• 07/13/2016

Io resto tranquillo e sereno

La riflessione di Padre Antonio Germano Das, missionario da 40 anni in Bangladesh, subito dopo l’eccidio di Dhaka nel quale hanno perso la vita 9 nostri connazionali

di Padre Antonio Germano Das

13 luglio 2016

“Io resto tranquillo e sereno. Come un bimbo in braccio a sua madre è quieto il mio cuore dentro di me” (Sal.131). Oggi i nostri fratelli Musulmani, al termine del mese Ramadan, celebrano l’Eid-ul-Fitr, la loro festa più importante dell’anno. Dieci giorni di vacanza. Tutto è chiuso: scuole, banche e uffici governativi. Un gran movimento di popolo: tutti tornano al proprio luogo di origine per celebrare l’Eid con parenti ed amici. Oggi ho concesso vacanza al mio cuoco, perché a pranzo e cena sono invitato da amici Musulmani. Sconvolgenti eventi si sono verificati nei giorni scorsi nella capitale Dhaka: nella notte tra il primo e il due l’eccidio di Gulshan, quartiere diplomatico della capitale, in cui sono state barbaramente trucidati 20 ostaggi, di cui 9 Italiani, che operavano nel tessile da 20 anni ed avevano fatto del Bangladesh la loro seconda patria. Gli attentatori erano tutti giovani e, salvo uno, bengalesi, figli di gente perbene, di cui nessuno sospettava. L’eccidio ha avuto grande risonanza nei mass media nazionali (italiani e bengalesi) e internazionali. 

Il giorno dopo l’eccidio un giornalista sul The Daily Star, il quotidiano in lingua inglese più diffuso, si chiedeva come mai in questo efferato crimine fossero coinvolti solo giovani e invitava i genitori ad aprire gli occhi e stare in guardia contro la militanza islamica. Diceva testualmente: “Il futuro dei nostri figli sarà incerto nella misura in cui sono esposti alla droga della militanza. I nostri figli possono crescere come Nibras, Rohan o Nubaskeer (nomi di tre attentatori), pronti ad uccidere i nostri carissimi figli come Faraaz, il quale ha sacrificato la sua vita nel tentativo di salvare la vita delle sue amiche al bar (a Faraaz era stato proposto di aver salva la vita, se lasciava le sue due amiche, ma egli si era rifiutato). Se noi vogliamo proteggere i nostri Faraaz, esempio di umanità, dobbiamo trovare il modo per scongiurare che i nostri figli crescano avventurieri come i terroristi dell’eccidio di Gulshan. Abbiamo alcuni giovani che hanno agito come mostri, ma abbiamo anche chi ci ha lasciato un esempio che dovrebbe essere seguito da tutti”. 

Quasi sicuramente il colpo è da attribuirsi all’ISIS, anche se il governo bengalese non lo vuole ammettere. Evidentemente sotto c’è una trama con collegamenti internazionali e questo sfugge non solo al governo bengalese, ma anche a tutti gli altri governi. Ci si chiede il perché di tutta questa efferata violenza e di questo odio spietato, che ricadono poi su chi è innocente e spende la vita per il bene del prossimo. E’ un interrogativo che pone tutti in questione. In questi giorni la liturgia offre alla nostra riflessione le pagine del profeta Osea. Proprio nel brano di sabato scorso si leggeva: “Chi semina vento raccoglie tempesta”. Tutte queste guerre inventate per imporre la cosiddetta democrazia ai popoli del Medio Oriente (falso pretesto per controllo del petrolio, vendita delle armi, ecc.) hanno creato questa tempesta che sembra non fermarsi più. Siamo nell’anno giubilare della Misericordia. Misericordioso è uno dei 99 nomi con cui viene invocato Allah dai Musulmani. La preghiera congiunta rivolta al Dio unico e misericordioso possa aprire la porta alla speranza e spezzare la catena dell’odio. Per quel che mi riguarda, sono tranquillo e sereno, come dicevo all’inizio. Mi muovo ed agisco come ho sempre fatto durante questi miei 40 anni di Bangladesh. 

Di notte rimango solo alla missione che non ha mura di protezione. Non ho un guardiano notturno, mi basta Quello di lassù. Siamo nel pieno della stagione delle piogge e, viaggiando in moto, vado regolarmente incontro a delle solenni lavate. Nei mesi più caldi, Aprile-Maggio, dormivo con porte e finestre aperte e, quando andava via la corrente, cosa che capita spesso, e non andavano le pale del ventilatore, ponevo la mia stuoia nella veranda e dormivo all’aperto: unico nemico le zanzare. 

di Padre Antonio Germano Das