trastevere dal 4 al 16 febbraio. L’attore romano, vincitore di tre David di Donatello, un Nastro d’Argento e il Prix d’interpretation masculine al Festival di Cannes 2010 presenta Segnale d’allarme – La mia battaglia VR.

Innovativa, tecnologica, sorprendente piéce teatrale che fonde Teatro e Cinema grazie allo strumento della Realtà Virtuale. Ma come nasce questo spettacolo? La mia battaglia è un testo teatrale scritto a due mani da Elio Germano e Chiara Lagani, portato in scena la scorsa stagione con grande successo: un monologo impressionante in cui Elio Germano è un ipnotizzatore, un manipolatore che in un crescendo concitato e inarrestabile, seduce, ipnotizza, istiga e conduce verso un estremismo minaccioso travestito da buon senso, d’altronde il titolo dello spettacolo la dice lunga sulla fonte di ispirazione a cui si sono richiamati Germano e Lagani. Poi l’incontro con Omar Rashid e l’idea di trasformare La mia battaglia in uno spettacolo di Realtà Virtuale, un filmato in cui fondere Cinema e Teatro e grazie al quale lo spettatore sarà immerso totalmente nell’opera teatrale.

L’UnfoldingRoma, dunque, vi racconta la prima di questo innovativo ed incredibile spettacolo. Il Teatro Studio Argot si trova nel cuore di Trastevere, a due passi da piazza San Cosimato dove è nata la rivoluzione dei Ragazzi del Cinema America, quale luogo migliore dunque, per condurre un esperimento socio-culturale come quello ideato da Elio Germano e Omar Rashid? È una serata ventosa e la temperatura è in picchiata. La gente, con le spalle strette ed i cappotti serrati, si ripara nel teatro. Un placido vociare, eccitato per lo spettacolo, riempie i piccoli spazi di questo amabile tempio dell’arte. Si avvicina l’orario di inizio ed un giovane ragazzo della Gold, la casa produttrice di Omar Rashid, attira l’attenzione di tutti i presenti e ci ringrazia per essere lì e di farci sperimentatori di questa nuova concezione di spettacolo che sta per essere rappresentato. Lentamente entriamo nella sala ed ogni spettatore prende posto, su ogni sedia si trovano un visore per la Realtà Virtuale e delle cuffie. Un altro giovane, dall’accento spiccatamente nordico, richiama la nostra attenzione e ci da tutte le informazioni tecniche necessarie per poter godere al meglio dello spettacolo. La procedura è un po’ macchinosa e si crea un po’ di confusione ma è del tutto normale vista la novità e la complessità della rappresentazione. La cosa più complicata sarà attivare tutti i visori contemporaneamente in modo che la visione sia comunitaria e non individuale, perché sebbene la realtà virtuale sia una fruizione spiccatamente solitaria, la volontà degli autori è che a teatro sia vissuta e fruita da tutti gli spettatori contemporaneamente È questa la prima nota positiva ed intelligente dello spettacolo, dove si fonde modernità e rispetto del concetto di teatro come pathos e sympatheia. Non appena tutta l’attrezzatura è stata avviata, sempre seguendo le indicazioni del nostro Virgilio, inizia la visione e la prima sensazione è di sorpresa e stupore. Ci si trova in un altro teatro, siamo tutti in prima fila e davanti a noi spettatori, luci, palco e guardandoci attorno possiamo vedere tutti i particolari esattamente come se fossimo lì. Poi eccolo lì, Elio Germano che inizia il suo lungo monologo di 70 minuti. La realtà virtuale ci fa immergere nello spettacolo e ci permette di seguire l’attore in tutti i suoi spostamenti ma anche di poter guardare gli spettatori ed osservare le loro reazioni, un aspetto voyeuristico non indifferente, guardare senza essere visti. Ma soprattutto il visore ci fa immergere totalmente nello spettacolo perché non abbiamo la possibilità di controllare il nostro smartphone o guardare l’orologio. 

Tutta questa situazione è senza dubbio la seconda nota di merito. Il tempo scorre rapidamente e la rappresentazione si snoda con armonia, l’attore romano passa da registri recitativi personali per arrivare ad un recitativo propriamente teatrale fino a svelare del tutto il significato dello spettacolo che ovviamente non staremo qui a raccontarvi.

A fine spettacolo, una volta tolti i visori, si ritorna nel Teatro Studio Argot ed appare davanti a noi Elio Germano che, fragorosamente applaudito saluta il pubblico e lo ringrazia per essersi prestato a questa sperimentazione. È qui tra noi perché è la prima dello spettacolo e ma soprattutto lo ha condotto dal pubblico la sua curiosità: vuole chiedere agli spettatori sensazioni e pareri di ciò che hanno appena finito di vedere. Ma l’attore romano si presta educatamente anche a rispondere alle domande degli stessi spettatori incuriositi dalle idee sviluppate nel testo teatrale. Si apre dunque una discussione a cui le persone partecipano attivamente. Uno spettatore chiede giustamente perché mai avesse deciso di portare La mia battaglia sotto questa nuova forma di rappresentazione, insomma il perché trasportare in Realtà Virtuale un testo che fino alla scorsa stagione era nei teatri di tutta Italia. Elio Germano ci spiega che è la stessa natura dello spettacolo che ha fatto sì che nascesse questa esigenza, le reazioni del pubblico a teatro erano state le più disparate, a volte drammatiche e col tempo lo spettacolo si era inquinato a causa dello spoileraggio di giornali e dello stesso passaparola del pubblico, perdendo il senso profondo che invece voleva trasmettere. Il sistema della Realtà Virtuale ha ridato vita allo spettacolo lasciando lo spettatore da solo sebbene immerso nello spettacolo stesso, ulteriore nota di merito di questo esperimento diremmo riuscitissimo. Questa solitudine, descritta anche da qualche spettatore all’attore romano durante il confronto, è dunque funzionale alla riuscita dello spettacolo stesso, perché, nell’impossibilità di “simpatizzare” con gli altri spettatori, in uno stato di presenza-non presenza dato dalla Realtà Virtuale, le emozioni e le sensazioni provate sono proprie ed appartengono solo ed esclusivamente allo spettatore.

Elio Germano dimostra ancora una volta di essere uno dei talenti più puri del panorama artistico italiano e non solo per le sue doti interpretative e di attore ma anche per la sensibilità e la capacità di cogliere il momento storico in cui viviamo prendendo il toro per le corna e insistendo sull’argomento scomodo del totalitarismo senza mezze misure, riuscendo a ravvivare le coscienze di tutti noi perché il ricordo e la memoria non siano solo semplici parole ma fatti.

di Alessio Capponi (da unfoldingroma.it)

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