La questione molisana
In questi mesi, in provincia di Isernia sono state raccolte oltre 5.000 firme per chiedere l’annessione di quel territorio alla Regione Abruzzo
di Patrizia Manzo (da lafonte.tv)
10 Gennaio 2025
La “questione molisana”, pur constatando l’interessamento nella dialettica politica fin dal 1947 nei lavori della seconda sotto-commissione per l’organizzazione costituzionale dello Stato presieduta da Umberto Terracini, non trova spazio nella cosiddetta agenda politica fino al 1963. Allora, la proposta di legge costituzionale, firmata dal sen. Giuseppe Magliano di Larino, viene approvata a larga maggioranza. Con la legge costituzionale del 27 dicembre 1963, quindi, il Molise diventa la ventesima regione d’Italia per distaccamento dall’Abruzzo. Quindi… auguri, Molise!
Nell’articolo 131 della Costituzione Italiana scompare la “e” che per un secolo ha legato il Molise agli “Abruzzi” mentre l’art. 57 prevede l’assegnazione di due seggi al Senato e il numero dei senatori elettivi è elevato a 315.
In questi mesi, in provincia di Isernia sono state raccolte oltre 5.000 firme per chiedere l’annessione di quel territorio alla Regione Abruzzo. La Cassazione ha verificato la legittimità della procedura e ora il Governo deve indire il referendum. La proposta, nei fatti, evidenzia il fallimento dell’autonomia del Molise. Certo, l’annessione o il distaccamento dal Molise non sarà una risposta ai problemi di cittadini che si sentono di serie B ma rappresenta comunque un atto di denuncia contro una Regione tra le più indebitate d’Italia, afflitta da spopolamento, carenza di lavoro e di servizi.
La pandemia, in particolare, ha riportato alla luce le debolezze del regionalismo italiano. L’eterogeneità osservata a livello regionale nella gestione dell’emergenza sanitaria è solo la punta dell’iceberg di un assetto istituzionale delle competenze che, in vari ambiti, condiziona in negativo progettualità e attuazione delle politiche pubbliche ordinarie e di sviluppo. Nel pre-pandemia la discussione pubblica é stata monopolizzata dalla soluzione “conflittuale” delle richieste di autonomia differenziata partite da Nord per poi incontrare l’interesse di molte altre Regioni. Il dibattito è approdato anche nell’aula del Consiglio regionale. In quella sede si è deciso di affidare alla SVIMEZ (l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno) uno studio sulle opportunità per l’autonomia del Molise. Il rapporto é stato chiaro e ne voglio riportare alcuni passaggi.
La SVIMEZ evidenzia la scarsa attenzione dedicata alla via “cooperativa rafforzata” offerta dall’art. 117 della nostra Costituzione che al comma 8 recita “La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni”. Si tratta di uno strumento che consente, innanzitutto, alle Regioni di procedere al miglior esercizio delle proprie funzioni amministrative, con l’ulteriore possibilità di sfruttare la collaborazione sul piano amministrativo per la definizione di strategie congiunte per l’offerta dei servizi e di politiche industriali attive per la valorizzazione delle filiere produttive interregionali. La materia risulta alquanto complessa e non di univoca interpretazione giuridica e lo Statuto regionale del Molise, a differenza di altri Statuti (così come riporta la Società), non ha affrontato puntualmente la questione.
Negli ultimi anni, il dibattito sull’ autonomia differenziata, in attuazione della Costituzione, ha ripreso slancio per approdare su un disegno di legge, voluto fortemente e, potremmo dire, coerentemente con la propria genesi, dalla Lega (già Lega Nord). Una proposta cassata dalla Consulta e dai tanti cittadini firmatari della richiesta di un referendum abrogativo.
Tuttavia, la questione molisana, seppur accantonata per dare spazio a una più ampia quale è quella dell’autonomia differenziata, viene rubricata in fondo alle pagine dell’agenda politica. Le oltre 5.000 firme raccolte in provincia di Isernia hanno stimolato qualche intervista o qualche presa di posizione contraria alla richiesta ma nulla di più.
Siamo di fronte ad una classe politica che ha deciso di ignorare le motivazioni che dovrebbero indurre a riflettere sugli ambiti di intervento nella consapevolezza dei tanti problemi che affliggono la nostra Regione più che in altre a causa della nostra composizione demografica e della scarsa visione della nostra classe politica degli ultimi decenni. Nel rapporto la SVIMEZ evidenzia come la popolazione molisana, in calo già dai primi anni del nuovo secolo, è scesa da valori vicini ai 312mila abitanti nel 2015 a valori intorno ai 300mila a fine 2019. Una riduzione pari al -3,7%, con ritmi più accentuati rispetto al Mezzogiorno nel suo complesso (-3,1%). Un risultato che deriva da un saldo negativo di abitanti italiani più marcato e di nuovi ingressi di stranieri più contenuto rispetto alle rispettive medie meridionali (-4,1 contro -3,5% per gli italiani; 6,1 contro 6,6% per gli stranieri).
L’invecchiamento della popolazione, più accentuato che in altre regioni del Sud, il saldo migratorio che racconta di generazioni che scappano da questa terra, l’indebolimento del tessuto produttivo, una classe politica concentrata a salvare sé stessa, non sembrano essere più che sufficienti per sollevare in Consiglio regionale la “Questione molisana”.
(Foto: da primonumero.it)
di Patrizia Manzo (da lafonte.tv)
10 Gennaio 2025