Importanza dei piccoli comuni per Mattarella
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Rivolgo il saluto più cordiale a tutti i sindaci e amministratori locali presenti, al presidente Decaro – che ringrazio per le parole che ha voluto rivolgermi -, al sindaco Variati che ci ospita in questa città, ai rappresentanti del governo, al presidente della Regione, a tutte le autorità presenti.
Vicenza e la Regione Veneto, così piene di storia, di arte, di dinamismo sociale ed economico, offrono una splendida cornice a questa Assemblea.
Il primo sentimento che desidero esprimere è di riconoscenza per l’importante occasione di incontro e di confronto che offrite al Paese. E ancor più per l’impegno incessante, quotidiano, talvolta al limite delle forze personali, che profondete nelle vostre comunità, nei grandi come nei piccoli centri, tra i cittadini che vi pongono problemi e chiedono risposte importanti per la loro vita, per l’ esercizio dei propri diritti, per il progredire della società.
Gli ottomila Comuni sono il tessuto connettivo della nostra Repubblica. Dal più grande al più piccolo hanno tutti la medesima dignità. Rappresentano, nel loro insieme, le differenti esperienze presenti nel Paese e la vocazione all’unità. Rappresentano la storia, con i tesori e la cultura prodotti nei territori, e al tempo stesso sono la frontiera dove si affronta la sfida con i tempi nuovi, e con le innovazioni necessarie per divenire artefici del nostro futuro.
Ciascuno di voi – come è naturale – è espressione di parte politica, quella risultata prevalente nella competizione democratica. I sindaci, però, amministrano i destini della loro intera comunità e operano nell’interesse di tutti, non solo di chi li ha votati e dello schieramento politico che li ha proposti. Ciascun Sindaco è mosso da un rapporto di autentico affetto con il suo Comune, rapporto che matura sempre più nel corso del suo mandato.
Naturalmente, la molteplicità delle nostre realtà comunali non è frammentazione. Se i divari crescessero fino a provocare fratture, l’Italia – e ogni sua regione -smarrirebbe la propria identità; e la qualità, che tutto il mondo ammira.
E’ una sfida cruciale per i Comuni e per gli amministratori locali, che rappresentano l’istituzione democratica più prossima alle necessità e alle domande dei nostri concittadini.
Si tratta di un impegno difficile. Da sindaci diventate i volti e le braccia della Repubblica, la quale vive della partecipazione dei cittadini affinché la comunità nazionale e quelle locali crescano in libertà e migliorino il nostro modello sociale.
La forza della nostra democrazia sta nella capacità di rispettare la pluralità e di comprendere quando è in gioco il bene comune che richiede un impegno condiviso. Il senso più profondo delle istituzioni sta proprio nella coscienza dell’interesse generale, che mai va smarrita nel confronto, a volte aspro, sui cambiamenti da realizzare.
L’Anci, fin dal suo sorgere, non è mai stata intesa come un sindacato dei Comuni, concentrato esclusivamente nella rivendicazione e nella contrattazione con il governo centrale o con le Regioni, pur se, naturalmente, avete problemi da esporre, richieste da avanzare, nuovi indirizzi da suggerire, priorità e correzioni da proporre alle politiche pubbliche.
Il Presidente Decaro ha indicato, nella sua relazione, i temi al centro di questa Assemblea, dal lavoro al cambiamento climatico, dalla nuova progettazione degli spazi del vivere a quello della sicurezza, per ”essere comunità, essere democrazia”.
Questo appuntamento di Vicenza è un’occasione importante per ribadire le vostre proposte e, per quanto mi riguarda, le tengo ben presenti.
Non entro nel merito di queste proposte, perché il giudizio non compete al Capo dello Stato. Registro che, in diverse occasioni, i vostri suggerimenti sono stati preziosi, e hanno avuto ancor più forza quando sono scaturiti da un largo consenso fra voi.
La rete dei sindaci – che si esprime nell’ANCI – è un momento di raccordo, tra società e istituzioni, tra parti fondamentali della Repubblica, tra territori con esigenze diverse. Un sodalizio di grande importanza, che può aiutare il Paese a connettere tra loro crescita economica, sana gestione del bilancio pubblico e funzionamento di un welfare diffuso, in modo che si allarghino le opportunità e si riducano le diseguaglianze.
Da poco è stata approvata, con un’ampia maggioranza parlamentare, la legge sui Piccoli Comuni. Un passo significativo verso uno sviluppo più inclusivo e sostenibile. Le risorse sono ancora esigue, tuttavia si è avviato un processo che dà valore alla riqualificazione dei centri storici, anche di quelli più piccoli, che si propone di contrastare lo spopolamento di paesi e borghi, che deve rafforzare i servizi nelle aree più interne, promuovendo investimenti, turismo, economie locali, colture di qualità, cura dell’ambiente.
