• 09/18/2019

I problemi sono tutti irrisolti, ma il Molise esiste e resiste davvero?

Piuttosto che ripercorrere la strada logora dell’assistenzialismo sarebbe stato più opportuno con i fondi disponibili creare un modello pilota su una comunità con un progetto di lunga durata 

di Umberto Berardo

18 settembre 2019

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Da decenni pochi volenterosi provano a mettere al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica i tanti problemi che la regione Molise vive.

Il calo demografico sempre crescente che ha portato intorno ai trecentomila il numero degli abitanti è sicuramente lo specchio di una realtà culturale, sociale ed economica ormai inaccettabile anche per quanti hanno resistito con coraggio per tanti anni.

Invece che promuovere le vocazioni fondamentali per la propria terra come l’agricoltura, la zootecnia e una forestazione in linea con il territorio le classi dirigenti dagli anni ’70 hanno rincorso un processo d’industrializzazione che si è sciolto progressivamente come neve al sole creando in pochi anni migliaia di disoccupati.

L’artigianato, mai sostenuto adeguatamente sul piano economico e formativo per il miglioramento dei processi produttivi, è ormai quasi scomparso o ridotto ad esperienze davvero limitate.

Il turismo, a parte quello estivo di ritorno degli emigrati, non riesce a decollare con presenze significative ed anche le poche iniziative rilevanti mancano di un vero sostegno economico da parte degli enti locali.

In questi giorni il “Reddito di residenza attiva” della Regione Molise sta ottenendo la ribalta a livello nazionale e internazionale.

Il nostro pensiero in merito lo abbiamo espresso in un articolo già nel dicembre 2018 e le perplessità allora manifestate rimangono intatte.

Intanto l’erogazione del contributo unicamente a chi da fuori viene a stabilire la propria residenza e ad intraprendere un’attività economica in paesi del Molise è discriminante nei confronti di chi già in essi vive da anni e non ha tale diritto. 

Il consigliere Tedeschi ha dichiarato di recente “Si tratta del primo strumento in favore della rivitalizzazione economica e rigenerazione urbana dei piccoli comuni che, di fatto, non esclude potenziali e future misure a vantaggio di coloro che già popolano, con coraggio, ne siamo consapevoli, questi centri”.

Sicuramente speriamo che le future misure riguardino tutti i cittadini compresi i residenti, ma ci auguriamo soprattutto che siano inserite in un progetto di sviluppo organico della regione che privilegi attività economiche in grado di sviluppare l’imprenditorialità autoctona che sola può garantire il futuro del Molise.

L’esiguità dei fondi a disposizione per il bando, che ammonta per l’anno in corso ad € 488.510,49, non porterebbe che qualche decina di persone a prendere la residenza in borghi sotto i duemila abitanti in Molise. 

Capite bene che sessantuno persone che potrebbero beneficiare del Reddito di residenza attivo non sono certo quanto può far parlare di un tentativo sia pur minimo di ripopolamento nei piccoli comuni di una regione che negli ultimi otto anni è passata da 320.467 a 305.617 abitanti.

Occorre poi immedesimarsi nelle riflessioni di chi dovrebbe scegliere da un altro Comune italiano con più di 2000 abitanti o da altre nazioni di venire a risiedere in piccole comunità del Molise dove le difficoltà esistenziali sono tuttora insormontabili.

Non ci piace né essere cassandre né tantomeno esercitare il ruolo di bastian contrari tant’è che lo scorso anno, sempre nelle riflessioni cui facevamo cenno prima, abbiamo cercato di avanzare dei suggerimenti migliorativi sui quali lo stesso Antonio Tedeschi era sembrato disponibile al dialogo.

Non sappiamo se in merito ci siano stati confronti con gli amministratori o con soggetti in grado di esprimere opinioni sull’idea in campo.

Piuttosto che spalmare ad esempio i progetti su tanti Comuni con il rischio di ripercorrere la strada logora dell’assistenzialismo sarebbe stato più opportuno con i fondi disponibili creare un modello pilota su una comunità con un progetto di lunga durata da ripetere poi altrove privilegiando l’iniziativa imprenditoriale dei molisani adeguatamente preparati sul piano professionale come avviene già ad esempio con “Il progetto Policoro” della Caritas Italiana.

Nell’avviso pubblicato il 17 settembre c.m. in realtà rispetto all’ipotesi iniziale nulla o quasi è cambiato nel decreto che abbiamo appena letto.

Non entriamo nel merito dei requisiti per l’ammissione al Bando, sui quali abbiamo già indicato le perplessità, né sui criteri di valutazione delle domande perché ad esempio sarebbe stato opportuno indicare il numero dei membri della commissione giudicatrice e le figure necessarie all’uopo.

La verità è che il Molise sta morendo e gli amministratori locali si inventano provvedimenti civetta buoni magari per avere l’attenzione studiata e ricercata di chi forse non riesce a leggerli in profondità e coglierne il senso.

A meno che non si voglia fare i furbi aggirando le disposizioni del bando col passaggio di residenza da un Comune limitrofo superiore a duemila abitanti, ventiquattromila euro in tre anni non crediamo siano sufficienti per convincere qualcuno ad intraprendere un’iniziativa imprenditoriale seria e duratura in Comuni della nostra regione dove il sistema sanitario è nelle condizioni che conosciamo, c’è una rete viaria che rallenta pesantemente i collegamenti interni ed esterni, la banda larga è di là da venire in moltissime realtà, il trasporto pubblico su gomma e su rotaia è del tutto inefficiente e manca perfino un’adeguata promozione di marketing.

Senza risolvere tali questioni di fondo che riguardano la vita reale dei cittadini sarà molto difficile pensare che possa in qualche maniera ripartire il processo economico della regione.

Duole costatare che i diversi comitati sorti per affrontare i problemi sul tappeto elaborandone gli aspetti e cercando soluzioni concrete ed immediate sembrano da tempo assenti nella formulazione di azioni che possano portare le classi dirigenti a prendere decisioni accettabili.

Di fronte al lassismo che sembra dominare nei diversi livelli degli enti locali e nel governo nazionale i comitati civici hanno il dovere di maturare tra i cittadini una ricerca di confronto in tempi limitati con chi gestisce il potere e poi scendere in azioni di lotta dura e irremovibile per sollecitare gli amministratori affinché vengano prese decisioni urgenti per dirimere ostacoli insormontabili ad un accettabile livello della qualità della vita dei cittadini.

Tutti i movimenti che in qualche modo si muovono sul territorio con la riflessione e con l’azione politica hanno poi necessità di convincersi che, se questa regione non deve morire, è urgente creare sinergie in un grande movimento di mobilitazione allargata che veda imboccata finalmente la strada per una trasformazione radicale delle condizioni demografiche, culturali, sociali, economiche e politiche del territorio.

Per cominciare quelli che hanno a cuore il futuro del Molise dovrebbero rendersi disponibili ad un incontro per l’organizzazione di una grande assemblea pubblica che discuta i problemi esistenti e deleghi gruppi di studio ad elaborarne gli aspetti e le soluzioni.

di Umberto Berardo

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