Il primo amoretto giovanile I racconti di Vincenzo
I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre
di Vincenzo Colledanchise
15 settembre 2020
La notai uscendo dalla chiesa, vedendola scendere lentamente l’ampia scalinata del sagrato.
In quel tempo era consuetudine che i maschi, dopo la messa, fossero tutti assiepati nel sottostante piazzale della chiesa a rimirare le donne, e queste costrette ad esibirsi loro malgrado nell’uscire dalla parrocchiale e scendere osservate dalla scalinata destra della chiesa.
Ero appena tornato dal collegio e la timidezza nei primi approcci con le ragazze mi impediva ogni minimo dialogo, oppure le mie erano parole e sguardi casti, come per mostrare all’altra una sorta di verginità del sentimento.
In paese ci si innamorava più con sguardi ed ammiccamenti che con esplicite parole. Ma anche le ragazze erano inibite da una severa educazione familiare e da un controllo stretto ed esasperato.
Fu dopo la messa di Natale che mi innamorai di quella ragazzina che aveva occhi di fuoco, giuntami a tiro, la fissai a lungo sorridendole, mentre i suoi occhi, nerissimi, mi furono fatali. Ero galvanizzato dal suo volto fiero e attratto dal dolce sorriso : insomma, ne ero ammaliato, avvinto, rapito.
Non l’ho più rivista per molti anni, dopo essersi diplomata si era stabilita oltreoceano dove trovò il suo nuovo amore che l’avrebbe portata all’altare rendendola felice e ricca di una bella famiglia.
Il destino ha voluto che fossi ospitato da lei per oltre un mese, avendo fatto visitare nel suo ospedale americano una mia figliola.
Durante il soggiorno mensile apprezzai molto il suo bravo consorte, mentre i nostri figli reciprocamente fraternizzavano e giocavano nel giardino della splendida villa.
Fu possibile essere ospitato da lei per aver sposato sua cugina.
(Foto: Chiesa Parrocchiale di Toro)
di Vincenzo Colledanchise