L’integrazione che funziona
Tre piccoli paesi molisani come Riace. 13mila stranieri, quasi tutti lavorano
di Redazione primonumero.it
26 ottobre 2018
In Molise vivono circa 13mila stranieri, di cui 3mila ospiti nelle varie strutture di accoglienza come emerso dalla presentazione del Dossier statistico 2018. “Quando le comunità sono più piccole e coese, è più facile che il rapporto tra migranti e la popolazione locale sia diretto, gomito a gomito. C’è un valore aggiunto dell’esperienza di integrazione molisana”, le parole degli esperti che hanno studiato il fenomeno in Molise.
La maggior parte dei 13.000 (10mila) è composta da stranieri regolari: arrivano soprattutto da Romania, Albania e Marocco, lavorano in particolare come colf e braccianti in particolare. Gli altri 3mila sono ospiti nelle varie strutture di accoglienza. Ecco la fotografia degli stranieri che vivono in Molise.
Innanzitutto una conferma: la nostra è una regione che dimostra ancora una volta di sapere accogliere. La nostra cultura e le nostre piccole comunità fanno la differenza rispetto al resto del Paese. E poi una sorpresa: ci sono tre paesi che hanno fatto dell’accoglienza un modello da imitare: Castel Del Giudice, Ripalimosani e Ripabottoni.
Dati e caratteristiche dell’immigrazione sono stati evidenziati durante la presentazione del Dossier statistico 2018 che si è svolto nella sala ‘Fermi’ della Biblioteca dell’Università del Molise ieri mattina – 25 ottobre – poche ore prima l’inizio della mobilitazione per conferire la cittadinanza onoraria a Mimmo Lucano, il sindaco di Riace.
Ecco Riace: forse il più famoso modello di accoglienza. Forse pochi immaginano che la ‘nostra Riace’ ce l’abbiamo dietro l’angolo: sono i nostri piccoli centri dove molisani e migranti convivono pacificamente.
“Ci sono dei contesti interni in cui le comunità sono più coese per alcuni motivi: l’isolamento, lo spopolamento e poi si tratta di centri numericamente ridotti”, spiega la professoressa Hilde Caroli Carasanova che ha illustrato il risultato dello studio con Norberto Lombardi e Chiara Cancellario. “In questi contesti è più agevole gestire l’integrazione dei migranti, è più facile che il rapporto tra migranti e la popolazione locale sia diretto, gomito a gomito. E’ un rapporto quotidiano e di cooperazione anche dal punto di vista dell’inserimento lavorativo, della solidarietà, dell’inclusione delle comunità religiose“. Infatti diverse coppie di migranti in Molise si innamorano e poi si sposano oppure i loro figli frequentano le nostre scuole.
Sono 13mila. La maggior parte (10mila) è composta da stranieri regolari: arrivano soprattutto da Romania, Albania e Marocco, lavorano in particolare come colf e braccianti in particolare. Gli altri 3mila sono ospiti nelle varie strutture di accoglienza. Ecco la fotografia degli stranieri che vivono in Molise.
Innanzitutto una conferma: la nostra è una regione che dimostra ancora una volta di sapere accogliere. La nostra cultura e le nostre piccole comunità fanno la differenza rispetto al resto del Paese. E poi una sorpresa: ci sono tre paesi che hanno fatto dell’accoglienza un modello da imitare: Castel Del Giudice, Ripalimosani e Ripabottoni.
Dati e caratteristiche dell’immigrazione sono stati evidenziati durante la presentazione del Dossier statistico 2018 che si è svolto nella sala ‘Fermi’ della Biblioteca dell’Università del Molise ieri mattina – 25 ottobre – poche ore prima l’inizio della mobilitazione per conferire la cittadinanza onoraria a Mimmo Lucano, il sindaco di Riace.
Ecco Riace: forse il più famoso modello di accoglienza. Forse pochi immaginano che la ‘nostra Riace’ ce l’abbiamo dietro l’angolo: sono i nostri piccoli centri dove molisani e migranti convivono pacif amente.
“Ci sono dei contesti interni in cui le comunità sono più coese per alcuni motivi: l’isolamento, lo spopolamento e poi si tratta di centri numericamente ridotti”, spiega la professoressa Hilde Caroli Carasanova che ha illustrato il risultato dello studio con Norberto Lombardi e Chiara Cancellario. “In questi contesti è più agevole gestire l’integrazione dei migranti, è più facile che il rapporto tra migranti e la popolazione locale sia diretto, gomito a gomito. E’ un rapporto quotidiano e di cooperazione anche dal punto di vista dell’inserimento lavorativo, della solidarietà, dell’inclusione delle comunità religiose“. Infatti diverse coppie di migranti in Molise si innamorano e poi si sposano oppure i loro figli frequentano le nostre scuole.
Se l’integrazione funziona è anche perchè i molisani hanno ‘ereditato’ storie a loro volta di migrazione. Fa parte di loro stessi, come se fosse una sorta di secondo dna. “I molisani hanno una ricchezza: vedono nei ragazzi che arrivano dall’Africa persone che, come è successo a loro in passato, devono gestire situazioni difficili come l’apprendimento della lingua, la ricerca di un lavoro per sostenere sè e le proprie famiglie. In questo c’è il valore aggiunto dell’esperienza di integrazione molisana“. Per gli studiosi quindi “questo è un modello esportabile in altri piccoli paesi in cui ci sono le stesse caratteristiche”.
Certo, a questa famiglia ‘allargata’ composta da molisani e stranieri non sempre corrisponde all’immagine felice tipo Mulino Bianco.
“Spesso i migranti non hanno lavori adatti alla loro qualifica professionale, sono impegnati soprattutto nei servizi, nell’agricoltura e nell’industria”, evidenzia Chiara Cancellario. Un altro problema è il rilascio dei permessi di soggiorno: ci sono tempi ancora troppo lunghi. “Sono tra i più lunghi d’Europa”, denuncia Lombardi. E poi “i lavoratori stranieri sono sottopagati”, quindi “sarebbe necessario creare un ambiente non solo accogliente, ma anche rispettoso delle nostre leggi”.
Nel dossier emergono difficoltà anche a gestire gli stranieri molto giovani e di minori non accompagnati che “rende necessaria una risposta politica, oltre che burocratico amministrativa”.
È proprio dalle politiche di integrazione messe a punto dalle varie amministrazioni che dipende anche la percezione dei migranti tra la cittadinanza: “Quando l’amministrazione riesce a porre le giuste politiche di accoglienza – esplicita la Cancellario – l’integrazione funziona meglio. A Castel del Giudice ad esempio si sta creando una cooperativa di comunità che impiega richiedenti asilo e ragazzi del posto. Quando poi vengono bruciate le strutture di accoglienza (il caso di Pescolanciano ad esempio, ndr) o si promuovono delle petizioni, ci sono ovviamente dei problemi”.
Una ricchezza che potrebbe essere distrutta dal decreto sicurezza che a dicembre dovrebbe essere approvato in Parlamento. “Senza questi stranieri le nostre comunità rischiano di perdere pure le scuole”, sottolinea ancora Lombardi. E per il Molise sarebbe un colpo: il nostro territorio potrebbe spopolarsi ancora di più.
di Redazione primonumero.it