• 03/18/2025

La grande fuga

Perché, a ben guardare, si capirebbe che la ‘grande fuga’ non è disastro in sé, ma è il sintomo di un disastro ben più grande

di Roberto De Lena (da lafonte.tv)

18 Marzo 2025

 

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11.509 giovani tra i 15 e i 34 anni hanno lasciato il Molise tra il 2014 e il 2024: 4.235 persone sono emigrate dalla provincia di Isernia (-21,5%), 7.274 dalla provincia di Campobasso (-14,5%). Alcuni giornali locali hanno recentemente riportato questi dati, frutto di un’analisi condotta dalla CGIA di Mestre basata su rilevazioni ISTAT. La loro lettura mi ha fatto pensare alle trasformazioni silenziose di cui parla il filosofo e sinologo Francois Jullien (2009): non vediamo crescere gli alberi o i bambini, solo che un giorno, quando li si rivede, si resta sorpresi del fatto che il tronco sia già diventato così massiccio o che il bambino ci arrivi alla spalla. Forse abbiamo visto, ma certamente non abbastanza, i giovani partire; solo adesso constatiamo la portata del disastro che si è consumato.
Non ci siamo soffermati a sufficienza ad ascoltare le storie e le motivazioni di chi in questi ultimi dieci anni ha lasciato la nostra regione: l’insicurezza sociale e lavorativa, l’assenza di futuro, la mancanza di stimoli culturali, l’isolamento a cui sono stati condannati tanti paesi, l’incapacità e la non volontà delle classi dirigenti di invertire la rotta, l’apatia e l’indifferenza diffuse nella società. Il vuoto sociale, economico, culturale, politico che diventa esistenziale. Davvero, non ci siamo soffermati abbastanza a guardare, comprendere, analizzare.
Perché, a ben guardare, si capirebbe che la ‘grande fuga’ non è disastro in sé, ma è il sintomo di un disastro ben più grande. D’altronde, la fuga è una delle reazioni immediate che uomini ed animali mettono in atto dinanzi a situazioni di pericolo. E vivere in Molise sta diventando sempre più pericoloso: si salvi chi può!
“Sono partiti tutti, soprattutto chi è rimasto”: con queste parole Franco Arminio ci spinge ad esplorare l’altro lato della fuga, non meno denso di sofferenze e disagi, quello di noi che restiamo (ancora per quanto?) a vivere in queste terre. Cresce proprio il disagio dei giovani che restano, che si esprime in tanti e vari modi, determinato dal fatto di vivere in contesti sempre più inospitali ai loro desideri, ai loro bisogni e alle loro esigenze. E cresce il disagio adulto, correlato a quello giovanile: tante le persone prese dentro difficoltà di vita sempre più complesse a fronte di servizi spesso inadeguati a fornire supporti.
Tuttavia (al contrario di quanto si urlava alcuni anni orsono dai balconi italiani), “non siamo tutti sulla stessa barca” ! Nel disastro, chi ha una posizione economica già privilegiata può agire per assicurarsi profitti ulteriori. È il meccanismo della Shock Economy ben descritto da Naomi Klein. Ogni fase di shock può essere sfruttata da chi ha potere e interessi per rendere politicamente inevitabile ciò che sarebbe socialmente inaccettabile. Il vuoto lasciato dalla ‘grande fuga’, visto con gli occhi di chi ha interessi economici orientati solo al proprio tornaconto, non è un vuoto desolante, ma, al contrario, un’opportunità, un vuoto tutto da riempire.
Mentre lo spopolamento del Molise procede senza freni, infatti, anche la turistificazione dalle nostre parti avanza senza sosta. Essa è un’alterazione del turismo, una sua degenerazione, una fase critica dello sviluppo turistico che andrebbe governata, mentre oggi, nel disastro molisano, viene descritta e sostenuta acriticamente come la panacea di ogni male. Vari rischi, annessi e connessi, procedono spesso di pari passo alla turistificazione dei territori: cementificazione, infiltrazioni malavitose, sfruttamento lavorativo, mercificazione dei luoghi. In sostanza, diritto all’abitare compromesso. Dalla costa del nostro disastrato Molise lo vediamo bene: a Termoli, solo per dirne una (anzi, due), il vecchio cinema ‘Lumiere’ è diventato una struttura ricettiva e speriamo davvero che la stessa sorte non tocchi all’Istituto ‘Gesù e Maria’, che era stato luogo di accoglienza e solidarietà nel cuore del paese vecchio. Saremmo dinanzi a due luoghi simbolici, uno culturale e l’altro sociale, fagocitati dalla logica del profitto. Quasi ovunque, intanto, sorgono palazzi, villette, strutture ricettive, supermercati e, in alcuni casi, piccoli quartieri.
Tutto procede come niente fosse. Come se, con la loro ‘grande fuga’, i giovani molisani (e non solo loro) non stessero lanciando messaggi allarmanti. State sereni, ci fanno sapere dai piani alti: la filiera istituzionale è al lavoro; vietato disturbare i manovratori.
È proprio vero, allora come oggi: lorsignori, “dove fanno il deserto, lo chiamano pace”.

di Roberto De Lena (da lafonte.tv)

 

18 Marzo 2025

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