• 04/22/2025

Il colore delle facciate

Nella storia dell’architettura un peso minore lo ha avuto la colorazione dei prospetti

di Francesco Manfredi Selvaggi

22 Aprile 2025

 

Back

 

La colorazione dei fronti dei fabbricati presenti nei centri storici è un tema importante nell’azione di valorizzazione di un borgo. Esso, comunque, è stato annullato in quei Comuni, prendi Ripabottoni, dove alle case della parte antica dell’abitato è stato tolto l’intonaco con i fondi della riattazione post sisma 2002.

L’architetto si è sempre e da sempre misurato con il tema della composizione della facciata preoccupandosi/occupandosi della distribuzione delle bucature secondo certi criteri, il loro allineamento sia in verticale sia in orizzontale, delle cornici delle stesse, dell’ “attacco a terra” cioè la zoccolatura alla base, del coronamento superiore, il cornicione, delle chiusure laterali, i cantonali. Un peso minore nella storia dell’architettura lo ha avuto, di sicuro, la colorazione dei prospetti. Quest’ultima evidentemente si associa con la scelta dell’intonacatura dei fronti del fabbricato non sempre e da sempre condivisa da tutti. Addirittura vi è stata un’oscillazione del gusto tra intonacare o meno per cui una parete, esterna su cui inizialmente era stato apposto l’intonaco in seguito è stata stonacata.

Qualche decennio fa qui da noi vi è stata la moda di stonacare i setti perimetrali dei fabbricati in pietra per lasciare a vista la tessitura lapidea della muratura. A volte l’eliminazione dell’intonaco è dovuta a prescrizione sopraintendile ed è il caso dell’antica chiesa di S. Pietro ad Agnone. Questa è la problematica generale e ora passiamo ad una particolare, quella della coloritura. A volte è stata molto accentuata la sensibilità coloristica come quando invalse l’uso di pitturare l’esterno di diversi edifici gentilizi con un colore forte, il “rosso pompeiano”, vedi il palazzo dei De Gennaro a Larino, e ciò è successo all’indomani delle scoperte archeologiche di Ercolano e appunto Pompei. Un’altra testimonianza nella nostra regione è la tinteggiatura variata della schiera di unità immobiliari ognuna di un colore diverso in via Garibaldi, la “ripa”, ad Agnone e ciò è accaduto dopo il sisma dell’84, il modello è quello delle casette di Murano.

A Campobasso con il sindaco Massa si è imposto, mediante ordinanze, la tinteggiatura della facciata delle abitazioni che fiancheggiano il corso principale della città che è capoluogo regionale e, dunque, l’asse viario urbano più importante del Molise. Un inciso, se non fossero stati obbligati, progressivamente, tutti i proprietari di tutte le unità immobiliari si sarebbe ottenuto un risultato forse peggiore che quello di lasciare lo status quo perché il rinnovamento della tinta solo di qualcuna delle facciate avrebbe messo in risalto il decadimento della pitturazione sul resto. Ripulire semplicemente alcuni prospetti fa apparire più sporchi gli altri.

Questa è la ragione per cui invece dell’emissione di ingiunzioni ai possessori uno per uno dei fabbricati di ripittare il fronte della propria dimora è opportuno che si disponga un obbligo generalizzato ovvero per la generalità degli stabili che affacciano su quella via o, ancora meglio, che si predisponga un piano del colore esteso all’intero abitato. Il restauro urbano passa anche da qui, cioè dalla colorazione anche se si è consapevoli che se non si vuole un restauro per l’appunto di facciata non basta restaurare soltanto la facciata dell’immobile.

A questo proposito, quello della restaurazione del prospetto e non del fabbricato nella sua interezza si segnala l’operazione compiuta alla fine del secolo scorso, perciò non tanti anni fa, a Casacalenda in piazza Mercato di salvaguardare esclusivamente il fronte del corpo di fabbrica prospiciente la stessa, davvero pregevole peraltro dal punto di vista estetico, e abbattere le strutture interne, peraltro staticamente compromesse, siamo in un luogo in frana. Ulteriore annotazione è che pulire il fronte di un fabbricato monumentale è una azione condivisa da tutti eccetto che da Vittorio Sgarbi che si lamentò della rimozione delle incrostazioni sul paramento lapideo della bellissima facciata della chiesa di S. Giorgio a Petrella T. sostenendo che andava conservata la cosiddetta patina del tempo la quale non andrebbe considerata sporcizia.

Operare sulle pareti esterne è dunque assai delicato per cui si procede con cautela se non con pavidità. Talvolta si eccede in timidezza e questo è il caso del fronte della chiesa della Trinità a Trivento la quale è scandita da lesene in più fasce: attualmente il colore, il non-colore perché è il bianco, è disteso uniformemente sulla facciata, non vi è differenziazione cromatica tra le modanature in rilievo e le campiture di parete che esse racchiudono. Le membrature architettoniche le quali sono in risalto e i riquadri tra esse ricompresi dovrebbero essere differenziati fra loro coloristicamente o, almeno, dovrebbero essere di tonalità diverse del medesimo colore.

Questo è un edificio ad uso collettivo, ad uso religioso, ma quanto detto vale anche per edifici a uso privato come il palazzo Tortorelli a S. Massimo e ciò per dire che l’essere timido a proposito di colorazione delle facciate è un atteggiamento diffuso. Contano i colori ma conta pure la modalità di applicazione sulle facciate poiché c’è una pluralità di modi di tinteggiare. Uno di quelli in voga è la spugnatura, cioè lo stendere la tinta sul muro con la spugna. È un tentativo di riprodurre la tecnica della scialbatura, esempi sono la sede della Soprintendenza e il municipio di Boiano, ambedue fabbriche storiche.

Il metodo della pittura a tinta unita, l’opposto della precedente, si addice alle colorazioni dei prospetti con pitture acriliche alle quali, all’apparizione delle quali, si deve anche la moda dei murales che a Campobasso coprono i muri, non solo quelli ciechi, di tanti fabbricati in periferia. Queste tinte sintetiche delle quali è disponibile una vastissima gamma consentono disegni complessi con colori assai vivaci che si prestano ad esprimere messaggi visivi di notevole impatto, nel capoluogo ve ne è un autentico campionario; essi hanno vivacizzato il paesaggio urbano specie nella Zona C, quella costituita dai palazzoni dell’edilizia popolare che hanno un aspetto monotono.

(Foto: F. Morgillo – Case in pietra a secco in località S. Brigida di Civitanova. Il colore delle facciate è quello del calcare di cui sono fatte le mura)

di Francesco Manfredi Selvaggi

 

22 Aprile 2025

Back