Non è certo un tema che si esaurisca con una legge. E’, piuttosto, il recupero di una consapevolezza. E’ un impegno a cui ora occorre, costantemente, tener fede, con il contributo delle Regioni, con la partecipazione delle forze sociali e imprenditoriali, con una capacità di progettazione che sappia utilizzare i fondi europei e, al tempo stesso, stimolare la creatività dei giovani. Ai giovani soprattutto va consegnato il testimone di una rigenerazione e di un rilancio dei Piccoli Comuni: si può contrastare lo spopolamento se si pensa e si guarda anzitutto ai giovani.
Chi vive nelle aree interne, lontano dalle grandi arterie delle reti infrastrutturali, spesso in collina o in montagna, o nelle piccole isole, ha diritto all’accesso a questi canali entro i quali scorre la vita contemporanea, per potersi sentire, giustamente, cittadino a pieno titolo.
E’ necessario, quindi, un concorde impegno per ridurre le distanze, riguardino esse le opportunità professionali o i servizi di istruzione e sanitari: vanno rilanciati i servizi pubblici di mobilità sul lato dell’offerta, senza nascondersi dietro alle carenze di una domanda dirottata altrove.
Accanto a questa direttrice di impegno, va perseguita, con altrettanta fermezza, la strada che porta a rivitalizzare, rinnovare, sostenere le metropoli italiane; le bellissime città di provincia e i centri d’arte, che sono mete sempre più ambite e apprezzate del turismo internazionale.
Le città sono snodi sempre più decisivi tanto per la qualità dello sviluppo del Paese quanto per la qualità della vita dei suoi cittadini.
Tanta parte della competizione internazionale si gioca proprio sulla capacità delle città di offrire un ambiente sempre più all’altezza dei migliori standard, e insieme una forza innovativa, un contesto di eccellenza con laboratori di ricerca e reti tecnologiche di elevato livello. E’ quanto concretamente è in questione, ad esempio, per la scelta della nuova sede dell’Agenzia europea del farmaco, come bene sa Milano, che ha già registrato un primo successo con la definizione di citta al più alto livello di idoneità.
Rendere le nostre città più attraenti, più funzionali, più moderne, più ecosostenibili, è un grande obiettivo strategico del Paese.
La qualità dell’abitare, la disponibilità dei servizi, il miglioramento della mobilità, sono anzitutto servizi alla persona, ma il loro valore incide sulla sicurezza collettiva, sulla crescita, sulla partecipazione attiva dei cittadini, sull’educazione dei giovani, sulla tenuta complessiva delle reti di comunità.
Dove l’ambiente è migliore c’è più sicurezza, si diffondono minori timori e diffidenze, si crea più fiducia e più solidarietà. I Comuni sono particolarmente esposti su questa linea: lo testimoniano i sacrifici della polizia locale.
Desidero rivolgere un pensiero commosso di ricordo al comandante della polizia locale di Medesano, nel parmense, Mauro Dodi, travolto e ucciso, pochi giorni fa, durante un normale controllo.
So bene che occorrono programmi mirati, investimenti ben selezionati. Più investimenti di quanto non abbiano consentito in questi anni i limiti di bilancio a causa di una crisi economico-finanziaria, di eccezionale gravità e durata, dalla quale siamo finalmente usciti.
Altrettanto importante è passare da una logica di emergenza, di interventi tampone, a una logica di medio e lungo periodo. Tenendo, naturalmente, conto che le risorse si recuperano anche evitando, a tutti i livelli, sprechi e migliorando gli standard di efficienza.
In questa impresa, che è comune a tutte le istituzioni del nostro Paese, devono poter convergere risorse pubbliche ed energie private, finanza locale e fondi europei, mettendo in comune le pratiche migliori e gli esperimenti riusciti, restituendo dignità e ruolo di raccordo alla funzione pubblica.
Per costruire il futuro occorre pensarci, e impegnarvisi, fin d’ora.
Il degrado, le fratture sociali incalzano e procedono – con tutte le loro conseguenze – se non c’è capacità collettiva di reazione e di governo dei problemi.
Ridurre le distanze tra centro e periferia, tra grandi aree urbane e aree interne, tra Nord e Sud, è un grande obiettivo a cui i sindaci d’Italia possono dare un contributo essenziale.
Insieme è possibile.
E’ così anche sul fronte dell’immigrazione, questione controversa nella pubblica opinione.
Si tratta di fenomeni inediti, di portata globale, che richiedono non di essere rimossi mentalmente ma di essere governati – come si sta cercando di fare – se si vuole evitare di esserne travolti nei prossimi anni. Questi fenomeni provocano difficoltà e diffondono timori, di cui tenere adeguatamente conto. Siamo chiamati ad affrontarli con intelligenza, con umanità, con capacità di visione, con fermezza nel contrasto delle organizzazioni criminali.
All’Europa, di cui siamo parte, chiediamo di essere all’altezza del proprio ruolo nel mondo, della propria dignità e della propria cultura. La solidarietà dell’Europa non è solo garanzia di efficacia. E’ anche garanzia di sicurezza per tutto il Continente.
La solidarietà e l’equa distribuzione delle responsabilità, che noi chiediamo ai nostri partner dell’Unione europea, dobbiamo farla vivere anche nel nostro Paese.
