“Io l’ho vissuta la neve”
Un racconto tratto da “Mille scarpe da lucidare”
di Deborah Rossi
11 Gennaio 2024
Io l’ho vissuta la neve, quando ero all’istituto a Cercemaggiore, per tredici lunghi inverni. Il primo giorno era bella. Anzi, bellissima. Così bianca, fresca e profumata. Costruivamo pupazzi in ogni angolo del collegio e ci si faceva persino merenda con la neve! Ma poi ricordo il freddo, quello che ti fa battere i denti anche se sei al coperto. Ripenso al disagio di restare isolati e al cibo che scarseggiava perché l’istituto si trovava in un paese situato in alto. Mi ritornano alla mente le bufere di neve, quelle che mi arrivavano in faccia come una sferzata peggio degli schiaffi delle suore.
La neve è bella sì, ma comporta anche tantissimi problemi: si cade sul ghiaccio e ci si fa molto male. Si ha freddo, si ha fame. Ho giurato da bambina che mai e poi mai, da grande, avrei sofferto il freddo in quel modo indicibile. E oggi che sono qui al caldo nella mia casa, con i termosifoni accesi, con il piumone, con il cibo in abbondanza nella dispensa, mi viene da piangere per la gioia di sentirmi protetta e al sicuro.
Questa notte non sono riuscita a dormire. Ho chiuso gli occhi alle cinque del mattino: mi ha svegliata il rumore del vento che proveniva da fuori e ho avuto paura. Credevo di trovarmi in collegio. Per un attimo ho provato un’angoscia indescrivibile. Allora mi sono affacciata e, attraverso il vetro del mio bel finestrone della camera da letto, ho visto le macchine e i tetti imbiancati. Ma era il parco dove abito, non l’istituto. A quel punto, un sentimento misto a gioia e paura ha invaso la mia anima: da una parte Deborah bambina felice, quella del primo giorno di neve; dall’altra, Deborah bambina che aveva freddo e fame e che aveva giurato a se stessa che mai più avrebbe sofferto tali privazioni.
Ciò nonostante amo anche la neve. Ma soltanto quella bella, fresca e profumata del primo giorno.
“Mille scarpe da lucidare”
Alla sua seconda ristampa “Mille scarpe da lucidare” continua a commuovere, deliziare a anche a turbare i suoi lettori. In poco più di cento pagine Deborah Rossi con chiarezza, sincerità ed estrema dignità riporta semplicemente una storia autobiografica, il racconto della sua esperienza di vita. Una storia triste, quella di una bimba senza genitori, cresciuta tra gli stenti prima da una nonna e poi in un istituto di religiose. Una vita di miseria, di abbandono e di indigenza, in cui la bambina, poi ragazza, fino alla maggiore età soffrirà sempre e soprattutto la fame, il freddo, le privazioni, la mancanza di giocattoli, di stabilità logistica ed affettiva. Una storia triste che colpisce il lettore per la forza e il coraggio con cui l’autrice, la protagonista, racconta con un linguaggio semplice ma incisivo la sua difficile vita. (NdR)
(Foto: Nicola Di Stefano – Cercemaggiore)
di Deborah Rossi