• 12/23/2019

Elogio di Lino Gentile e della sua azione amministrativa

Nella comunicazione di avviso di garanzia nell’ambito di concessione di cittadinanza italiana a stranieri con parenti italiani, al sindaco si addebita il reato di corruzione, pare per aver accettato “del vino”, in circostanze affatto precisate

di Antonio Ruggieri

23 dicembre 2019

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Lino Gentile divenne sindaco di Castel del Giudice la prima volta vent’anni fa, nel 1999.

Nel corso di questi due decenni, in quel minuscolo comune in provincia d’Isernia, al confine con l’Abruzzo, ha saputo dar vita ad un progetto che ha il senso ma anche l’esito della rivoluzione pacifica, accogliente e costruttiva della quale abbiamo bisogno più di ogni altra cosa nella nostra regione (e nel nostro Paese) allo stremo.

Fra l’altro, a Castel del Giudice è stata messa in opera: la residenza sanitaria assistenziale per chi nella comunità è nato prima degli altri, la società agricola Melise che ha recuperato i terreni abbandonati per impiantare 50 ettari di mele biologiche, l’apiario di comunità che ha formato cittadini della zona (cittadine per la maggior parte) che alleveranno api e che commercializzeranno il loro miele con un marchio unico rappresentativo anche del loro territorio, un progetto d’accoglienza che ha portato in paese quattro famiglie di nuovi residenti provenienti dall’Africa e da ultimo Maltolento, un birrificio agricolo che lavora orzo e luppolo locale di qualità eccellente.

Castel del Giudice ha ottenuto premi e riconoscimenti da tutta Europa, fino ad essere considerato dalla “Società delle territorialiste e dei territorialisti” che Alberto Magnaghi ha fondato presso l’Università di Firenze, uno degli esempi di rigenerazione territoriale più fecondi e meglio condotti in Italia.

Lino Gentile naturalmente non ha operato da solo; ha saputo mettere insieme e armonizzare una nuova classe dirigente per la sua comunità che stava rinascendo.

Suo partner fondamentale è stato Ermanno D’Andrea, uno dei maggiori imprenditori italiani, originario di Capracotta, che ha insediato a Castel del Giudice la D’Andrea Molise che produce semilavorati per il suo stabilimento metalmeccanico di Lainate, in provincia di Milano.

D’Andrea coltiva la cultura e la responsabilità sociale dell’impresa, mettendola a disposizione del territorio e della comunità che la ospitano, rinnovando un insegnamento che da Adriano Olivetti ha avuto sempre meno epigoni fra i nostri capitani d’industria.

Insieme ad Ermanno D’Andrea, il protagonista dell’albergo diffuso di Borgo Tufi, capace di recuperare le stalle ed i fienili dismessi nelle adiacenze del centro storico, è stato Enrico Ricci, architetto e costruttore, titolare di una delle più importanti imprese edili di Castel di Sangro, che ha trasformato povere casupole in un resort con centro benessere e ristorante, ma senza aumentare la cubatura edificata.

Lino Gentile ha stabilito una collaborazione con Slow Food, con Legambiente, con l’Università del Molise e con altri atenei italiani; soprattutto però, ha saputo selezionare e motivare una classe dirigente locale che ormai padroneggia e rielabora il progetto di rigenerazione in corso nel suo territorio.

Il vice sindaco Claudio Cenci, il consigliere comunale Antonio Di Salvo, Domenico Leone presidente della sezione locale di Legambiente, Simone Gentile che si occupa della Melise, l’infaticabile Remo Gentile presidente della Pro Loco, Adelina Zarlenga che amministra con efficacia e puntualità l’ufficio stampa a servizio delle innumerevoli attività messe in cantiere, unitamente a decine di cittadine e cittadini di Castel del Giudice, partecipano attivamente e consapevolmente alla rinascita del luogo nel quale vivono con le loro famiglie.

A Lino Gentile l’altro ieri è stata consegnata la comunicazione di un avviso di garanzia per un’indagine partita da Rignano sull’Arno, che ha propaggini anche fra Pratola Peligna e Castel del Giudice.

Si sta indagando su persone che, in associazione e in cambio di denaro, hanno assicurato la cittadinanza italiana a stranieri che vantavano rami di parentela nel nostro Paese; per Castel del Giudice, la Procura d’Isernia sta indagando su un funzionario comunale e sul sindaco Lino Gentile a cui si addebita anche il reato di corruzione.

Da quello che è trapelato, Gentile sarebbe stato corrotto per aver accettato “del vino”, in circostanze affatto precisate.

Noi non siamo per l’impunità di nessuno e speriamo che la magistratura svolga le sue indagini in maniera celere e approfondita; non possiamo però non evidenziare che Gentile, per le dinamiche, gli ambienti e le circostanze che lo hanno visto protagonista negli ultimi venti anni, avrebbe avuto occasioni assai meno smandrappate per realizzare utilità personali a fronte del poderoso e apprezzato lavoro che ha svolto per la sua comunità e per l’intero Molise.

Come noi la pensa, senza eccezioni, la sua comunità che ha partecipato attivamente alla rinascita di Castel del Giudice e che si è stretta accoratamente intorno al suo primo cittadino del quale ha imparato ad apprezzare il garbo, la dedizione e l’onestà.

Queste righe le scriviamo a ventiquattr’ore dallo scarno comunicato diramato dal sindaco di Castel del Giudice che si rimette con fiducia all’operato della magistratura, dichiarando di essere del tutto estraneo a qualsiasi tipo di accordo corruttivo, di non avere assolutamente nulla da nascondere e di aver compiuto esclusivamente il suo dovere come rappresentanza istituzionale della sua comunità.

Le scriviamo anche per rompere il silenzio assordante di quanti fino a ieri sono stati i corifei del laboratorio miracoloso che ha rigenerato Castel del Giudice sotto la guida del suo sindaco Gentile (anche con la minuscola) e capace, ma che adesso, dopo la notizia sommaria e approssimativa diramata l’altro giorno, elaborano senza fiatare il loro sgomentato disorientamento.

di Antonio Ruggieri

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