• 05/19/2020

Il campo di concentramento di Agnone 

Rom e Sinti: Il campo di concentramento a loro destinato e la memoria rimossa

di Stefano Pasta (da repubblica.it)

19 maggio 2020

Il 16 maggio, nel giorno della rivolta dello Zigeunerlager di Auschwitz, l’Unar organizza un viaggio commemorativo ad Agnone, in provincia di Isernia, dove sorgeva uno dei principali campi di internamento durante la seconda guerra mondiale. Partecipano oltre 60 rappresentanti rom e sinti. Luigi Manconi, direttore Unar: “Occorre svelare questa vicenda rimossa di storia italiana”

Quanti sanno che ad Agnone sorgeva un campo di internamento durante la Seconda guerra mondiale? In questo ed altri luoghi sparsi per l’Italia (Boiano, Prignano, Tossicia, Pedasdefogu, Bolzano…) sono stati detenuti rom e sinti, rastrellati in Italia e poi in parte deportati nei campi di sterminio. “La memoria collettiva – dice Luigi Manconi, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio (Unar) – ha cancellato questa pagina della storia italiana. Oggi sentiamo l’urgenza di rimuovere il velo dell’oblio, riconoscere le nostre responsabilità, ascoltare le sofferenze e la dignità delle vittime».

L’anniversario della rivolta ad Auschwitz. Per ricordare questo genocidio, l’Unar ha organizzato un convegno presso la Presidenza del Consiglio, con Ascanio Celestini e un viaggio commemorativo ad Agnone. La data del 16 maggio non è casuale: ricorda il maggiore episodio di resistenza all’interno dei lager nazisti, quando – appunto – il 16 maggio 1944 ci fu la rivolta dello Zigeunerlager. Era la sezione per famiglie zingare di Auschwitz, composta da 32 baracche circondate da filo elettrico e cancellata la notte del 2 agosto 1944 dalle camere a gas. Molti bambini furono le cavie umane del dottor Mengele, il totale delle vittime si stima di almeno 500mila: forse di più, ma la difficoltà a stabilire il numero testimonia il disinteresse calato su questo genocidio, chiamato Porrajmos o Samudaripen. «Nonostante la mole di documenti – dice lo storico Luca Bravi – si è negato alle vittime l’indennizzo dovuto, fino all’offesa più forte dell’assenza di uno spazio di ascolto per i sopravvissuti».

L’ex convento divenuto campo di concentramento. Settantaquattro anni dopo la rivolta dello Zigeunerlager, oltre 60 rappresentanti rom e sinti, insieme al direttore dell’Unar Manconi, sono arrivati da tutta Italia ad Agnone. Nella cittadina molisana, nota per la produzione delle campane, hanno percorso il tragitto dalla stazione ferroviaria all’ex convento San Bernardino, dove lo Stato italiano istituì, il 14 luglio 1940, un luogo di detenzione per ebrei, rom, sinti e cittadini di nazioni nemiche. Un anno dopo, divenne – questa la dicitura del Ministero dell’Interno – “campo di concentramento per zingari” con una capienza da 150 persone. Alla fine della guerra fu adibito a convitto e, dal 1970 ad oggi, a casa di riposo per anziani. Sotto la targa all’ingresso, posta solo nel 2013, hanno preso la parola diversi rappresentanti rom e sinti, il sindaco e Manconi. L’Ucei e l’Anpi hanno mandato un messaggio per sottolineare il forte appoggio all’iniziativa, mentre un cittadino agnonese, il novantaseienne Romolo Ferrara, ha ricordato “le file di persone, incolonnate, che furono fatte scendere dai vagoni e guidate fino alla detenzione”.

Milka, il liceo di Agnone e il nonno di Sergio. Ad ascoltare l’anziano è arrivata da Firenze anche la figlia di Milka Emilia Goman. Questa donna, morta l’anno scorso a 96 anni, era stata internata ad Agnone e ci tornò nel 2005, invitata dagli studenti del liceo scientifico Giovanni Paolo I. Da alcuni anni, infatti, i ragazzi avevano iniziato a studiare gli archivi del Comune e intervistare i nonni, con la guida del professore di storia Francesco Paolo Tanzj. Milka entrò nella struttura diventata istituto per anziani, riconobbe le celle della detenzione, le sbarre alle finestre, rievocò i compagni di prigionia. Tra di loro c’era il nonno di Sergio Haldaras, che ricorda: «Teneva sempre in tasca del pane temendo di rimanere senza cibo. Era un’abitudine nata dopo la liberazione dal campo proprio a causa della tanta fame patita all’interno dell’ex convento».

Lo sguardo rivolto alle discriminazioni nel presente. La memoria del passato deve però guardare ai nostri giorni. Insiste il direttore dell’Unar: “Negare lo sterminio favorisce la segregazione e la discriminazione”. È una richiesta che torna anche nei discorsi dei rappresentanti rom e sinti. Il pensiero va alla famiglia rom di Mirafiori a Torino, il cui camper è bruciato la notte tra il 7 e l’8 maggio per cause ancora da chiarire, mentre alcuni abitanti del quartiere filmavano dividendosi tra chi rideva e chi invece diceva: “Dovevano bruciare!”. O a Tobbias, che suona all’apertura del convegno dell’Unar presso la Presidenza del Consiglio: è il giovane rom che, il 10 maggio, dopo aver intonato “O bella ciao” con la fisarmonica, è stato aggredito da tre persone, spinto fuori dal tram 8 di Roma e picchiato.

Per approfondire il Porrajmos:

Giving memory a future. Rom e sinti in Italia e nel mondo, realizzato dal Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica di Milano e dall’Usc Shoah Foundation Institute.

Memors. Il primo museo virtuale del Porrajmos in Italia. La persecuzione dei Rom e dei Sinti nel periodo fascista, realizzato dall’Associazione Sucar Drom, l’Università Telematica L. Da Vinci di Chieti, la Fondazione ex Campo Fossoli, la Federazione Rom e Sinti Insieme, Flare.

di Stefano Pasta (da repubblica.it)

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