Il romanticismo e la passione per i castelli
Se nel periodo neoclassico è l’antichità classica il mito in età romantica lo diventa il mondo medioevale
di Francesco Manfredi Selvaggi
30 Dicembre 2024
Se nel periodo neoclassico è l’antichità classica il mito in età romantica lo diventa il mondo medioevale. Non succede solo in architettura bensì tale infatuazione coinvolge anche le arti visive, la musica e la letteratura. Qui vedremo la nascita dell’interesse per i castelli, i quali ricomprendono tutto in sé essendo il soggetto dei romanzi gotici, le raffigurazioni prescelte nelle copertine dei libri horror e così via
Noi ci pregiamo molto di essere gli eredi dei Sanniti, ma i resti di questa civiltà sono concentrati, se si escludono le cinte murarie poligonali numerose ma comunque non numerosissime, in pochi punti della regione, essenzialmente Pietrabbondante e Sepino. È assai più pervasiva l’eredità derivanteci dalla società medioevale che è presente a ogni angolo del Molise. Qui ci soffermiamo sulle opere militari con i castelli che sono un inedito nella storia dell’architettura, i Romani non avevano strutture simili. È da aggiungere rispetto a quanto detto all’inizio, prima di entrare nel merito dei manufatti castellani, che al di là della scarsità, ovviamente non della significatività, delle testimonianze dell’antico Sannio che l’interesse per quel mondo è andato scemando in epoca romantica dopo l’entusiasmo iniziale nell’epoca neoclassica quando si ebbe la scoperta dei resti di Pompei e Ercolano e qui da noi di Pietrabbondante.
Con il romanticismo vi fu l’esplosione della passione per l’Età di Mezzo, in letteratura con i romanzi “gotici”, in pittura con i Preraffaelliti, in musica con le composizioni di Wagner. Non solo si ebbe la nascita dell’attenzione verso i vecchi manieri, vedi le foto di Chiodini e di Trombetta dei ruderi di alcuni di essi, ma si verificò il singolare fenomeno della replica delle forme delle residenze feudali in nuovi edifici. Sia in campagna, la villa dei duchi d’Alessandro di Pescolanciano con le garitte “appese” ai quattro angoli del volume architettonico, sia in centro urbano, le due torri che incorniciano il prospetto posteriore del palazzo Gioia a S. Massimo, ambedue costruzioni ottocentesche.
Lo stile neoclassico, nella versione palladiana, che richiama le architetture dell’antichità non ha attecchito, invece, nella nostra regione, salvo che nei pronai colonnati delle cattedrali di Isernia e Campobasso. L’eccitazione per il Medioevo ha innescato una sorta di gara per la valorizzazione dei castelli che porta ad operazioni di restauro fin troppo ricercate e quindi costose quali quelle condotte a Longano e a Lupara su quanto è rimasto dell’impianto castellano. Ciò negli ultimi decenni mentre in precedenza, alla metà del secolo scorso, nonostante fosse già in essere l’infervorazione nei confronti del lascito medioevale non si è esitato a Pietracatella a distruggere le tracce superstiti di quello che doveva essere un fortilizio sovrapponendovi il serbatoio idrico comunale il quale deve stare proprio come il castello nel punto più alto dell’abitato, non c’è spazio qui per tutti e due, il Medioevo deve cedere il passo alla modernità.
Non è detto, comunque, che per realizzare la cassa dell’acquedotto della Cassa per il Mezzogiorno si debba necessariamente annullare la memoria del punto-forte che preesisteva sul sito. Una soluzione esemplare in questo senso è il castello Carafa di Ferrazzano dove il torrino acquedottistico si affianca alla dimora baronale facendo il paio con la torre, questa originaria, che è sul lato opposto della facciata. Un insolito caso è quello del borgo fortificato di Vastogirardi dove il torrione, adesso non cilindrico bensì un parallelepipedo, che ospita il cassone dell’acqua a servizio della rete idrica aveva le sembianze, è stato demolito, che ricordavano tanto la Torre Velasca. Tutte cose posticce che servono a ricordare che il Medioevo è tra noi.
Sul paese di Molise svetta una torre di notevole elevazione con paramento in pietra che non ha le fattezze a fungo di altri serbatoi turriformi, a Oratino, a Morrone, a S. Martino in Pensilis, ecc. nei quali è chiaro che il contenitore a tenuta stagna dell’acqua è posizionato nel cappello del fungo. Le fortificazioni solleticano l’immaginario popolare che le fa diventare protagoniste di episodi romanzeschi; si ha una sorta di spettacolarizzazione del passato, come fanno pure le parate e le sfilate in auge nei borghi molisani, e così si simulano gli incendi dei castelli a Termoli e a Fornelli mediante fuochi pirotecnici. Si è usata nella frase precedente volutamente la parola fortificazione poiché ricomprende tanto il castello quanto le mura urbiche.
Le seconde non possiedono la stessa intensa carica semantica dei primi. Nella coscienza collettiva sono sentite come aventi valore quasi esclusivamente le porte e solo quando monumentalizzate mediante, mettiamo, l’apposizione al di sopra della chiave di volta di una lapide o di uno stemma. La casistica è ricca comprendendo tra le altre la Porta da Capo a Casacalenda, l’arcone di ingresso al già citato borgo fortificato di Vastogirardi, le porte S. Antonio Abate e S. Paolo nel capoluogo regionale. La nostalgia per il tempo che fu non ha impedito l’abbattimento della torretta che restringeva la carreggiata del percorso di accesso alla zona sommitale del centro storico di Capracotta e ciò è avvenuto in ossequio all’automobile nell’era della motorizzazione di massa, il Medioevo, “secoli bui” è superato.
Più remota è la decisione di demolire il torrione che era al centro di quello spazio che, grazie a questa demolizione, diventerà la piazza principale di Sepino. I motivi di questo gesto “insano” sono tre: avere uno slargo che nobilitasse le facciate del palazzo comitale e della ex-cattedrale di S. Cristina, il non sopportare la vista di un rudere quale doveva essersi ridotto tale mastio nel centro della cittadina, la presenza di macerie che contrastano con la ricerca di ordine e pulizia del ceto medio, neanche il Romanticismo ci può di fronte a questo ideale di vita della piccola borghesia.
(Foto: F. Morgillo – Il castello di Macchiagodena)
di Francesco Manfredi Selvaggi
30 Dicembre 2024