• 01/13/2022

La Stampa intervista Elio Germano

“Noi uomini troppo fragili, una donna al Quirinale”

di Fulvia Caprara (La Stampa dell’11 Gennaio 2022)

13 gennaio 2022

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Nel mondo dei fratelli D’Innocenzo, nei loro viaggi al termine di notti tormentate, dense di incubi della porta accanto, un attore audace come Elio Germano, sempre pronto a mettersi alla prova, trova la sua collocazione migliore: «Lavorare con Fabio e Damiano è sempre appassionante, con loro non si va sul set per dare la performance o per dimostrare che si sono fatti bene i compiti a casa, è un piacere che va oltre il “vulnus”, oltre il dolore che i loro racconti possono provocare». 
Stavolta, in «America latina», nei cinema giovedì (con Vision Distribution) dopo l’anteprima in gara all’ultima Mostra di Venezia, Germano è Massimo Sisti, dentista, marito, e padre di due figlie, affetto da un dolore interno, profondo, che potrebbe renderlo capace di qualunque cosa: «E’ la storia di una ferita che si allarga, ma anche la prova che la vulnerabilità ci rende umani. Ogni volta che la accettiamo, sentiamo, insieme, piacere e dolore. Dal punto di vista professionale è stato un ruolo difficile, ma anche un percorso introspettivo importante, ogni grande sacrificio porta con se una grande soddisfazione»
Il personaggio di Massimo Sisti riflette, in modo estremo, la crisi del maschio contemporaneo, la «mascolinità tossica» come dice Fabio D’Innocenzo. È d’accordo? 
«L’ossessione del patriarcato nasce dalla sensazione di inferiorità del maschio, l’uomo è distaccato dalla natura, mentre la donna partorisce e quindi “è” la natura, la Terra. L’uomo si inventa di tutto per cercare di essere parte di questo senso di appartenenza, la sua esigenza di dominare è frutto del turbocapitalismo in cui siamo immersi, ma anche del bisogno antico di dominare le paure, di mantenere il possesso delle cose. Tutto questo degenera in violenza e costrizione, il sentirsi da meno produce l’esigenza di relegare la figura femminile in un angolo. La nostra società non ci aiuta a risolvere questi problemi, e mi spiace vedere, oggi, un certo femminismo che diventa imitazione dei peggiori modelli maschili. Vorrei che nè uomini nè donne perdessero i valori della dolcezza, dell’accoglienza, della sensibilità, per inseguire, invece, la forza, la freddezza, il cinismo. Dobbiamo costruire una società che metta al centro il bene collettivo, spero che le donne ci aiutino a raggiungere quest’obiettivo»
Le piacerebbe se il prossimo presidente italiano fosse una donna?
«Si, mi auguro che vada così. Mi fido molto quando ci sono donne al comando, con loro le cose funzionano meglio. Spero che il nostro futuro Presidente, al di là del sesso, incarni valori di amore e di tenerezza che sono propri dell’essere umano. Abbiamo costruito una società basata sul suprematismo e sul conflitto, vorrei che alla guida del Paese ci fosse una persona che ci ricordi questi valori, gli unici in grado di darci la felicità»
La pandemia ci ha fatto precipitare in un difficile momento esistenziale. Lei, in quanto artista, come lo sta vivendo?
«L’artista assorbe, anche suo malgrado, il clima che lo circonda. È chiaro che il Covid ci stia attraversando in ogni senso, però è anche vero che i film si sono sempre fatti, così come gli spettacoli teatrali, anche in Italia durante il fascismo, anche in Iraq, in Siria, la gente si adatta a tutto, prevale sempre la ricerca dello star bene, cinema e teatro sono una modalità di rimanere vivi. Il Covid ci riguarda tutti, ma ci sono altri drammi, come quello dei migranti che continuano a morire in mare, che non si sono mai fermati. Noi occidentali, abituati a vivere in modo più “riparato”, potremo, forse, imparare a occuparci di più delle cose che ci accadono intorno, a sentire meglio il dolore degli altri. Insomma, questa potrebbe essere una lezione per tutti»
Su «America Latina» si è scatenata una polemica su Instagram, poi dilagata ovunque, lei che rapporto ha con i social?
“Mi fanno paura, non ne ho mai avuto uno, cerco di ricordarmi che il vero momento “social” è quello che sta fuori la porta di casa, che i rapporti si devono avere con le persone in carne ed ossa, con tutte le difficoltà che questo comporta. Sono molto spaventato dai social, so che lo strano sono io e lungi da me criticare chi li usa come strumento utile. Mi inquieta, però, sapere che i social siano, in realtà, multinazionali molto potenti, gestite da privati. Mi fa impressione vedere un Capo di Stato che si esprime attraverso di loro, e mi colpisce il fatto che siamo tutti pronti a consegnare ai social i nostri dati, i nostri segreti, i nostri codici, e poi abbiamo paura dello straniero che non ha nulla e che vive nei cartoni sotto casa nostra.” 

di Fulvia Caprara (La Stampa dell’11 Gennaio 2022)

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