• 12/20/2023

Il presidente Roberti

Il risultato di questa pseudoelezione, manovrata ad arte da chi è stato escluso dai posti che contano, è stato un vero regolamento di conti

di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv) 

20 Dicembre 2023

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Ora abbiamo più elementi, anche se indiziari, per valutare con maggiore precisione cosa è accaduto in Molise, tra la gente e nei partiti, alle ultime elezioni regionali che hanno visto stravincere la Destra, che Destra non è, hanno visto straperdere la Sinistra, che Sinistra non è. Lo avevamo già sospettato e lo abbiamo scritto su questo giornale ma le elezioni dei due presidenti delle province molisane, così come si sono svolte, non rilevano solo indizi: ci sono adesso elementi probanti che dimostrano come i partiti non esistono più o, peggio ancora, non rappresentano gli interessi collettivi dei cittadini ma quelli personali dei candidati i quali, attraverso accordi trasversali, realizzano le loro ambizioni, i loro sogni.
Il risultato di questa pseudoelezione, manovrata ad arte da chi è stato escluso dai posti che contano, è stato un vero regolamento di conti, una risposta forte alla formazione della nuova Giunta regionale nata all’insegna della discontinuità. Buona parte di quel 62% degli elettori che hanno scelto il presidente Roberti per governare il Molise, con queste “elezioni” gli hanno mandato a dire che la campagna elettorale è finita e che, se vuole continuare a stare in sella, non basta la nomina di qualche sottosegretario; sarà necessario invece rifare la Giunta a immagine e somiglianza del Consiglio fatto di persone antiche, oltre che creare altri posti di potere per accontentare i trombati dell’ultima tornata elettorale. Per accontentarli tutti, il povero Roberti dovrà sforzarsi: qualcuno dovrà mandarlo in Europa, per gli altri dovrà fare i miracoli e in tutto questo dovrà tenersi buona anche la minoranza, non si sa mai. Queste sono le regole non scritte ma sempre osservate da tutti, pena il ritorno alle urne.
La Sinistra delle “F” questi problemi li ha affrontati e risolti prima delle elezioni. Facciolla e Federico la discontinuità offerta da Iannacone l’hanno rispedita al mittente: era troppo discontinuo con loro. Chissà se oggi Roberti ripeterebbe le stesse cose dette solo quattro mesi fa in Consiglio: “É evidente che io chiedo il sostegno delle linee programmatiche alla mia maggioranza, perché la scelta l’abbiamo fatta quando ci siamo candidati e quando abbiamo vinto le elezioni. Non è che io chiedo la vostra condivisione, (rivol- to alla minoranza, ndr) anzi dico che se si vuole ridare dignità a questo Consiglio non è possibile fare interventi per giustificare che non si è d’accordo con le linee programmatiche di un Governo che ha preso il 62% da parte di chi ha perso le elezioni”.
Ora, a parte il fatto che per capire quello che dice ci vuole qualcuno che traduca i suoi pensierini; a parte il fatto che il programma elettorale delle destre è un oggetto misterioso di cui si sconosce il contenuto; a parte il fatto che non ha presentato alcun documento di programmazione per offrirlo alla consultazione del Consiglio oltre che ai cittadini insieme alle dichiarazioni programmatiche; a parte che il Consiglio non ha avuto la possibilità di esprimere un voto sulle stesse; una domanda viene spontanea: ma le minoranze, su cosa si devono esprimere? Sul colore dei capelli del governatore? A meno che, quando parla di linee di programmazione, si riferisca a quelle quattro chiacchiere, quattro o cinque paginette lette nella seduta del 31 di luglio, nelle quali, sfiorando il senso del grottesco, parla di filiera Istituzionale, si esalta per gli incontri con i ministri che lo ricevono e che gli promettono mari e monti senza neanche rendersi conto che non c’è un euro, né per la sanità, né per lo sviluppo, né per il lavoro.
In un programma di Governo che non sia uno scherzo, si parte innanzitutto dai dati, dalla ricognizione della situazione ereditata dal predecessore sostenuto dalla sua stessa maggioranza per poi passare minuziosamente alla enunciazione delle misure da mettere in campo, per i dossier lasciati in sospeso, e passare quindi alla esposizione di un disegno visionario che tracci il futuro di questa Regione. Certo non è facile dire ai suoi che la Sanità molisana è allo sbando per colpa loro; che i dati economici sono pessimi, (ultimi in Italia secondo ISTAT e SVIMEZ) sempre per colpa loro; che non sono riusciti a realizzare neanche una stradina di campagna, altro che autostrada e superstrada, sempre per colpa loro; che le opere pubbliche, per rilanciare l’economia keynesiana di Toma, non sono mai partite anzi neanche programmate; che non hanno mai espresso neanche un giudizio di contrarietà verso Toma quando questi intrallazzando con Calderoli esprimeva giudizi positivi sull’autonomia differenziata.
Il sindaco di Termoli fa fatica ad assumere il ruolo che gli è stato assegnato dai molisani e come primo intervento chiede al Presidente del Consiglio di aggiornare il Regolamento perché “datato”, comincia a puzzare, come il pesce, e anche perché a Ter- moli si fa diversamente, audite, audite: “I Consigli regionali dovrebbero confrontarsi in maniera forte, convinta, all’interno delle Commissioni nell’interesse di tutti i cittadini molisani. Voglio soltanto fare un esempio di che cosa è stata la mia esperienza. Nel Consiglio comunale di Termoli facevamo tanti di quei dibattiti in Commissione che i Consigli comunali sul Bilancio duravano mezz’ora; mezz’ora, perché non c’era motivo di fare né maggioranza né opposizione, perché le cose si chiarivano e si condividevano. Non mi pare che questo sia successo con gli altri sindaci negli altri comuni, che hanno dato prova del genere”. È drammatico!!! Il Nostro non si è chiesto neanche il perché. La democrazia per il presidente Roberti è un esercizio urticante e per questo gli andrebbe iniettato un flacone di cortisone a ogni Consiglio regionale per evitargli uno shock anafilattico con complicazioni politiche. Noi tuttavia non crediamo che a Termoli la democrazia venga esercitata così come la racconta il sindaco ma se così fosse, preferiamo quella di Pericle.
A proposito dell’impegno assunto dal Presidente, sempre nel fatidico Consiglio regionale, di dimettersi nel caso si accorgesse di non avere più la maggiorana dalla sua, non stia a preoccuparsi, questa è solo un’ipotesi teorica, non la manderanno a casa né la destra e neppure la sinistra. La dignità, nel caso di specie, vale meno del lauto stipendio. Guardi al suo predecessore, sarà più sereno.

di Domenico D’Adamo (da lafonte.tv) 

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