I Comuni, i vari territori, le Regioni devono essere impegnati ad armonizzare gli interventi, a sostenere, con il concorso dello Stato, le responsabilità e le opportunità dell’integrazione possibile. Nessuno può voltare le spalle dicendo ”non mi riguarda” perché nella realtà non è così: gli oneri e le responsabilità vanno divisi equamente.
E’ una sfida non semplice – e so che, come ha detto la Presidente dell’ANCI Veneto, Pavanello, che i Sindaci sono stati spesso un vero argine, assorbendo l’emergenza e mi rendo conto che, come ha detto il Sindaco Variati, non si può chiedere a un Comune più di quanto possa dare – ma saremo più forti anche in Europa se mostreremo concretamente come fare, con solidarietà tra i nostri Comuni e le nostre Regioni.
Mi auguro che continui a non mancare mai la solidarietà tra voi, in ogni campo.
In occasione di questa Assemblea desidero rivolgere un saluto cordialissimo, ed esprimere ancora una volta la mia vicinanza, ai Comuni colpiti dai terremoti nel Centro Italia.
Gli amministratori comunali hanno sentito nei momenti più drammatici, davanti all’angoscia e alla disperazione dei loro concittadini – spesso anche dei loro familiari – l’affetto e il sostegno di tutto il popolo italiano. Hanno cominciato a camminare con coraggio sul terreno difficile del sostegno immediato, del rilancio della vita sociale e della ricostruzione, affrontando ostacoli e talvolta ritardi, ma ottenendo già i primi risultati per la propria gente. Saremo con loro in tutte le fasi di questo percorso di rigenerazione delle comunità e dei loro ambienti vitali. Lo saranno le istituzioni nazionali e regionali, che hanno compiti di impulso e di coordinamento. Lo saranno tutti i Comuni italiani, con in testa i loro primi cittadini.
E questo deve valere per tutte le emergenze provocate dalle diverse calamità naturali in tanti territori del nostro Paese.
In un suo famoso discorso a Ginevra, Giorgio La Pira – che, da uomo pubblico, scelse di essere soprattutto un sindaco – ebbe a dire che le città esprimono una soggettività originaria, che deriva dalla loro storia, e perciò sono titolari di un proprio “diritto all’esistenza”.
Credo che questa capacità di riconoscersi ciascuna come comunità originaria, e di partecipare con fiducia e solidarietà alla più ampia comunità nazionale, possa aiutarci oggi per mettere finalmente alle nostre spalle gli anni della crisi e porre le basi di un equilibrio migliore, in cui le autonomie locali abbiano il ruolo fondamentale che la Costituzione assegna loro.
Il Comune – lo ripeto ancora una volta, con convinzione – è l’istituzione democratica nella quale più si riconoscono i cittadini. Indebolire i Comuni, oltre che gravemente rischioso, non sarebbe coerente, proprio perché il cittadino avrebbe la sensazione di un indebolimento della Repubblica.
Un’autentica semplificazione amministrativa, giuridica, delle procedure può diventare un utile fattore di rilancio delle politiche locali, oggi talvolta frenato da sovrapposizioni e incertezze nei poteri.
Anche i Comuni, ovviamente, sono chiamati a fare la loro parte. Mettendo insieme servizi dove è conveniente; realizzando unioni dove questo è condiviso e può migliorare le prestazioni per i cittadini.
Maggiore semplicità, ovviamente, porta a maggiori assunzioni di responsabilità. Le istituzioni più vicine ai cittadini sono chiamate alla massima trasparenza e alla correttezza amministrativa.
Certo si impone una riflessione sull’attuale articolazione del sistema delle autonomie locali, proprio a partire dalle Città metropolitane e dalle Province. E’ fondamentale che i cittadini avvertano queste istituzioni locali come proprie e non come burocratiche sovrastrutture. E’ necessario che i servizi essenziali abbiano sempre poteri e risorse a cui fare riferimento.
Il Presidente De Caro ha fatto riferimento alla condizione istituzionale e finanziaria della Province. Sul primo aspetto non posso pronunciarmi ma, per quanto attiene alle risorse finanziarie, tengo a dire che costituiscono obiettivi prioritari della Repubblica la sicurezza delle scuole e lo stato di quelle strade da cui spesso dipendono i collegamenti o l’isolamento di centri minori.
Signor Sindaco di Vicenza,
lei ha voluto donare ai suoi colleghi alcuni scritti di Antonio Fogazzaro, suo illustre concittadino.
Fogazzaro è stato espressione viva di questa terra, della cultura della sua gente, e, insieme, una personalità attenta al Paese che cambiava e che, tra la fine dell’800 e gli inizi del 900, costruiva l’effettiva unità d’Italia.
Lei ha detto, poc’anzi, che i Comuni devono essere motori dello sviluppo territoriale.
Signor Presidente dell’ANCI, cari Sindaci,
I Comuni, ieri come oggi, sono radici e sensori della Repubblica. Voi avete la possibilità – e anche la responsabilità – di concorrere a farli diventare questo motore, il volano di una crescita di qualità nuova.
di Quirinale.it