• 04/26/2017

Il Loto e le fake news

Ristabilire i fatti così come stanno e dare ai numeri la giusta importanza

di Paolo Di Lella (da ilbenecomune.it)

27 aprile 2017

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Se ne è fatto un gran parlare nelle scorse settimane e c’è da giurarci che rimarrà un tema di estrema attualità ancora a lungo. Nell’epoca della post-verità – termine che gli Oxford dictionarities qualche mese fa hanno scelto come lemma dell’anno – il problema delle fake-news è al centro di un dibattito complesso nel quale, paradossalmente, ha fatto irruzione recentemente Mark Zuckerberg candidandosi nel ruolo di censore delle bufale.

Un intervento sorprendente se pensiamo al fatto che proprio facebook è il veicolo privilegiato delle notizie incontrollate, il campo in cui ciascuno si improvvisa agenzia di opinioni superficiali, di pulsioni irrazionali, di previsioni surreali, di analisi senza alcun fondamento oggettivo.

Accade in questi giorni, nella nostra piccola, tenera e poco comunicativa regione, che a seguito di un appello che abbiamo pubblicato per sostenere il Teatro del Loto, il più bel piccolo teatro d’Italia, che oggi rischia la chiusura a causa dell’insensibilità stolida delle Istituzioni locali, abbiano cominciato a circolare in rete una serie di teoremi improbabili, di sospetti al limite della paranoia, di numeri campati in aria, insomma di fake di cui va ghiotta la canea degli invidiosi, personaggi tipici molisani che si alimentano della cultura del sospetto e che, guarda caso, al teatro e alla cultura in generale, non sono interessati affatto.

Qualche giornalista che non si è voluto far riconoscere (che però ha lasciato qualche indizio: A. D.), su primonumero.it, ha dato i numeri (molto imprecisi), sottolineando che il teatro fondato e diretto da Stefano Sabelli è un’impresa privata e che dal pubblico ha ricevuto più che bruscolini…

Intanto, non fosse altro che per dovere di cronaca, facciamo notare che da quando è al governo Frattura il teatro del Loto ha ricevuto 60.000 euro in quattro anni (30 nel 2014 e altri 30 nel 2015) dall’assessorato alla cultura; 27.000 euro dalla Fondazione Molise Cultura per 30 spettacoli, il primo anno; 27.000 euro il secondo anno a fronte di più di venti spettacoli. Stiamo parlando, in sintesi, di circa 1.000 euro a spettacolo. Una miseria a confronto di ciò che ci è costato lo spettacolo andato in scena al Savoia, di Sebastiano Lo Monaco, pagato dalla Fondazione la bellezza di 30.000 euro. Praticamente niente in confronto ai più di 200.000 euro versati alla Quirino SRL e a varie società, tutte riconducibili al sig. Rosario Coppolino, per 15 spettacoli.

Ristabilendo i fatti così come stanno e dando ai numeri la giusta importanza, ci permettiamo infine di far notare che non sempre ciò che è statale è pubblico, così come un’impresa privata può ben rappresentare un bene comune. Prendi Emergency: non è un ente pubblico eppure svolge una funzione pubblica, tra l’altro molto meglio di quanto non facciano la maggior parte dei sistemi sanitari nazionali in tutto il mondo.

Il Molise spende l’80% delle sue risorse per la sanità. Il 40% di questa spesa è dedicato alle strutture private accreditate. Grazie a questa politica abbiamo accumulato quasi un miliardo di debito, motivo per cui siamo sottoposti a commissariamenti, piani di rientro e tassazioni record.

Puntando sulla sanità pubblica, i vari governi regionali che si sono succeduti negli ultimi 20 anni avrebbero dotato questa regione di un servizio efficiente, avrebbero risparmiato e avrebbero sottratto le future generazioni di molisani al continuo ricatto delle strutture private che al minimo accenno di tagli finanziari minacciano di andarsene. E invece niente, hanno preferito spendere il 450% in più per pagare i servizi dei privati piuttosto che fare gli interessi di tutti.

Un teatro, una biblioteca, un museo costituiscono un patrimonio immateriale che appartiene a tutti coloro che ne usufruiscono e questo vale a maggior ragione per l’impresa che non persegue il profitto e anzi dà un reddito a chi vi lavora. Vale ancora di più per chi, come Stefano Sabelli ha investito nel suo teatro risorse proprie, verosimilmente in una misura così ingente da non poterle più neanche recuperare.

Dall’altra parte c’è una Fondazione che funziona con i soldi pubblici ma che è gestita come una bottega privata, con un direttore manco laureato, nominato direttamente da Iorio, ereditato “scorcia e tutto” (come ebbe a dire l’attuale presidente della Giunta regionale) da Frattura, che guadagna più di quanto basterebbe al Loto per portare avanti la propria stagione; una Fondazione che paga uno spettacolo (quello di Lo Monaco, per esempio) fino a trenta volte in più del “Re Lear” di Sabelli che in tutta Italia, laddove è andato in scena, ha registrato un successo di pubblico e di critica straordinario; una Fondazione che affida servizi per centinaia di migliaia di euro a Multitasking, una s.r.l. costituita con mille euro di capitale sociale, con tempismo perfetto, poco prima dell’affidamento, dall’amministratrice delegata Manuela De Baggis, mentre l’altra socia è  Serena Marinelli, in passato attrice nella compagnia Moliere, attuale compagna del sig. Coppolino (vedi sopra). Multitasking che continua a ricevere circa 7000 euro al mese (http://www.fondazionecultura.it/sites/default/files/68_2017.pdf) non si sa per cosa visto che non è neppure dotata di personale proprio e che infatti utilizza per la biglietteria il personale del Savoia. Uno spreco enorme di denaro pubblico sottratto al controllo democratico della comunità grazie al trucchetto della Fondazione che, è bene ricordarlo, giuridicamente, è un ente di diritto privato pur essendo “in house”, cioè partecipato unicamente dalla Regione Molise.

Così diventano più comprensibili anche le invettive pubblicate, sempre sui social, dagli amici dell’ex direttore della Fondazione (Frattura ha eliminato la figura del direttore ma di fatto quest’ultimo continua a firmare le carte), che oltre a sparare numeri campati in aria (ma almeno loro non fanno i giornalisti di professione) ora vorrebbero che la politica non si occupasse della cultura. Si capisce: per loro la politica è l’arte di aiutare gli amici. Ovviamente sempre con i soldi pubblici.

di Paolo Di Lella (da ilbenecomune.it)

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